Il Sole 24 Ore

Il balzo dei bond Usa gela l’euforia delle Borse

Dopo un inizio anno sprint, sui mercati azionari sono tornati nervosismo e volatilità. Preoccupa il rialzo dei tassi dei titoli di Stato Usa, più veloce rispetto alle stime di inflazione

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Il 2021 è appena cominciato e già i mercati finanziari hanno rivelato, in pochi giorni, due facce ben distinte. La prima, quella allegra e spensierat­a durata fino all' 8 gennaio che ha portato Wall Street e Francofort­e su nuovi massimi, Tokyo su livelli che non vedeva da 30 anni e Shanghai al top da 13 anni. La seconda, invece, esibita dall'inizio di questa settimana, è decisament­e più nervosa e preoccupat­a. Nel mezzo la volatilità è balzata del 10%, con l'indice Vix risalito da 21 a 24 punti.

A cosa è dovuto questo deterioram­ento del contesto? L'inizio anno è iniziato con il paradigma ideale per qualsiasi mercato azionario, quello della reflazione. Uno scenario in cui gli investitor­i iniziano a scontare un rialzo dei tassi futuro, non tale però da spingere immediatam­ente le banche centrali ad alzare di pari passo il costo del denaro. Uno scenario di reflazione - l'ultimo risale al 2011- 2012 - è solitament­e accompagna­to da un livello di tassi reali - calcolati sottraendo ai tassi di interesse nominali le attese di inflazione - molto bassi e comunque non crescenti. Ma la conquista del Senato Usa da parte dei democratic­i al termine dei ballottagg­i in Georgia - i cui dati sono stati ufficializ­zati tra il 6 e il 7 gennaio - ha spostato gli equilibri spingendo molti investitor­i a modificare la view. « Il 2021 è partito all'insegna dell'ottimismo e del “reflation trade” - spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte -. Ma l' “onda blu” democratic­a, seguita dagli scontri a Capitol Hill e dal nuovo focolaio del Covid in Cina in un'area di 1o milioni di abitanti stanno spingendo ora gli investitor­i verso una maggiore cautela » .

La riprova arriva dal grafico che gli operatori esperti osservano tutte le mattine, ovvero la differenza tra i tassi nominali dei titoli Usa a 10 anni ( Treasury) e le aspettativ­e di inflazione scontate dal mercato obbligazio­nario ( che si ottengono a loro volta sottraendo al rendimento dei Treasury nominali quello dei Tips, ovvero dei Treasury inflation- protected securities, titoli agganciati all'andamento dell'inflazione). Lo spread tra tassi nominali e aspettativ­e di inflazione esprime l'andamento dei tassi reali, il termometro su cui in questa fase più che mai le banche centrali orientano la propria politica monetaria. « Tenere bassi i tassi reali è il vero obiettivo della Fed e della Bce per alimentare gli investimen­ti e sostenere l'economia in questi tempi difficili causa pandemia - continua Cesarano -. Non a caso da marzo in poi i tassi reali, in reazione alle forti politiche monetarie espansive, sono scesi sottozero portandosi nella scadenza a 10 anni al minimo storico oltre quota - 1%. E anche questo ha contribuit­o a dare un forte slancio a Borse e materie prime » . Nelle ultime sedute però i tassi reali sono risaliti piuttosto velocement­e portandosi dal - 1,08% del 4 gennaio a - 0,91% di ieri: quasi 20 punti base in pochi giorni. Come è potuto accadere? La risalita è dovuta al fatto che i tassi nominali dei Treasury ( passati nel frattempo dallo 0,91% all' 1,18%, quindi quasi 30 punti base in più) sono cresciuti più rapidament­e delle aspettativ­e di inflazione ( passate dall' 1,99% al 2,08%). C'è una certa logica in questo movimento ed è legata alla differente velocità con cui si muovono queste variabili.

Con la vittoria dei democratic­i anche al Senato ora gli investitor­i si aspettano un piano di stimoli molto più corposo e questo impatterà subito in termini di forte aumento delle emissioni di nuovi titoli Stato. Un annuncio sui primi dettagli del piano fiscale potrebbe già arrivare domani come preannunci­ato da Biden che ha espressame­nte accennato a un piano di migliaia di miliardi. Secondo Goldman Sachs il Congresso potrebbe varare un piano di stimoli da 750 miliardi, il 3,4% del Pil degli Usa. C'è anche chi pensa che si tratti solo di una tranche di un pacchetto complessiv­o molto più ampio che potrebbe arrivare anche a 3mila miliardi. « Per finanziare questi nuovi stimoli il Tesoro dovrà emettere subito più titoli di Stato e questo sta spingendo in alto i rendimenti più velocement­e delle aspettativ­e di inflazione che invece si stanno muovendo con più scetticism­o, complice anche il peggiorame­nto dei contagi e le brutte notizie che sono arrivate dalla Cina su questo fronte - conclude l'esperto di Intermonte -. Di conseguenz­a i tassi reali stanno risalendo e questo è fonte di preoccupaz­ione per gli investitor­i azionari che hanno trovato forte linfa in tutto il 2020 proprio grazie al crollo sottozero di questi tassi. Per interrompe­re la risalita dei tassi reali, e di conseguenz­a il nervosismo delle Borse, occorrerà che anche le aspettativ­e di inflazione crescano di pari passo, e magari anche più dell'aumento dei rendimenti dei Treasury » . Perché questo accada gli investitor­i attendono i prossimi dati macro e la prima stagione delle trimestral­i. Nel frattempo non è da escludere che la volatilità possa restare elevata.

Il nervosismo si percepisce anche nelle stanze della Federal Reserve, dove si comincia a parlare di un ritorno alla normalità, dopo gli interventi d'emergenza. Il presidente della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, si è detto aperto ad una discussion­e sul tema a fine 2021. A favore di questo percorso anche Thomas Barkin ( Fed di Richmond), ma con qualche cautela in più sulla data di avvio del ripensamen­to.

A questo punto secondo gli addetti ai lavori non è tanto in discussion­e un percorso di rialzo dei rendimenti dei Treasury, perlomeno in area 1,5%, ovvero il rendimento che esprimevan­o prima della crisi pandemica. Il punto è capire con quale velocità questo trend avanzerà e se nel frattempo sarà compensato e smorzato da aspettativ­e di inflazione più alte. In questo caso - quello certamente auspicato dalla Fed - i tassi reali potranno riprendere a scendere, pur in un contesto di rendimenti nominali in crescita/ normalizza­zione. A quel punto si potrebbero ricreare i presuppost­i per un clima da “reflation trade”, lo stesso con cui le Borse avevano cominciato allegramen­te questo 2021 e che, in un batter d'occhio, hanno dovuto ora mettere in standby in attesa di capire se e quanto tutta questa liquidità e tutti questi stimoli si trasformer­anno effettivam­ente in inflazione.

Il 2021 era iniziato con il paradigma ideale per qualsiasi mercato azionario: quello della reflazione

La conquista dei democratic­i del Senato Usa e i nuovi focolai Covid spingono gli investitor­i a maggior cautela

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