AGIRE CONTRO I TECNOPIRATI DELLO SPORT IN TV
Bruxelles sembra voler recuperare il terreno perso negli ultimi anni, ponendo fine al far west normativo cui ha dato vita la romantica idea della free Internet. Lo studio commissionato dal Comitato Juri sul tema della pirateria online degli eventi sportivi sembra essere un altro tassello di questo più ampio progetto e potrebbe portare a delle felici sorprese.
In questi anni, l’Unione europea ha intrapreso la strada della regolamentazione della Rete, con un’azione decisa a tutela del diritto d’autore. Tra i capisaldi giuridici del Digital Service Act proposto dalla Commissione europea lo scorso dicembre sembra particolarmente interessante un principio troppo a lungo negletto: What is illegal offline is equally illegal online. Una volontà, dunque, di riportare ordine in una realtà nella quale l’assenza totale o quasi di regole ha, da un lato, consentito la crescita – ottima cosa - di alcuni giganti del web e dall’altro reso la società incapace di governare ciò che su Internet accadeva.
Nell’ambito di tale slancio teso a disciplinare i ruoli e i rapporti tra utenti, intermediari online e industrie dei contenuti ( e non solo) si colloca questo studio voluto dal Comitato Juri del Parlamento europeo. Il fenomeno della pirateria online degli eventi sportivi è negli ultimi anni cresciuto enormemente, con una accelerazione durante i lockdown, con stadi e pub chiusi a tutti gli appassionati.
Il Parlamento Ue si pone anzitutto un problema: ci vogliono nuove norme di legge che riconoscano agli organizzatori di eventi sportivi un diritto esclusivo a sfruttare economicamente l’evento sportivo o quelle esistenti bastano? Le norme in materia di proprietà intellettuale ( in primis, di
copyright) non sembrano all’altezza. L’evento sportivo, se non è basato su di una coreografia o comunque un “programma” prestabilito avente carattere creativo ( si pensi al nuoto sincronizzato), non è proteggibile. La
performance sportiva si svolge in maniera imprevista e dunque non è considerata frutto della creatività umana.
Diversi Paesi Ue hanno sviluppato forme di diritti connessi, come in Portogallo, dove esiste da tempo un “diritto allo spettacolo dal vivo”, che consente al suo organizzatore di sfruttare l’evento commercialmente. Ma pur sempre parliamo di un evento che ha come contenuto la performance dal vivo di opere protette dal copyright. Sono molti invece i Paesi Ue che, come l’Italia, hanno adottato norme volte ad accordare alle leghe o federazioni sportive il diritto di organizzare in esclusiva le videoriprese dei propri campionati e poi offrire sul mercato la “diretta tv” di tali eventi al miglior offerente. E qui sembra doversi accentrare l’attenzione del legislatore Ue.
Non si tratta di garantire il controllo dell’accesso all’evento sportivo, ma all’uso delle sue riprese televisive: i pirati non si procurano mai proprie riprese audiovisive dell’evento; piuttosto, “captano” il segnale emesso dalla emittente televisiva licenziataria del diritto di diffusione, per poi “deviarlo” verso server progettati per diffondere online trasmissioni in streaming.
Dirimente è allora garantire tanto alle emittenti televisive, quanto ai produttori delle riprese audiovisive ( in questo caso, gli sport organizer: il club, la lega o la federazione di appartenenza) un ampio diritto di comunicazione a distanza, come fatto già da tempo con i copyright owner: gli autori
SERVONO DIRITTI AD AMPIO SPETTRO GARANTITI DA UN REGOLAMENTO UE DI IMMEDIATA APPLICAZIONE
e i loro aventi causa. Si tratta di allargare lo spettro dei diritti esclusivi già oggi accordati a livello comunitario a produttori di audiovisivi e broadcaster, introducendo questo ampio diritto di comunicazione.
Più interessante, per l’incisività che può assumere l’iniziativa legislativa, è l’intervento sul piano degli strumenti di enforcement. L’analisi della situazione attuale in una decina di Paesi Ue, tra cui l’Italia, dimostra che l’uso delle più moderne tecniche di enforcement, oggi note come adaptive antipiracy tool, avviene, in modo diverso e per di più in pochi Paesi Ue. Si tratta di due moderne forme di ordini di blocco, o blocking order, che possono essere emessi dai tribunali nei casi di pirateria: i live blocking order ed i dynamic blocking order. I primi sono ordini che gli Internet service provider sono tenuti a eseguire per bloccare l’accesso degli utenti a siti internet che offrono streaming di eventi sportivi dal vivo: i siti da bloccare vengono individuati in una lista nera che viene costantemente aggiornata e il blocco copre la sola durata dell’evento “piratato”; i secondi sono ordini che bloccano non solo il domain name usato dal sito internet al momento dell’illecito, ma ogni altro successivo indirizzo adottato dai pirati ( che spesso cambiano l’Url dei propri siti proprio per sfuggire a ordini di blocco già emessi). La possibilità di adattare dinamicamente il sito target del blocco consente un’immediata attuazione, senza dover ogni volta tornare in aula.
Come giungere a un sistema di enforcement comunitario efficiente, che permetta una lotta alla pirateria cross- border? La risposta non sembra essere il ricorso a una nuova direttiva sull’enforcement. Questa esiste già, ha ricevuto un’attuazione incompleta in alcuni Paesi, come la Germania, e costituisce la base per provvedimenti giudiziari non sempre efficienti: solo pochi Stati membri rendono disponibili i live e i dynamic blocking order. La soluzione non può che essere costituita dall’adozione di un regolamento Ue, di immediata applicazione in tutti gli Stati membri.
La pirateria degli eventi sportivi è solo una delle forme di pirateria digitale. Fenomeni altrettanto dannosi si rintracciano anche nel settore della musica e del cinema. Se poi, come evidenziano tutti gli studi in materia, si pone attenzione al fatto che la pirateria non è un “gioco da ragazzi”, ma appannaggio della criminalità organizzata, che con i propri siti pirata diffondono virus e malware, allora un intervento deciso sembra necessario.
Partner Legance – Avvocati Associati