Cloud nazionale Pa e banda ultralarga estesa fino a 1 gigabit
Su entrambi i progetti non viene chiarito il sistema di gara per accedere ai fondi
Sotto il timbro della “digitalizzazione” nel Piano compaiono anche i progetti per il completamento della rete a banda ultralarga e per la realizzazione di un cloud nazionale dei dati della Pa. Nel primo caso il progetto sembra strettamente legato all’evoluzione del piano per la rete unica Tim- Open Fiber anche se quest’ultimo a differenza di precedenti bozze non è mai esplicitamente citato nel documento. Eppure andrebbe chiarito come saranno assegnate le risorse nel caso il nuovo soggetto che nascerà, di fatto in condizioni di monopolio, resterà a controllo privato ( quindi sotto Tim). Ci sarà una gara? Come sarà articolata? Si parla in modo generico come obiettivo di connessioni a 1 gigabit/ secondo, di priorità alle « aree grigie » ; di completamento della copertura di scuole, ospedali, parchi naturali, musei, siti archeologici; di fibra per il 5G lungo le vie di comunicazione extra- urbane e diffusione di reti 5G negli impianti sportivi pubblici; di interventi per la promozione dei servizi 5G e la safety del 5G.
Come detto, nel testo entra anche il progetto voluto dal ministro dell’Innovazione Paola Pisano ( M5S) di un cloud nazionale dei dati della Pa. Operazione che viene annunciata « in sinergia con il progetto europeo GAIA- X » , che mira a protocolli di funzionamento dei servizi in cloud standardizzati a livello Ue. Nello specifico l’investimento ( previsti 1,25 miliardi) sarà finalizzato alla creazione di uno o più Poli strategici nazionali verso cui « migrare » migliaia di data center delle amministrazioni pubbliche centrali che non garantiscono requisiti minimi di affidabilità e sicurezza. Il passaggio successivo è un ulteriore progetto, del valore di 1,13 miliardi, per « dare effettiva e completa attuazione al principio dell’once only » si legge nel piano, per il quale ai cittadini non possono essere richieste documenti già in possesso della Pa. Si renderanno, in quest’ottica, « interoperabili le basi dati e accessibili attraverso un catalogo di API ( interfaccia di programmazione di un’applicazione, ndr) che consenta alle Amministrazioni centrali e periferiche, secondo vari livelli di autorizzazione, di attingere ai dati del cloud, di elaborarli e di fornire servizi a cittadini e imprese » . Anche in questo caso aleggia un grande dubbio irrisolto dal piano: chi gestirà il Cloud nazionale? L’ipotesi di una gara resta in piedi. Da capire il ruolo dei grandi player extraeuropei del settore come Amazon e Ibm.
Per la Pa lo sbocco finale è la banca dati unica. Internet veloce con priorità nelle aree grigie