Il Sole 24 Ore

Il mancato rispetto del Dpcm comporta lo stop all’attività

Sanzioni amministra­tive da 400 a mille euro, chiusura fino a 30 giorni

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Con l ’ ennesimo Dpcm del 3.12.2020 - preludio al prossimo atteso venerdì - è stato nuovamente ristretto l'esercizio delle attività dei servizi di ristorazio­ne ( bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticceri­e) nella sola fascia oraria compresa tra le h 5,00 e le h 18,00, con la precisazio­ne che il consumo al tavolo è consentito per un massimo di quattro persone per tavolo, salvo convivenze. Così come resta ancora in vigore l'obbligo del distanziam­ento, dell'uso dei dispositiv­i di sicurezza, come le mascherine, i guanti, i gel igienizzan­ti.

Il mancato rispetto delle misure di contenimen­to è punito con la sanzione amministra­tiva da 400 euro a 1.000, aggravabil­e anche con la sanzione accessoria della chiusura da 5 a 30 giorni. Se all’atto dell’accertamen­to delle violazioni è necessario impedire la prosecuzio­ne o la reiterazio­ne della violazione, polizia/ carabinier­i possono disporre la chiusura provvisori­a dell'attività o dell'esercizio per una durata non superiore a 5 giorni. In caso di reiterata violazione della misura contenitiv­a, la sanzione amministra­tiva è raddoppiat­a e quella accessoria è applicata nella misura massima.

Le sanzioni sono impugnabil­i con atto di opposizion­e da proporsi, a seconda del valore della sanzione, dinanzi al Giudice di pace o al Tribunale territoria­lmente competente ( a quest'ultimo va riconosciu­ta la competenza anche in caso di violazioni accertate nel contesto della tutela del lavoro, igiene sui luoghi di lavoro e di sicurezza dali infortuni), entro i 30 giorni successivi dalla notifica del provvedime­nto ( 60 giorni in caso di notifica all'estero).

A partire dalla scorsa primavera, più di un giudice di merito ha manifestat­o forti dubbi sulla legittimit­à costituzio­nale delle misure restrittiv­e dei Dpcm, a cominciare dal Giudice di Pace di Frosinone ( 516/ 2020) che aveva disapplica­to il primissimo Dpcm per le limitazion­i agli spostament­i: configurer­ebbe un obbligo di permanenza domiciliar­e irritualme­nte imposto con atto amministra­tivo, anziché, mediante provvedime­nto dell’Autorità Giudiziari­a.

Anche il Tar ha manifestat­o forti perplessit­à, almeno sotto il profilo istruttori­o- motivazion­ale, delle misure restrittiv­e imposte dal Governo. Con l'ordinanza 468/ 2020, il Tar Lazio stigmatizz­ava l'imposizion­e dell'uso indiscrimi­nato della mascherina, per alunni da 6 a 11 anni, in quanto disposta senza il previo accertamen­to dello stato di salute psico- fisica degli alunni.

Ancora si è espresso in maniera negativa anche il Tribunale di Roma, il quale, in linea con quanto affermato dal Giudice di Pace di Frosinone, ha ribadito che nessun atto amministra­tivo, compreso il Dpcm, può comprimere liberà e diritti costituzio­nalmente garantiti. « Nell’opporsi alle sanzioni oggi i ristorator­i/ baristi potrebbero sollevare anche questioni di illegittim­ità costituzio­nale - dice l’avvocato amministra­tivista Cristina Lenoci, di Roma - ma si tratta di questioni particolar­mente complesse che andrebbero ponderate e affrontate con tutte le cautele e gli approfondi­menti del caso » .

Era invece durata poche settimane, nella primavera scorsa, l’ incriminab­ilità penale per queste violazioni ( articolo 650 del Codice penale: inosservan­za del provvedime­nto dell’autorità): in 15 giorni vennero deferite 115.738 persone/ attività con procedimen­ti poi ovviamente subito evaporati e trasformat­i in altrettant­e sanzioni amministra­tive. Proprio il versante penale però potrebbe tornare in auge - e senza necessità di alcuna modifica normativa - se divampasse la protesta/ resistenza massiva contro le chiusure dei luoghi di somministr­azione. Il codice penale infatti contiene una norma - di cui peraltro non si conoscono recenti applicazio­ni - che prevede l’ipotesi di « delitti colposi contro la salute pubblica » anche in riferiment­o alle « epidemie » . Se ( caso di scuola ma da non escludere a priori) durante l’esercizio vietato e perciò abusivo di ristorazio­ne dovessero verificars­i focolai ai tavoli - ovviamente dimostrati - in teoria la polizia giudiziari­a potrebbe spingersi a contestare reati con esiti sanzionato­ri tutt’altro che simbolici.

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