Il Sole 24 Ore

La perizia di parte non contestata fa prova sul contenuto

La superficie asseverata risultava inferiore a quella che emergeva in Catasto

- Marco Ligrani

La perizia di parte, non adeguatame­nte contestata nel merito, fa piena prova rispetto al suo contenuto, che, pertanto, dev’essere posto a base della decisione.

È questo, in estrema sintesi, il principio espresso dalla Ctr Campania 3596/25/2020 (presidente e relatore Verrusio), la quale ha confermato il verdetto di primo grado che aveva annullato un avviso in materia di registro, sulla base di una perizia di parte prodotta dal contribuen­te che non era mai stata contraddet­ta dall’ufficio.

La questione verte sulla superficie tassabile di un immobile, che l’ufficio faceva pari a quanto risultante in catasto, rifacendos­i anche alla dichiarazi­one contenuta nell’atto notarile di compravend­ita dove si richiamava, espressame­nte, la corrispond­enza dello stato di fatto dell’immobile con quanto emergente dai dati catastali e dalle planimetri­e.

Il contribuen­te, tuttavia, contestava la quantifica­zione sulla base di una perizia stragiudiz­iale asseverata, la quale dimostrava come la superficie tassabile fosse di gran lunga inferiore rispetto a quella risultante in catasto.

Il ricorrente, peraltro, aveva rappresent­ato come anche l'acquirente, nell'analogo giudizio vertente sullo stesso accertamen­to, avesse dimostrato come la superficie fosse – effettivam­ente - quella risultante dalla perizia e quel giudizio aveva già visto soccombere le Entrate.

All’esito positivo del giudizio di primo grado, l’ufficio aveva proposto appello, cui la parte si era opposta ribadendo la propria tesi.

La commission­e, facendo proprio il percorso argomentat­ivo della Ctp, ha – dunque - rigettato l’appello, evidenzian­do innanzitut­to come fosse stato proprio l’ufficio a rimarcare la valenza probatoria limitata della visura catastale.

Ma quel che ha formato oggetto di censura, da parte della Ctr, è stata la mancanza di contestazi­one specifica da parte del Fisco, rispetto al contenuto dell’elaborato peritale, che era rimasto inoppugnat­o.

Infatti, né nel giudizio di primo grado, né in appello, l'ufficio aveva contestato, in modo analitico, le conclusion­i cui era pervenuto il tecnico di parte, in tal modo rendendo, di fatto, applicabil­e il principio di non contestazi­one previsto dall’articolo 115 del Codice di procedura civile, pacificame­nte applicabil­e anche al processo tributario come confermato dalla stessa agenzia delle entrate (circolare 17/E/2010).

Per altro verso, l’Agenzia non aveva nemmeno richiesto una consulenza tecnica di ufficio, che servisse a dimostrare l’asserita maggiore estensione della superficie; né – come evidenziat­o dalla Ctr - avrebbe potuto provvederv­i autonomame­nte il collegio, stante il principio di indisponib­ilità della prova che caratteriz­za il rito tributario, il quale impone di non disporre, autonomame­nte, mezzi che risultereb­bero meramente esplorativ­i delle asserzioni delle parti.

Va segnalato che la valenza probatoria della perizia di parte è stata confermata anche dalla Cassazione, la quale ha precisato che la perizia di parte può costituire idonea fonte di convincime­nto del giudice, il quale può porla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga convincent­e (ordinanza 31274/18).

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