La giurisprudenza mette in discussione la detrazione
A rischio le operazioni fuori campo Iva, esenti o non imponibili
La detrazione dell’Iva erroneamente applicata non dovrebbe essere in discussione, ferma restando l’applicazione della sanzione fissa prevista dal sesto comma dell’articolo 6 del Dlgs 471/1997. Non la pensa però così la giurisprudenza, secondo la quale la disposizione si applicherebbe solo quando l’imposta è applicata in misura superiore a quella dovuta (per esempio, con aliquota 22% anziché 10 %), ma non quando l’operazione è esente, non imponibile o fuori campo Iva.
La sentenza 24289/2020 della Cassazione, forse troppo frettolosamente e facendo leva sul solo dato letterale della norma, afferma infatti che l’imposta erroneamente addebitata in relazione a un'operazione non imponibile non può essere portata in detrazione dal cessionario. Il secondo periodo del comma 6 dell’articolo 6 del Dlgs 471/1997 farebbe dunque riferimento (solo) all’ipotesi in cui l’imposta è sì dovuta, ma in misura inferiore.
E questo, nonostante proprio il dato letterale permetta una diversa soluzione, considerando che applicare il 22% anziché un’aliquota pari a zero (causa esenzione o non imponibilità) significa comunque addebitare l’imposta «in misura superiore a quella effettiva».
La pronuncia, del resto, potrebbe non essere nemmeno perfettamente coerente col pensiero della Corte di giustizia, cui pure la Cassazione ampiamente si riporta, dato che la detrazione (punto 2.3.1 della sentenza) «non si estende all’Iva dovuta per il solo fatto e nella misura in cui essa sia stata indicata in fattura». Ciò, fermo restando che la norma pare invece rispettosa dell’insegnamento dei giudici comunitari con riferimento alle situazioni in cui è a repentaglio la riscossione dell’imposta, visto che è espressamente stabilito che la detrazione non è ammessa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode.
Resterebbe invece da esplorare la portata della disposizione quale possibile via alternativa al rimborso previsto dall’articolo 30-ter del decreto Iva. Quest’ultima procedura, benché senz’altro applicabile (anche) nell’ipotesi di addebito dell’Iva a operazioni non imponibili o esenti, visto il riferimento «all’imposta non dovuta», implica infatti un percorso poco agevole rispetto al riconoscimento della detrazione ex articolo 6, comma 6, dovendosi passare per la restituzione dell’imposta da parte dell’emittente della fattura, il quale può poi chiederne il rimborso all'erario.
Alle stesse conclusioni della recente sentenza era giunta anche la giurisprudenza di merito in relazione alle operazioni esenti (C.T. II grado Trento 20/1/19 e Ctp Milano 5497/10/18) e a quelle fuori campo (Ctr Lombardia 3483/2019). Ciò non toglie che, di là dell'orientamento che pare consolidarsi, sia ancora insoddisfatta l’esigenza di fornire alla norma una miglior collocazione in ottica sistematica. Basti pensare alla diversa (chiara) soluzione adottata nell’ambito dello stesso articolo 6 al comma 9- bis 3, il quale prevede che, in caso d’applicazione del reverse charge per un’operazione esente, non imponibile o comunque senza applicazione dell'imposta, non solo non c’è recupero del tributo, ma non è neppure dovuta alcuna sanzione.