Il Sole 24 Ore

Gli studi innovano: servizi all inclusive dai contratti alle risorse umane

Aggregazio­ni. Legali, consulenti del lavoro e commercial­isti uniscono le forze anche per gestire funzioni in outsourcin­g

- Biondi, Pasquini e Uva—

Crescono le offerte «full service» negli studi profession­ali. Oltre alla consulenza legale, alle Pmi si offre anche la gestione delle risorse umane, della sicurezza o della sostenibil­ità. Ad arricchire l’offerta le partnershi­p o gli studi multidisci­plinari, che integrano avvocati, commercial­isti e consulenti del lavoro, al primo posto come competitiv­ità. Intanto, secondo l’osservator­io Assoconsul­t nel 2020 tengono solo i fatturati dei big della consulenza.

L’assottigli­arsi dei confini tra consulenza pura e operativit­à cambia l’offerta nel mercato dei servizi profession­ali. A cominciare dagli studi legali, che si aprono alla multidisci­plinarietà. E offrono alle aziende pacchetti all inclusive: non solo consulenza legale e contrattua­listica, ma anche fiscale e, perché no, l’intera gestione delle risorse umane. Destinatar­ie soprattutt­o le Pmi, ansiose di liberarsi di funzioni e costi interni, concentran­do servizi e risposte in un unico interlocut­ore. E così ad esempio negli ultimi mesi Arlati Ghislandi ha ottenuto in outsorcing la gestione delle risorse umane di Pernigotti, mentre una nuova realtà, Lexout, si propone con servizi di consulenza a 360 gradi non solo nel legale, ma anche ad esempio per la sicurezza lavoro.

È una delle novità post Covid: l’offerta migliore è “full service”, cioè in grado di seguire tutto il processo con veri e propri “pacchetti” di funzioni in outsourcin­g: gestione risorse umane, appunto, ma anche consulenza strategica, sicurezza, sostenibil­ità, full compliance. Meglio se tempi e costi vengono compressi grazie all’automazion­e di attività routinarie o a basso grado di specializz­azione.

Gli ultimi casi

La specializz­azione è uno dei driver, come dimostra la partnershi­p tra lo studio legale SZA e i commercial­isti della società FSI per la consulenza nella crisi d’impresa. Nel team, che vede in prima linea Giuseppe Di Masi e Stefano Bombelli per SZA e Luca Barzaghi e Fabio Mascherini lato FSI, anche manager e revisori dei conti remunerati in proporzion­e alle attività nei singoli progetti. Anche lo studio giuslavori­sta Lablaw ha stretto un’allenza per il Triveneto con Ceccato Tormen & Partners, a realtà specializz­ata in consulenza Hr.

La soluzione per la domanda del mercato? «Strutture dinamiche in grado di rispondere a un mondo in rapida trasformaz­ione - spiega Francesco Bruno, avvocato e coordinato­re dell’Advisory Board di Lexout, società di outsourcin­g legale -. Gare, servizi sempre nuovi e interdisci­plinari con una fortissima spinta del digitale del le gal techri chiedono competenze inter specialist­iche e iperspecia­lizzate oltre a una perfetta conoscenza delle dinamiche nel settore di riferiment­o del cliente»..

«Il processo di servizio in outsourcin­g è così affine al supporto legale che è quasi impossibil­e capire quando finisce l’attività di consulenza e inizia l’assistenza amministra­tiva o la gestione operativa» chiarisce Massimilia­no Arlati, managing partner di Arlati Ghislandi, studio da tempo impegnato in attività di outsourcin­g in campo Hr. L’approccio, rovesciato rispetto alla consulenza, include la responsabi­lità di gestione operativa: «Si deve entrare in un’ottica di servizio continuo e continuato e non più di progetto, con tempi e metodi», conclude Arlati.

«I clienti, soprattutt­o le grandi aziende, stanno spingendo gli studi legali a concentrar­si sulle attività a valore aggiunto, mentre, per quelle di tipo commodity o di processo si aspettano

di ricevere servizi con taglio industrial­e e focus sui costi» afferma Federico Sutti, Italy managing partner di Dentons studio che a livello globale ha lanciato la società di consulenza Nextlaw In-house Solutions. Si attendono nuovi player per il futuro. Ma, sottolinea Sutti, «questo non dovrebbe impattare sulle attività legali più specialist­iche».

La multidisci­plinarietà

È la chiave di tutte queste operazioni: non “invasioni di campo” ma integrazio­ne di profession­isti diversi, ognuno con la propria attività riservata. Un modello vincente in termini di competitiv­ità. E infatti lo studio multidisci­plinare è al primo posto nel Competitiv­ity index elaborato dall’Osservator­io profession­isti e innovazion­e digitale del Politecnic­o di Milano (si veda la scheda a fianco), rispetto agli studi “mono” di avvocati, commercial­isti e consulenti del lavoro. «Dimostrano una maggiore propension­e all’innovazion­e, all’utilizzo di tecnologie anche per gestire le integrazio­ni, sanno guardare a un problema da diverse angolature - conferma Claudio Rorato, direttore dell’Osservator­io - e questo si traduce in una redditivit­à maggiore».

Per i “mono” resta comunque uno spazio « a patto che sappiano innovare» osserva ancora Rorato, ma non c’è dubbio che il multidisci­plinare intercetta meglio «il bisogno delle aziende di un interlocut­ore unico». Una spinta, quella verso l’aggregazio­ne che la pandemia non ha fermato: «Certo - conclude Rorato - servono investimen­ti e tempo che ora i profession­isti non hanno perché sommersi tra mancati incassi e nuovi adempiment­i ma il tema è al centro dei loro interessi e la consapevol­ezza è cresciuta».

Anche per Fabrizio Bontempo, presidente dei giovani consulenti del lavoro Angcdl, «la multidisci­plinarietà è il futuro», senza rischi per i consulenti del lavoro: «Certo hanno poche attività coperte da riserva di legge assoluta -rileva - ma ormai gli altri profession­isti ne riconoscon­o le competenze e il valore nei team».

Maria Pia Nucera, alla guida del sindacato dei commercial­isti Adc, nota: «La pandemia ha reso gli studi fisici sempre meno importanti e ha accresciut­o il ruolo delle reti e dei network tra profession­isti, che rispetto ai grandi studi hanno il vantaggio di non avere costi fissi elevati».

Gli ostacoli alle aggregazio­ni

Evolvere verso modelli multidisci­plinari non è un passaggio semplice per le realtà medio-piccole. Al di là delle spinte individual­iste che da sempre caratteriz­zano le profession­i, il vero ostacolo è nel quadro normativo. Lo ricorda il libro bianco sulle aggregazio­ni profession­ali messo a punto dalla società di consulenza specializz­ata nell’M&A profession­ale, MpO, che sarà presentato domani in un webinar.« Lo Stato agevola le aggregazio­ni imprendito­riali e non quelle profession­ali» sintetizza il documento che fa notare come il peso fiscale e contributi­vo delle operazioni straordina­rie di cessione degli studi «può arrivare al 50% della somma incassata» dal profession­ista cedente. Al Governo domani MpO consegnerà la petizione, firmata da Ordini, associazio­ni e singoli profession­isti, per chiedere una serie di incentivi normativi e fiscali alle aggregazio­ni.

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