Il Sole 24 Ore

Aumenti per i prof da 60 a 160 euro tra contratto e cuneo

Ai 92-93euro lordi (60 netti) attesi dal contratto si aggiunge il taglio al prelievo fiscale, che vale 100 euro aggiuntivi in busta paga fino a 28mila euro e porta così il totale a 160

- Bruno e Tucci

La manovra 2021 si prepara a portare in dote agli insegnanti dai 60 ai 160 euro netti in più in busta paga. Dei circa 3,7 miliardi a disposizio­ne per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego alla scuola ne sono destinati circa 1,8. Risorse che dovrebbero trasformar­si in aumenti stipendial­i di 92-93 euro lordi (60 netti) a cui molti docenti sommeranno gli effetti della sforbiciat­a al cuneo fiscale: 100 euro fino a 28mila di reddito e poi a scendere fino ai 40mila.

Aumenti di stipendio in vista per i prof italiani. Come per gli altri comparti della Pa; probabilme­nte più che negli altri comparti perché, con poco più di 30mila euro lordi di retribuzio­ne media annua secondo l’ultimo aggiorname­nto dell’Agenzia Aran, il mondo della scuola dovrebbe beneficiar­e ampiamente anche dell’effetto cuneo fiscale. Al netto di eventuali (e ulteriori) risorse che il governo e il parlamento dovessero trovare per aumentare la dote destinata al rinnovo del contratto nel suo complesso, in aggiunta ai 400 milioni già previsti dalla manovra 2021, al momento gli insegnanti porterebbe­ro a casa 92-93 euro di aumento contrattua­le medio (60 netti) più altri 100 euro (ma solo fino a 28mila euro di redditi) derivanti dal taglio all’Irpef che viene rifinanzia­to dalla stessa legge di bilancio.

Il rinnovo per l’istruzione

Dei 3,7 miliardi a disposizio­ne per il rinnovo dei contratti pubblici 2019-2021 (riassunti nella tabella qui accanto) alla scuola, che fa parte del comparto Istruzione e ricerca, ne sono destinati 1,8 miliardi.

Secondo i primissimi calcoli dell’Istruzione per i circa 850mila docenti italiani l’aumento previsto si attestereb­be sui 92-93 euro medi mensili lordi, comprensiv­i dell’elemento perequativ­o (che vale in media 11,50 euro), previsto dal precedente Ccnl 2016-2018, rinnovato da Valeria Fedeli. In quel caso erano stati garantiti agli insegnanti aumenti retributiv­i medi di 96 euro lordi al mese (da un minimo di 80,40 euro fino a un massimo di 110, in base ad anzianità e grado di scuola). La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha già messo al lavoro i suoi tecnici e punta a definire l’atto di indirizzo (per l’Aran) entro gennaio. Per il ministero, con la doppia operazione rinnovo Ccnl e tagliacune­o (in vigore dal 1° luglio) per una fetta molto ampia di professori si raggiunger­ebbe il famoso aumento a tre cifre, promesso da Marco Bussetti prima, da Lorenzo Fioramonti poi, e rinnovato dall’attuale governo Conte. Ma per i sindacati l’aumento a tre cifre, come da accordi sottoscrit­ti, deve arrivare dal nuovo Ccnl, e quindi chiedono risorse aggiuntive: «Servono tra i 600 e i 700 milioni ulteriori», evidenzia Gianluigi Dotti, responsabi­le del Centro studi della Gilda.

Dei 3,7 miliardi a disposizio­ne per l’intera Pa alla scuola ne sono destinati 1,8. Ma è caccia in Parlamento ad altre risorse

L’impatto del taglio al cuneo

L’operazione taglia-cuneo, stabilizza­ta in manovra, in attesa della riforma complessiv­a dell’Irpef, garantisce da quest’estate 100 euro netti al mese a scalare fino a 40mila euro di reddito. Il meccanismo, che assorbe il bonus Renzi, è modulato sugli scaglioni reddituali. Fino a 28mila euro entrano in stipendio 100 euro al mese, da 28mila a 35mila euro, si parte da 100 a scendere fino a 80 euro, sotto forma di detrazione fiscale, per poi ridursi via via da 35mila euro di reddito e azzerarsi nei pressi dei 40mila. In pratica, per chi guadagna fino a 26.600 euro, il beneficio in busta paga è di 20 euro al mese (240 l’anno) poiché assorbe gli 80 euro del ”vecchio” bonus Renzi. Per chi invece ha un reddito compreso tra i 26.600 e i 28mila euro ne vale 100 al mese (1.200 euro l’anno). Un situazione in cui verserebbe, secondo i sindacati, il 10% di tutti i docenti.

Facciamo un altro paio di esempi per raccontare come gli aumenti in arrivo siano in realtà diversi da caso a caso. I docenti dell’infanzia fino a 25 anni di anzianità, della primaria fino a 20 anni, di medie e superiori con 15 anni di servizio hanno stipendi piuttosto bassi (sotto i 26.600 euro), e prendono, perciò, solo 20 euro aggiuntivi oltre ai 60 in arrivo con il rinnovo. Una larghissim­a fetta di professori con 35 anni di anzianità (e sono molti vista l’età media piuttosto elevata) hanno redditi di 36mila euro imponibili, che possono superare i 40mila, magari perché sommano le risorse extra del fondo d’istituto e i progetti Pon. Costoro non traggono beneficio dal taglia-cuneo, che è calcolato sul reddito Irpef e non sulla retribuzio­ne (quindi non è pensionabi­le). Per loro, dunque, l’impatto del rinnovo si sostanzier­à in 60 euro netti in più al mese.

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