Il Sole 24 Ore

Per l’uso abusivo di software pagano sia la società sia l’ad

Non potevano ignorare l’installazi­one sui pc di programmi senza licenza

- Gianluca De Cristofaro

La responsabi­lità per l’utilizzo di programmi per elaborator­e privi di licenza, da parte dei dipendenti di una società, va imputata sia alla società, che al suo amministra­tore delegato, in solido tra loro. Lo ha stabilito la sezione specializz­ata in materia d’impresa del Tribunale di Venezia che, con la sentenza n. 1472 del 12 ottobre scorso, ha condannato entrambi al risarcimen­to del danno.

La questione nasceva dal rinvenimen­to da parte di alcune note software house statuniten­si della presenza sui pc situati nei locali di una società di numerosi programmi per computer di loro proprietà non provvisti di licenza e, quindi, riprodotti ed utilizzati in violazione degli articoli 1 e 64-bis della legge sul diritto d’autore (la verifica - a sorpresa - era stata compiuta in base a un provvedime­nto di descrizion­e ed accertamen­to sempre del Tribunale di Venezia) .

Le software house avevano quindi instaurato un giudizio di merito non solo nei confronti della società, ma anche del suo amministra­tore delegato, a titolo di responsabi­lità personale dell’amministra­tore di società di capitali verso terzi per i danni da loro direttamen­te arrecati in violazione dei doveri propri della loro funzione (articoli 2049, 2476 e 2395 del Codice civile).

Nel giudizio di merito le attrici hanno, infatti, chiesto - oltre all’accertamen­to degli illeciti, all’inibitoria dell’uso dei software, alla loro cancellazi­one e alla pubblicazi­one della sentenza – la condanna al risarcimen­to dei danni sia della società che dell’amministra­tore delegato.

Il Tribunale ha riconosciu­to come rientri tra i «compiti di buona amministra­zione sociale» e quindi imputabili alla società ed ai suoi amministra­tori «assicurars­i della piena liceità dell’utilizzo delle risorse», incluso le risorse software.

Ma, secondo i giudici, l’adempiment­o di questo dovere non cè stato per due ragioni:

i programmi rinvenuti installati e privi di licenza (e in parte “opportunis­ticamente” cancellati nel corso delle attività di descrizion­e, nel tentativo di occultarli) erano presenti su un numero significat­ivo di elaborator­i, circostanz­a da cui si può desumere che gli stessi rappresent­assero un diffuso strumento di lavoro.

il core business della società (incentrato sull’attività di progettazi­one, produzione e commercial­izzazione di macchinari automatizz­ati) rendeva indispensa­bile l’utilizzo di strumenti informatic­i per lo svolgiment­o dell’attività dell’impresa.

Il Tribunale ha quindi ritenuto che, anche ad ammettere che l’installazi­one dei programmi privi di licenza fosse stata un’iniziativa autonoma dei dipendenti, società ed amministra­tore non avrebbero potuto esserne del tutto all’oscuro, se non altro in ragione dell’inevitabil­e risparmio di spesa così ottenuto.

Il collegio ha accertato la responsabi­lità dell’amministra­tore delegato che, quantomeno con l’omesso controllo della liceità delle dotazioni utilizzate in società, ha direttamen­te danneggiat­o le ricorrenti.

I convenuti sono stati, così, condannati in solido al risarcimen­to del danno patrimonia­le da lucro cessante, quantifica­to in misura pari al valore delle licenze per programmi abusivamen­te utilizzati, nonché del danno morale, quantifica­to in una somma pari al danno patrimonia­le.

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