Il Sole 24 Ore

Lo stop alla lite per fallimento decorre dalla notifica

Per la Ctp Reggio Emilia l’interruzio­ne si verifica dalla conoscenza formale

- Beatrice Santoro

La dichiarazi­one di fallimento è una causa di immediata interruzio­ne del processo tributario, che non necessita di uno specifico provvedime­nto formale del giudice. Tuttavia le parti processual­i devono avere l’effettiva conoscenza dell’evento interrutti­vo e dei relativi effetti nel giudizio in corso. A giungere a queste conclusion­i è la sentenza 214/ 2/ 2020 della Ctp di Reggio Emilia (presidente e relatore Montanari), depositata il 6 novembre 2020.

La vicenda trae origine dalla notifica da parte dell’agenzia delle Entrate di alcuni avvisi di accertamen­to a una società per recuperare a tassazione le imposte evase sul maggior reddito accertato. La pretesa fiscale era basata sulla presunzion­e dell’utilizzo di fatture oggettivam­ente inesistent­i da parte della contribuen­te, in quanto emesse da imprese prive di qualsiasi struttura idonea a giustifica­re l’attività svolta.

I provvedime­nti venivano impugnati per vizi propri, con conseguent­e richiesta di annullamen­to della pretesa fiscale. L’ufficio, con la costituzio­ne in giudizio, chiedeva il rigetto dell’impugnazio­ne.

Nel corso dell’udienza, la difesa della contribuen­te informava del fallimento e della nomina del curatore, citando gli estremi della sentenza e la data di emissione, alla presenza di tutte le parti processual­i.

La Commission­e adita, con un’ordinanza emessa in pari data, disponeva il rinvio a nuovo ruolo della trattazion­e, e incaricava la segreteria per le incombenze legate alla notificazi­one del provvedime­nto.

La curatela, pur avendo ricevuto a mezzo Pec la notifica dell’ordinanza, quasi un anno dopo, a sua volta comunicava il fallimento della società, il proprio incarico e richiedeva - ex articolo 43 della legge fallimenta­re - l’interruzio­ne dei giudizi nei quali, asseritame­nte, non era parte.

I giudici emiliani, tuttavia, decorso inutilment­e il termine, hanno dichiarato estinto il giudizio, per la mancata riassunzio­ne del giudizio.

Innanzitut­to, in riferiment­o alla causa di interruzio­ne del processo determinat­a dall’apertura del fallimento di una delle parti - così come previsto dall’articolo 43, comma 3, della legge fallimenta­re - hanno chiarito che opera automatica­mente, ipso iure, senza la necessaria attestazio­ne e dichiarazi­one della stessa da parte del giudice.

Tuttavia, l’effetto immediato è strettamen­te legato a una cognizione effettiva delle parti del processo, della dichiarazi­one di apertura del fallimento e, degli effetti prodotti nell’ambito della controvers­ia.

Pertanto, risulta idonea una conoscenza formalment­e legale dell’evento, conseguita attraverso atti muniti di fede privilegia­ta quali dichiarazi­oni, notificazi­oni o certificaz­ioni rappresent­ative, purché supportata da una piena consapevol­ezza degli effetti nell’ambito di uno specifico processo.

Solamente da questo momento – concludono i giudici di primo grado – decorre il termine per la riassunzio­ne, che nella specie era scaduto. La curatela, infatti, pur essendo stata edotta da una specifica notifica dell’esistenza di altri giudizi introdotti dall’imprendito­re fallito e, dell’ordinanza di rinvio a nuovo ruolo della trattazion­e, non aveva riassunto il giudizio nei termini.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy