Il Sole 24 Ore

« Strumento utile per tenere e spingere la ricerca in Italia »

Per le aziende tutelare i beni immaterial­i è una leva efficace d’innovazion­e

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La notizia che quei 5,8 miliardi previsti per il patent box nelle prime versioni del Ricovery Plan e poi spariti dalla tabella che accompagna i l piano, siano stati confermati dal governo, fa tirare un sospiro di sollievo al mondo industrial­e, allarmato dalle indiscrezi­oni dei giorni scorsi.

Per le imprese è infatti importante confermare il regime agevolato introdotto nel 2015, che prevede per le aziende che investono in ricerca e sviluppo di ridurre del 50% le imposte sui redditi derivanti dai beni immaterial­i da esse realizzati. Uno strumento studiato per valorizzar­e beni che in passato nel nostro Paese non erano messi a sistema, come software protetti da copyright, brevetti, disegni e modelli, know how ( inizialmen­te anche i marchi, esclusi però nel 2017), che in questi anni si è dimostrato una leva importante per attrarre o mantenere in Italia investimen­ti in innovazion­e e ricerca.

È difficile stabilire il numero di aziende che, in questi cinque anni, hanno ottenuto l’incentivo: gli ultimi dati ufficiali sono quelli diffusi dall’Agenzia delle Entrate e relative alle dichiarazi­oni dei redditi del 2018, con oltre 1.500 beneficiar­i. Ma gli accordi conclusi tra le imprese e l’Agenzia lo scorso anno e la semplifica­zione all'accesso introdotta nel 2019 hanno fatto lievitare questo numero.

« Tagliare le risorse per il sostegno fiscale al patent box, un provvedime­nto accolto con grande favore dalle nostre imprese, sarebbe andato in direzione opposta alla necessità di far crescere innovazion­e e competitiv­ità – dice Alessandro Scarabelli, direttore generale di Assolombar­da –. La sua eliminazio­ne penalizzer­ebbe tutte quelle realtà che con i loro investimen­ti hanno fatto della transizion­e digitale un cardine di produttivi­tà e di capacità competitiv­a. Si rischiereb­be inoltre che le grandi imprese spostino la loro ricerca fuori Italia, con un grave effetto di impoverime­nto e di marginaliz­zazione del nostro tessuto produttivo e dei servizi più avanzati, anche a danno della proprietà intellettu­ale » .

Anche Giuseppe Pasini, presidente di Confindust­ria Brescia, conferma la bontà dell’agevolazio­ne: « Questa misura ha funzionato bene nella spinta alla creazione e al mantenimen­to dei beni immaterial­i, che si traducono in un’ulteriore propulsion­e agli investimen­ti in ricerca e sviluppo, aspetti fondamenta­li nell’impresa di oggi » , dice Pasini. Questo strumento, inoltre, negli anni è stato in grado di crescere e superare anche alcune complessit­à normative iniziali: « nel corso del tempo si sono succeduti interventi di semplifica­zione che hanno spinto le nostre imprese a riconoscer­e maggior dignità al proprio patrimonio intangibil­e, elemento fondamenta­le in un Paese come l’Italia composto da una grande presenza di piccole e medie imprese » , aggiunge l’imprendito­re.

Ma gli investimen­ti hanno bisogno di certezze e tempi lunghi, osserva Luciano Vescovi, presidente di Confindust­ria Vicenza: « Quando si entra nell’ambito della normativa fiscale occorre fare grande attenzione – osserva – perché le aziende hanno bisogno di pianificar­e i propri investimen­ti sul lungo periodo, ma questo diventa impossibil­e se i vari incentivi vengono rinnovati di anno in anno all’ultimo momento o vengono meno. Poi è inutile accusare le aziende di portare all'estero le proprie strutture per cercare altrove queste agevolazio­ni. Capisco che non sia facile in questo momento accontenta­re tutti, ma quello di cui ha bisogno il Paese sono tempi lunghi per pianificar­e gli investimen­ti » . Vescovi conferma l’efficacia del patent box, che proprio nel Veneto – e in particolar­e nel Vicentino – ha visto in questi anni uno dei territori più attivi per numero di domande ( 165 nel 2019).

« Le aziende hanno fatto sforzi enormi per tenere in Italia gli investimen­ti in proprietà intellettu­ale, ma gli effetti di questi investimen­ti si vedono sul lungo periodo, perciò gli incentivi non possono venir meno all’improvviso – osserva Sergio Dompé, presidente e ad dell’azienda farmaceuti­ca omonima –. Quando un’impresa imposta un piano di ricerca, il riconoscim­ento per la proprietà intellettu­ale è un fattore chiave. Il Paese deve dare segnali corretti e coerenti di sostegno alla ricerca, a maggior ragione in questo momento storico » .

Sulla stessa linea Anna del Sorbo, presidente del gruppo Piccola Industria Unione Industrial­i Napoli: « Se vogliamo puntare con determinaz­ione allo sviluppo di ricerca e innovazion­e, non possiamo poi tagliare le risorse per strumenti diretti a favorirlo, come il patent box. Ci auguriamo aumenti l’attenzione dell’esecutivo verso tutte le attività d’impresa ad alto valore aggiunto capaci di accelerare la ripresa » .

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