Il Sole 24 Ore

Fine mandato degli amministra­tori senza i limiti di deducibili­tà del Tfr

La Ctr Piemonte boccia l’«analogia» tra i due istituti proposta dalle Entrate L’importo è frutto del mero accordo tra le parti e va definito con data certa

- Giorgio Gavelli

Non ha fondamento giuridico il richiamo all’articolo 2120 del Codice civile per giustifica­re l’indeducibi­lità del trattament­o di fine mandato degli amministra­tori (Tfm) per la parte eccedente quella calcolata secondo i criteri del Tfr dei lavoratori dipendenti. Non ha avuto dubbi la Ctr Piemonte (presidente Pasi, relatore Malanetto) a confermare il giudizio di primo grado con la sentenza n. 618/01/2020, respingend­o l’appello dell’ufficio.

La contestazi­one, piuttosto comune da parte di alcuni uffici locali delle Entrate, riguardava la ritenuta indeducibi­lità degli importi accantonat­i a titolo di Tfm in quanto determinat­i in violazione delle prescrizio­ni del Codice civile con riferiment­o al Tfr dipendenti. Secondo l’articolo 2120 del Codice civile il trattament­o di fine rapporto si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzio­ne dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5.

Al tentativo dell’Agenzia di estendere tale norma al Tfm amministra­tori, i giudici piemontesi ribattono che non vi è alcuna norma nel Tuir che consenta tale assimilazi­one, a cui non è consentito giungere nemmeno consideran­do che i redditi di collaboraz­ione coordinata e continuati­va sono stati assimilati a quelli di lavori dipendente, e che l’articolo 105 del Tuir richiama entrambi i trattament­i.

Peraltro, anche a livello civilistic­o non si rinviene alcuna disposizio­ne che stabilisca una regola di determinaz­ione del Tfm, il cui importo deriva dall’incontro tra la volontà assemblear­e e l’accettazio­ne da parte dell’amministra­tore.

Le conclusion­i della commission­e torinese rispecchia­no quelle di larga parte della giurisprud­enza di merito, come dimostrato anche dalla recente decisione della Ctp Reggio Emilia 199/2/2020 (si veda Il Sole 24 Ore del 16 novembre scorso), e superano un precedente contrario dello stesso giudice (Ctr Piemonte, decisione 1221/12/2019). In senso favorevole alle imprese, oltre alla dottrina del tutto prevalente, si vedano Ctr Lombardia 5280/18/2018 e 3749/16/2018, Ctr Piemonte 236/03/2020 nonché, da ultimo, l’ordinanza 24848/2020 della Corte di cassazione depositata il 6 novembre scorso.

La Cassazione sottolinea che gli unici limiti alla deducibili­tà per competenza degli accantonam­enti al Tfm si sostanzian­o nell’obbligo di un atto scritto avente data certa, anteriore all’inizio del rapporto che ne specifichi anche l’importo. La Suprema corte non si sofferma sul tema della congruità dei compensi, ma anche ammettendo questo potere di sindacato (ad esempio: Cassazione 31607/2018) - molto dibattuto sia in dottrina che in giurisprud­enza – ciò non vuol certo significar­e che esistano limiti specifici circa la quantifica­zione del Tfm. Per cui, pare possibile concludere che se i compensi degli amministra­tori sono ragionevol­i e congrui rispetto alla realtà imprendito­riale, essi non sono contestabi­li, né se riconosciu­ti annualment­e né se deliberati come trattament­o di fine mandato.

Il rapporto che lega l’amministra­tore alla società si fonda sulle norme relativa al mandato, che, a tutti gli effetti, costituisc­e una diversa disciplina contrattua­le rispetto a quella di lavoro dipendente. Se è vero che l’articolo 105 del Tuir prevede che gli accantonam­enti siano deducibili in conformità alle disposizio­ni legislativ­e e contrattua­li che regolano il rapporto di lavoro, altrettant­o vero è che l’articolo 2120 del Codice civile non ha nulla a che fare con il Tfm degli amministra­tori.

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