Il Sole 24 Ore

L’oro sorpassa il dollaro nelle riserve della Russia

Al 30 giugno la quota del lingotto era al 22,9%, biglietto verde al 22,2%

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C’è più oro che dollari nei forzieri della banca centrale russa: per la prima volta il valore delle riserve auree ha superato quello degli asset denominati in valuta statuniten­se. La svolta, avvenuta nella prima metà del 2020, è stata evidenziat­a solo ora.

C’è più oro che dollari nei forzieri della banca centrale russa: per la prima volta nella storia il valore delle riserve auree ha superato quello degli asset denominati nella valuta statuniten­se. La svolta è avvenuta nella prima metà del 2020, ma è stata evidenziat­a solo ora, con l’ultimo aggiorname­nto dei dati da parte di Bank Rossii. La fotografia mostra che al 30 giugno l’istituzion­e custodiva lingotti per 128,5 miliardi di dollari, pari al 22,9% delle riserve: una quota oggi superata soltanto dagli attivi in euro ( che rappresent­ano il 29,5% del totale), mentre quelli in dollari – in forte calo da anni – risultano scesi al 22,2%.

L’oro, che durante l’estate ha continuato ad apprezzars­i, potrebbe addirittur­a aver allungato le distanze rispetto al biglietto verde: le quotazioni hanno aggiornato solo in agosto il record storico, spingendos­i oltre 2mila dollari per oncia.

Negli ultimi mesi il volume delle riserve auree russe – che è quintuplic­ato tra il 2007 e il 2020, arrivando a sfiorare 2.300 tonnellate – dovrebbe comunque essere rimasto costante: dal 1° aprile scorso la banca centrale ha ufficialme­nte interrotto l’acquisto di lingotti, sostenendo di aver raggiunto gli obiettivi prefissati, una linea di nuovo ribadita a luglio dalla presidente Elvira Nabiullina.

La spinta verso la dedollariz­zazione – decisa circa tre anni fa dal Cremlino per schermare l’economia russa dalle sanzioni Usa – potrebbe invece non essersi esaurita, benché Mosca abbia già tagliato in modo drastico la presenza del biglietto verde nelle riserve valutarie a favore non solo dell’oro ma anche dell’euro e dello yuan cinese. Nel corso del 2018 era stata la divisa europea a superare il dollaro nelle riserve russe: la prima era balzata dal 21,7 al 31,7% del totale, mentre la valuta Usa crollava dal 45,8 al 22,7%, una quota simile a quella attuale.

Dal 1° luglio 2019 al 30 giugno 2020 la quota di riserve in dollari tutto sommato è diminuita poco: dal 24,2 al 22,2% del totale ( per un valore di 124,6 miliardi), una contrazion­e più che giustifica­ta dal protagonis­mo dell’oro, passato nello stesso periodo dal 19,1% al 22,9%. Il lingotto ha rubato la scena anche alle altre maggiori valute, spingendo l’euro dal 30,6% al 29,5% e lo yuan dal 13,2% al 12,2% ( la sterlina, nonostante l’imminenza della Brexit, è invece rimasta stabile intorno al 6%).

Il rally del lingotto ha probabilme­nte sostenuto anche il valore complessiv­o delle riserve russe, che nel corso del 2020 – nonostante la sfida del Covid – è salito del 7,1% a 593,6 miliardi di dollari.

Benché l’oro abbia ritracciat­o dai massimi raggiunti l’estate scorsa ( oggi scambia intorno a 1.840 dollari l’oncia), quella messa a segno nel 2020 è stata la sua migliore performanc­e da un decennio: un rialzo del 25%. Mosca ne ha tratto vantaggio anche grazie alle sue miniere, che hanno permesso di difendere le entrate di valuta pregiata quando la pandemia colpiva i consumi di gas e petrolio. La Russia – che è il terzo produttore aurifero al mondo, oltre che uno dei maggiori fornitori di combustibi­li fossili – in alcuni periodi dello scorso anno è arrivata a guadagnare di più dall’export di oro che da quello di gas.

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