High tech, l’Italia resta fanalino di coda nel ranking globale degli investimenti
Europa a troppo oppo frammentata sull’allocazione delle risorse impiegate in alte tecnologie Il rischio concreto è lasciare campo libero nel settore allo strapotere di Cina e Usa
Esce con le ossa rotte l’ Italia( e in buona parte l’Europa) dall’ultimo rapporto Kearney, colosso multinazionale della ricerca strategica, sulle alte tecnologie e sulle concentrazioni degli investimenti mondiali nel comparto Hightech.Ilr apporto dà la precisa percezione numerica di quanto divaricatosi a l’ approccio al tema tra Europa da una parte e dall’altra Usa, Cina e altri Orienti ( Corea del Sud e Giappone). Con un rischio forte: quello di una sudditanza tecnologica strutturale del vecchio continente con tutte le conseguenze che ne derivano: sotto il profilo industriale, competitivo e geopolitico .« Nel campo della R& D ( Rese arch and development, in italiano Ricerca e sviluppo, ndr) di alte tecnologie ogni ritardo, ogni mancato investimento, ogni miopia prospettica – spiega Claudio Campanini, partner e Managing director Italia diKearney- implicano per gli Stati, per le loro economie e per le loro aziende il rischio di cedere il passo a sistemi più reattivi e dinamici » . Che f are dunque? Le misure a sostegno del sistema europeo, secondo Kearney, necessitano di un cambio di passo. Innanzitutto da parte delle imprese che dovrebbero coordinarsi tra loro diventando più resilienti, aumentandole interconnessioni tra ricerca, sviluppo e impresa manifatturiera e accelerando l’adozione di misure più protettive nei confronti dell’ innovazione e della proprietà intellettuale. I governi dal canto l oro dovrebbero darsi da f are mettendo in campo incentivi fiscali finalizzati ad aumentare i l Roi delle aziende e ad incentivare ancora di più i l sistema dell’educazione e della formazione.
Venendo ai numeri della ricerca i l primo a balzare all’ occhio è la quota dei vari Pil nazionali destinata a investimenti i n ricerca e sviluppo in high tech. L’Europa dei 27 paesi investe i n R& S poco più di 400 miliardi, cifra che pesa sul Pil continentale per il 2% circa. Per Cina e gli Stati Uniti la cifra stanziata è rispettivamente di 551 miliardi e 526 miliardi. Con un’incidenza sul Pil che per l a Cina sfiora i l 2,5% eil 3 per gli Usa. Un indicatore che anche per i l Giappone giunge a lambire il 3% e che per la Corea si impenna al 4,5%. A prima vista dunque sembrerebbe che l’Europa non sia messa così mal e. Ma i l dato aggregato rischia di essere fuorviante.
In realtà, infatti, se si analizzano i dati per singolo Paese si vede platealmente come l’Europa, sul t ema, marci i n ordine sparso, con punte di eccellenza assolute seguite dai “discoli” ( tra cui l’Italia) che né studiano né si applicano. Ai primi sei posti della classifica europea per quota di investimenti in R& S sul Pil sono Svezia ( 3,3%), Austria e Germania ( 3,1%) Danimarca ( 3%) Finlandia ( 2,8%) e Belgio ( 2,7%).
L’Italia, con l’ 1,4% è al terz’ultimo posto a pari merito con il Portogallo e fa ( poco) meglio solo di Spagna, Grecia, Polonia, Irlanda. « L’Italia – precisa Campanini - si caratterizza, e non da oggi, per livelli di innovazione tecnologica focalizzata su settori di nicchia con aziende high tech dimensionalmente più ridotte rispetto ai concorrenti internazionali » . Il che si traduce nel rischio, per l’Italia, di una ridotta capacità di export con la conseguenza di una sempre maggiore dipendenza da economie e aziende estere. « E questo – sottolinea Campanini – non si limita ad essere vero per ciò che concerne le alte tecnologie in senso stretto ( cloud, data storage), ma pure per ciò che attiene, per fare un solo esempio, all’automotive, laddove gli investimenti in componentistica ad alta tecnologia hanno oramai soppiantato quelli tipici del settore auto.
Basti pensare che gli elementi elettronici contenuti in una batteria per veicoli pesano 3,6 volte tanto rispetto a quelli di un’autovettura costruita nel 2017. In una Tesla Modello 3, per esempio i semiconduttori contenuti costano al produttore circa 1.500 dollari. E nel futu rotale quota è destinata ad aumentare ».
Un altro dato che emerge dalla ricerca è il numero complessivo di nuovi brevetti registrati nel corso degli ultimi anni. Si parte da una tendenza che da sola indicala mutazione genetica del sistema Cina, paese oramai passato da mero polo produttivo che si limitava ad applicare pedissequamente le linee guida giunte dall’estero, per affermarsi sempre di più come autonomo po lodi innovazione e sperimentazione di alte tecnologie. Lodi-mostra il nume rodei brevetti registrati in Cina passato dai 75mila del 2014 ai 275mila del 2019 con un incremento del 275% in sei anni. Nel 2019 il rapporto tra brevetti high tech cinesi ed europei è stato del 12,2 a uno, nel 2014 era di 3,2 a uno.
Il rapporto Kearney passa poi in rassegna il numero complessivo di brevetti registrati dal 2014 al 2019. Ancora una volta la Cina risulta intesta con 1.416.000 brevetti registrati, seguita dagli Usa ( 1.182.000) e dal Giappone ( 1.045.000).
Sul fronte europeo degli 855.000 brevetti registrati tra il 2014 e il 2019, il 47% giungono dalla Ger mania, il 13% dall’ Uk, l’ 11% dalla Francia e soltanto il 7% dall’Italia. L’estinzione totale dell’Italia dalle classifiche dei primi dieci attori globali dell’high tech è meritoriamente evitata da due soli soggetti industriali: l’ italo francese Stm Micro electron ics( semiconduttori) e la Prysmian( cavi in fibra ottica ).
In tutti gli altri comparti, dal network di imprese, ai servizi It, alla connettività telefonica, all’elettronica di Consumo, ai beni bianchi( lavatrici-frigoriferi) l’ Italia ha perso e continua a perdere inesorabilmente quote di mercato. Un dato confermato da un altro indicatore: la percentuale di esportazioni di servizi commerciali ad alta intensità di conoscenza sul totale dell ’ export: a fronte di una crescita di Francia e Germania l’ Italia non solo non cresce ma, insieme alla Spagna, diminuisce. Brilla per assenza l’ Italia anche nel multicomparto cruciale delle comunicazioni e nello stoccaggio delle informazioni e dei pc e tablet server. Sul cloud in particolare a fronte del noto strapotere delle top 5 ( Amazon, Microsoft, Sales forces, Oracle, e Alibaba) non vi è traccia di aziende italiane. Come pure nel settore delle batterie( in quelle solari e al Nichel Cadmio) dei display dei sensorie della robotica.