Più poteri alla Commissione Ue per arginare i giganti del digitale
Il 9 dicembre Bruxelles presenterà le proposte per la nuova regolamentazione dei mercati online: sarà prevista anche la possibilità di imporre cessioni senza aprire un’infrazione
La Commissione Ue si prepara a intervenire sulle regole di concorrenza nell’economia digitale per aprire il mercato a nuovi operatori, che oggi faticano a entrare nel settore, dominato dalle grandi piattaforme online. È infatti in agenda per il 9 dicembre la presentazione delle proposte di riforma (Digital services act e Digital markets act) che tra l’altro affidano a Bruxelles il potere di imporre rimedi in mercati con problemi di concorrenza senza dover individuare una specifica violazione.
La Commissione europea si prepara a intervenire sulle regole di concorrenza nell’economia digitale, accendendo i riflettori sulle piattaforme online, con l’obiettivo di aprire il mercato a nuovi operatori. Con nuovi e maggiori poteri di intervento perché le sanzioni pecuniarie non bastano nei confronti dei colossi tecnologici. Dovrebbero infatti essere presentate il 9 dicembre le proposte per il Digital services act e il Digital markets act, elaborate dalla direzione generale concorrenza che fa capo al commissario Margrethe Vestager.
Ma l’iniziativa di Bruxelles non è isolata. Negli ultimi anni è emerso con prepotenza il tema del rischio di monopolio sui mercati delle grandi piattaforme online - in testa Amazon, Apple, Facebook, Google e Microsoft, riunite nella sigla Gafam -, che le Autorità antitrust stanno già cercando di contrastare usando gli strumenti “tradizionali”.
I «gatekeeper»
A scatenare l’intervento dei regolatori è il ruolo di “gatekeeper” rivestito dai big della tecnologia: vale a dire “guardiani”, che controllano i “cancelli” di internet e che possono decidere se e come far filtrare le informazioni su motori di ricerca, piattaforme commerciali e social network e, di conseguenza, influenzare regole e prezzi del mercato.
Ed è proprio contestando la posizione dominante delle grandi piattaforme online che le Autorità antitrust hanno aperto - con pressing crescente - procedure di infrazione. Da ultimo si è mosso il Department of Justice Usa che, dopo il rapporto Antitrust di inizio ottobre che accusava le Big tech di monopolio, un mese fa ha aperto un’istruttoria contro Google. Iniziativa replicata pochi giorni dopo anche dall’Antitrust italiana, che per Google ha ipotizzato un abuso di posizione dominante per «l’utilizzo discriminatorio - si legge nella nota dell’Autorità - dell’enorme mole di dati raccolti attraverso le proprie applicazioni». E la Commissione Ue due settimane fa ha annunciato di avere avviato due indagini contro Amazon: per l’utilizzo improprio dei dati dei venditori indipendenti che usano la sua piattaforma e per pratiche sleali, volte a favorire la vendita dei suoi prodotti e dei venditori che usano la sua logistica.
Quasi un accerchiamento per le Big tech, che in futuro dovranno fare i conti anche con le nuove regole che la Commissione sta per presentare (e che poi dovranno affrontare l’iter legislativo europeo). Non è una crociata: Bruxelles è consapevole dei benefici che arrivano dalle piattaforme, anche al commercio transnazionale. Ma è un mercato immenso presidiato da pochi e con enormi difficoltà di ingresso di nuovi operatori economici. A discapito delle regole di libera concorrenza, alla base dell’Ue, e dei consumatori.
Le proposte della Commissione
L’azione della Commissione dovrebbe articolarsi in più direzioni. Nel Digital services act, un punto fermo è un cambiamento di approccio: gli interventi ex post non sono in grado di contrastare il potere di mercato delle piattaforme. Occorre puntare su regole ex ante. L’Europarlamento, nella risoluzione del 20 ottobre 2020, ha chiesto alla Commissione di individuare i requisiti supplementari «e un elenco chiuso delle azioni positive e negative che tali operatori sono tenuti a rispettare e/o che è loro vietato di intraprendere».
In parallelo Bruxelles ha lavorato sul New competition tool, che affiderebbe alla Commissione il potere di imporre dei rimedi in mercati con strutturali problemi di concorrenza senza bisogno di identificare una specifica violazione, né aprire una procedura di infrazione. Si potrebbe anche arrivare alla «separazione strutturale dei servizi in circostanze estreme», ha anticipato il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton.
«Sono poteri ispirati a quelli dell’Antitrust britannico nelle market investigations - spiega l’avvocato Enzo Marasà, counsel di Portolano Cavallo -. Si tratta di verificare se in un mercato ci sono dei colli di bottiglia e imporre rimedi comportamentali, come il divieto a tempo di alzare i prezzi, o strutturali, come l’obbligo di cedere una parte di attività. Uno strumento più agile di quelli tradizionali, ma va usato con cautela per evitare lunghi contenziosi».
«Il New competition tool è un potere efficace, che potrebbe essere usato in tutti i settori, come accade nel Regno Unito», afferma Massimo Motta, docente di Economia all’Università di Barcellona e già funzionario alla Commissione europea, che ha firmato, insieme a Martin Peitz, uno dei quattro experts’ reports sul New competition tool. «Limitarlo al mercato digitale - prosegue - per integrare un set di regole che rischia di invecchiare rapidamente, vista l’evoluzione del mercato, è una grande occasione perduta. Inoltre, le nuove norme antitrust lasciano irrisolti vari nodi, come quello delle acquisizioni massive di piccole società e start up da parte dei grandi gruppi, per cui servirebbe riformare le regole sulle fusioni; né bloccano l’ingresso delle Big tech in settori sensibili, come quello medico o delle assicurazioni, da cui potrebbero scaturire condotte discriminatorie se non si regolamenta l’uso dei dati in loro possesso».
A chi si applica
Per capire a chi si applicheranno le norme il tema centrale - spiega Motta - «è quello delle definizioni: va stabilito cos’è digitale e cos’è una piattaforma, ad esempio». Di certo nella sfera d’azione entreranno le Gafam, ma potrebbero ricadervi anche altri soggetti.
Su questo fronte, la Commissione ha già avviato la revisione della Comunicazione sulla definizione di «mercato rilevante» del 1997, alla luce dello sviluppo delle nuove tecnologie e del digitale. In quest’ambito, Grimaldi studio legale preparerà per la Commissione un report: «Stiamo esaminando le prassi antitrust dei Paesi Ue e non Ue - spiega il managing partner, Francesco Sciaudone - per valutare la sostituibilità dei mercati tradizionali alla luce dell’innovazione tecnologica e del digitale e definire i confini dei nuovi “mercati rilevanti”. È un passaggio necessario per stabilire il campo d’azione delle norme antitrust nel nuovo contesto modificato dal digitale».