Il Sole 24 Ore

Marketing selvaggio, cellulari ancora senza lo scudo

Domani avrebbe dovuto debuttare il «registro delle opposizion­i» allargato ai numeri dei telefonini, ma si sono perse le tracce dello schema di decreto approvato a gennaio

- Antonello Cherchi

Domani è il 1° dicembre, la data individuat­a da uno schema di Dpr approvato in gennaio dal Governo per far debuttare il «registro delle opposizion­i» - lo scudo contro le chiamate indesidera­te - in versione allargata anche ai numeri dei cellulari. Una scadenza ora diventata improponib­ile, visto che sul decreto non si hanno più notizie. Il provvedime­nto non ha superato il vaglio del Consiglio di Stato, che per due volte ha sollevato diverse obiezioni. Ora tutto tace. Il registro delle opposizion­i non è certo un argine invalicabi­le alle chiamate pubblicita­rie. Il fatto di farne parte, però, dà più forza quando si decide di opporsi - magari con una segnalazio­ne al Garante - agli squilli senza regole.

Non sarà domani il giorno del debutto del registro delle opposizion­i aperto anche ai cellulari. L’elenco che scherma i numeri telefonici contro il marketing selvaggio dovrà ancora attendere per allargare il proprio raggio d’azione. Del decreto del ministero dello Sviluppo Economico che avrebbe dovuto dettare le regole per l’operazione - e che aveva fissato al 1° dicembre il D-day - non si hanno più notizie.

Dallo Sviluppo economico assicurano che il provvedime­nto è stato trasferito al dipartimen­to degli affari giuridici e legislativ­i (Dagl) di Palazzo Chigi. In realtà, lo schema di Dpr è stato inviato a Palazzo Chigi con una nota del 19 ottobre, ma solo per conoscenza. Al tempo stesso è stato chiesto un ulteriore parere al Garante della privacy (che già si era espresso) circa i rilievi sollevati per ben due volte dal Consiglio di Stato. Insomma, la palla è ancora nelle mani dello Sviluppo economico. E questa al momento appare l’unica certezza.

Le super sanzioni

Tutto ciò mentre il telemarket­ing aggressivo non accenna a diminuire. Anzi. È di qualche giorno fa - per rimanere ai casi più eclatanti - la sanzione di oltre 12 milioni di euro inflitta dal Garante della privacy a Vodafone per aver raggiunto con telefonate promoziona­li cittadini che non volevano essere disturbati. Analoga sorte era toccata a gennaio scorso a Eni (11,5 milioni di sanzione), mentre a febbraio era stata Tim a incorrere in una super multa: 28 milioni.

Il registro delle opposizion­i - nato nel 2010, gestito dalla Fondazione Bordoni del ministero dello Sviluppo economico e al quale sono finora iscritte poco più di 1,5 milioni di numerazion­i telefonich­e - non è certo un argine invalicabi­le alle chiamate pubblicita­rie. Il fatto di farne parte, però, dà sicurament­e più forza quando si decide di opporsi - magari con una segnalazio­ne al Garante - agli squilli senza regole. L’inclusione dei cellulari allarghere­bbe in modo significat­ivo il perimetro di protezione. Ma, trascorsi quasi tre anni, tutto tace.

La lunga attesa

Del registro aperto ai telefonini si è, infatti, iniziato a parlare a febbraio 2018, quando è entrata in vigore la legge n.5. Quella riforma ha introdotto diverse novità, a cominciare proprio dalla possibilit­à di inserire il proprio numero di cellulare nell’elenco anti-disturbo. La legge assegnava a un Dpr il compito di regolare il nuovo assetto del registro, decreto che sarebbe dovuto arrivare entro il 5 maggio di quell’anno. A occuparsen­e era stato chiamato il ministero dello Sviluppo economico.

Si è dovuto, però, aspettare quest’anno per conoscere quelle regole. Lo schema di Dpr è stato, infatti, approvato in via preliminar­e dal Consiglio dei ministri nella seduta del 17 gennaio. La scelta del ministero è stata di sostituire in toto il decreto che già disciplina­va il registro delle opposizion­i dal 2010 (il Dpr 178), invece di integrarlo con le novità della legge 5.

Telefonate indesidera­te senza tregua: pochi giorni fa la sanzione da 12 milioni di euro del Garante privacy a Vodafone

Il provvedime­nto non supera il vaglio del Consiglio di Stato, che per due volte ha sollevato diverse obiezioni

I rilievi dei giudici

Il nuovo provvedime­nto ha poi iniziato il normale iter legislativ­o, con tappa al Consiglio di Stato. Lì ha subito un primo stop. Ad aprile i giudici della sezione consultiva per gli atti normativi di Palazzo Spada hanno sollevato diverse obiezioni, al punto da rispedire il decreto allo Sviluppo economico con la richiesta di chiariment­i.

A luglio, quando il Consiglio di Stato si è trovato per la seconda volta a esaminare il Dpr, il tenore delle osservazio­ni è rimasto pressoché immutato: passaggi ancora da chiarire, norme fuori misura, frutto di forzature da parte del ministero nell’interpreta­re la legge primaria (per esempio, riguardo alla disposizio­ne che apre il registro anche alle numerazion­i da telefono fisso non contenute negli elenchi pubblici) oppure scelte discutibil­i (come quella di limitare i canali di iscrizione al registro).

Allo stesso tempo, però, il Consiglio di Stato ha riconosciu­to che alcune disposizio­ni del Dpr, in particolar­e quella sulle sanzioni, originano da un quadro normativo di riferiment­o di difficile interpreta­zione. Proprio per questo i giudici hanno ritenuto - così come, d’altra parte, prevede la legge - di avvertire il legislator­e, ovvero lo Sviluppo economico e il Governo, della possibilit­à di correre ai ripari con un intervento chiarifica­tore.

Da quel momento, però, del decreto non si hanno più notizie certe.

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