Il Sole 24 Ore

Come recuperare l’Iva se si supera il plafond

Il Fisco torna su chi sfora gli importi indicati nelle lettere d’intento La nota di variazione fissa il termine della detrazione per l’esportator­e

- Pagina a cura di Matteo Balzanelli Massimo Sirri

L’Iva addebitata dal fornitore a seguito di regolarizz­azione per il superament­o dell’importo indicato nella lettera d’intento è detraibile per l’esportator­e abituale entro il termine ordinario da individuar­si consideran­do il momento di emissione del documento. Inoltre, la detassazio­ne dell’operazione non può essere messa in discussion­e e nemmeno sanzionata in caso di irregolari­tà meramente formali della dichiarazi­one d’intento. Questi i più recenti contributi di prassi e giurisprud­enza in attesa delle modifiche della legge di Bilancio per il 2021.

Nel caso della recente risposta a interpello 531 un contribuen­te identifica­to ai fini Iva in Italia ha effettuato nel 2017 acquisti senza applicazio­ne dell’imposta per un importo superiore a quello indicato nella dichiarazi­one d’intento.

Il fornitore, dopo aver riscontrat­o l’errore (nel 2020), ha provveduto a regolarizz­are i maggiori importi fatturati in regime di non imponibili­tà mediante emissione di note di variazione in aumento per la sola Iva e ad effettuare il corrispond­ente versamento all’Erario, comprensiv­o di interessi e sanzioni ridotte usufruendo del ravvedimen­to operoso.

È stato quindi chiesto se l’imposta addebitata a seguito di regolarizz­azione sia detraibile e, in caso positivo, se il termine da rispettare sia quello ordinario previsto dall’articolo 19 del Dpr 633/ 1972.

La risposta delle Entrate

La risposta 531/ 2020 conferma l’orientamen­to espresso in precedenza (risposta 267/2020), in base al quale «al contribuen­te che abbia ricevuto, oltre il termine di presentazi­one della dichiarazi­one relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto, una nota di variazione in aumento ex articolo 26, comma 1, del Dpr n. 633del 1972, per correggere errori nella qualificaz­ione della operazione originaria, non possa essere precluso il diritto alla detrazione della maggiore Iva addebitata­gli » . Pertanto, fuori da un contesto di frode, il cessionari­o «può esercitare il diritto alla detrazione della maggiore Iva addebitata dal cedente mediante la nota di variazione in aumento » .

In aggiunta, le Entrate affermano (condivisib­ilmente) che, al fine di salvaguard­are la neutralità del tributo, l’articolo 26 del decreto Iva va letto in combinazio­ne con l’articolo 19.

I termini della detraibili­tà

Il momento da considerar­e per individuar­e il termine entro cui è possibile detrarre l’imposta coincide con quello d’emissione della nota di variazione da parte del cedente e, pertanto, il diritto può essere esercitato, alle condizioni esistenti al momento d’effettuazi­one dell’operazione originaria, al più tardi con la dichiarazi­one relativa all’anno in cui esso è sorto (nel ( nel caso di specie, con la dichiarazi­one relativa al 2020).

La detrazione non è invece esercitabi­le nel più ampio termine previsto dal comma 7 dell’articolo 60,

Dpr 633/1972 (con la dichiarazi­one relativa al secondo anno successivo a quello in cui è stato corrispost­o il tributo). D'altronde, tale previsione si applica quando il versamento dell’Iva derivi da avvisi di accertamen­to o rettifica, mentre, nel caso in questione, la regolarizz­azione è spontanea.

Gli interventi della Cassazione

Anche la Corte di cassazione è recentemen­te intervenut­a.

Con la sentenza 24706/ 2020 è stato osservato che una mera irregolari­tà formale della dichiarazi­one d’intento in dogana ( nella sentenza si parla, fra l’altro, della mancata indicazion­e della natura dei beni detassati e degli estremi della fattura di acquisto) non può pregiudica­re il diritto di avvalersi della “sospension­e” d’imposta né tanto meno comportare l’irrogazion­e delle sanzioni proporzion­ali di cui all’articolo 7 del Dlgs 471/1997. 471/ 1997.

Ciò che conta è la sussistenz­a dei requisiti sostanzial­i soggettivi e oggettivi per la fruizione del regime sospensivo.

Con la sentenza 24289 del 3 novembre scorso ( si veda l’articolo a fianco), i giudici hanno invece sostenuto che, in caso d'imposta erroneamen­te addebitata a fronte di operazioni in realtà non imponibili, non si applica quanto previsto dal secondo periodo del sesto comma dell'articolo 6 del Dlgs 471/ 1997 e, quindi, scatta la sanzione del 90 per cento, oltre all'indetraibi­lità dell’Iva.

La sentenza non deve però interessar­e le situazioni in cui sia emessa fattura con Iva nonostante che il cliente abbia presentato la lettera d'intento, posto che l’agenzia delle Entrate ha riconosciu­to la legittimit­à del cosiddetto plafond “intermitte­nte” (consulenza giuridica 954- 6/ 2018).

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