Come recuperare l’Iva se si supera il plafond
Il Fisco torna su chi sfora gli importi indicati nelle lettere d’intento La nota di variazione fissa il termine della detrazione per l’esportatore
L’Iva addebitata dal fornitore a seguito di regolarizzazione per il superamento dell’importo indicato nella lettera d’intento è detraibile per l’esportatore abituale entro il termine ordinario da individuarsi considerando il momento di emissione del documento. Inoltre, la detassazione dell’operazione non può essere messa in discussione e nemmeno sanzionata in caso di irregolarità meramente formali della dichiarazione d’intento. Questi i più recenti contributi di prassi e giurisprudenza in attesa delle modifiche della legge di Bilancio per il 2021.
Nel caso della recente risposta a interpello 531 un contribuente identificato ai fini Iva in Italia ha effettuato nel 2017 acquisti senza applicazione dell’imposta per un importo superiore a quello indicato nella dichiarazione d’intento.
Il fornitore, dopo aver riscontrato l’errore (nel 2020), ha provveduto a regolarizzare i maggiori importi fatturati in regime di non imponibilità mediante emissione di note di variazione in aumento per la sola Iva e ad effettuare il corrispondente versamento all’Erario, comprensivo di interessi e sanzioni ridotte usufruendo del ravvedimento operoso.
È stato quindi chiesto se l’imposta addebitata a seguito di regolarizzazione sia detraibile e, in caso positivo, se il termine da rispettare sia quello ordinario previsto dall’articolo 19 del Dpr 633/ 1972.
La risposta delle Entrate
La risposta 531/ 2020 conferma l’orientamento espresso in precedenza (risposta 267/2020), in base al quale «al contribuente che abbia ricevuto, oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto, una nota di variazione in aumento ex articolo 26, comma 1, del Dpr n. 633del 1972, per correggere errori nella qualificazione della operazione originaria, non possa essere precluso il diritto alla detrazione della maggiore Iva addebitatagli » . Pertanto, fuori da un contesto di frode, il cessionario «può esercitare il diritto alla detrazione della maggiore Iva addebitata dal cedente mediante la nota di variazione in aumento » .
In aggiunta, le Entrate affermano (condivisibilmente) che, al fine di salvaguardare la neutralità del tributo, l’articolo 26 del decreto Iva va letto in combinazione con l’articolo 19.
I termini della detraibilità
Il momento da considerare per individuare il termine entro cui è possibile detrarre l’imposta coincide con quello d’emissione della nota di variazione da parte del cedente e, pertanto, il diritto può essere esercitato, alle condizioni esistenti al momento d’effettuazione dell’operazione originaria, al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui esso è sorto (nel ( nel caso di specie, con la dichiarazione relativa al 2020).
La detrazione non è invece esercitabile nel più ampio termine previsto dal comma 7 dell’articolo 60,
Dpr 633/1972 (con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è stato corrisposto il tributo). D'altronde, tale previsione si applica quando il versamento dell’Iva derivi da avvisi di accertamento o rettifica, mentre, nel caso in questione, la regolarizzazione è spontanea.
Gli interventi della Cassazione
Anche la Corte di cassazione è recentemente intervenuta.
Con la sentenza 24706/ 2020 è stato osservato che una mera irregolarità formale della dichiarazione d’intento in dogana ( nella sentenza si parla, fra l’altro, della mancata indicazione della natura dei beni detassati e degli estremi della fattura di acquisto) non può pregiudicare il diritto di avvalersi della “sospensione” d’imposta né tanto meno comportare l’irrogazione delle sanzioni proporzionali di cui all’articolo 7 del Dlgs 471/1997. 471/ 1997.
Ciò che conta è la sussistenza dei requisiti sostanziali soggettivi e oggettivi per la fruizione del regime sospensivo.
Con la sentenza 24289 del 3 novembre scorso ( si veda l’articolo a fianco), i giudici hanno invece sostenuto che, in caso d'imposta erroneamente addebitata a fronte di operazioni in realtà non imponibili, non si applica quanto previsto dal secondo periodo del sesto comma dell'articolo 6 del Dlgs 471/ 1997 e, quindi, scatta la sanzione del 90 per cento, oltre all'indetraibilità dell’Iva.
La sentenza non deve però interessare le situazioni in cui sia emessa fattura con Iva nonostante che il cliente abbia presentato la lettera d'intento, posto che l’agenzia delle Entrate ha riconosciuto la legittimità del cosiddetto plafond “intermittente” (consulenza giuridica 954- 6/ 2018).