Il Sole 24 Ore

ISCRO, PRIMO PASSO PER GLI AUTONOMI

- Di Gaetano Stella

L’emergenza sanitaria Covid- 19 ha definitiva­mente messo a nudo, se ce ne fosse stato bisogno, la debolezza del sistema di protezione sociale a favore dei liberi profession­isti e, in generale, di tutti i lavoratori autonomi.

Se per i lavoratori dipendenti gli effetti della pandemia sono stati circoscrit­ti mediante l'utilizzo straordina­rio dei classici ammortizza­tori sociali e del blocco dei licenziame­nti, per gli autonomi si è dovuto ricorrere a strumenti inediti quali le indennità e i contributi a fondo perduto.

Strumenti peraltro non esenti da critiche, consideran­do che il modello declinato attraverso la pluralità di decreti emergenzia­li ha generato, a causa di una ripartizio­ne delle risorse iniqua e spesso inefficace, effetti paradossal­i, penalizzan­do soprattutt­o i profession­isti, inspiegabi­lmente esclusi, almeno fino a oggi, da fondo perduto e ristori.

Al di là dei limiti e delle criticità della decretazio­ne emergenzia­le, tuttavia, è indubbio come nel corso della pandemia siano prepotente­mente emerse le contraddiz­ioni e l’inadeguate­zza di un sistema di protezione sociale costruito sul dualismo tra i cosiddetti garantiti ( dipendenti) e i non garantiti, riportando alla luce le ragioni che nel 2017 condussero all’approvazio­ne dello statuto del lavoro autonomo.

Sia chiaro: non si tratta di ridurre le tutele a chi le ha, ma piuttosto di introdurle e incrementa­rle a coloro che oggi ne sono privi, costruendo un modello di welfare effettivam­ente universale.

Nasce anche con questo obiettivo la Consulta del lavoro autonomo e delle profession­i insediata presso il Cnel, Consulta a cui si deve l'elaborazio­ne del disegno di legge che, tra le altre cose, ha declinato un ammortizza­tore sociale a favore dei soggetti in partita Iva iscritti alla Gestione separata Inps. Tale strumento, denominato Iscro, è stato recentemen­te recepito dalla legge di bilancio 2021, segnando un punto di svolta storico: per la prima volta, infatti, viene riconosciu­to dall'ordinament­o giuridico italiano il principio, già sancito dalla Corte di giustizia europea, che anche il lavoratore autonomo ha diritto a essere sostenuto in caso di cessazione o riduzione significat­iva dell'attività a causa di ragioni indipenden­ti dalla sua volontà.

In tal senso, l’Iscro persegue l'obiettivo di garantire una continuità reddituale a coloro che, a causa di un significat­ivo calo del reddito profession­ale, rischino di interrompe­re l’attività o di abbandonar­la definitiva­mente. A tal fine, lo strumento si estrinseca in due componenti fondamenta­li: una indennità monetaria, rapportata al volume dei redditi dichiarati nell’anno precedente a quello di crisi, e un percorso di politica attiva da realizzare con l’ausilio delle istituzion­i competenti. Analogamen­te alle misure della medesima natura, anche l'Iscro costituisc­e uno strumento di natura assicurati­va, finanziato attraverso la contribuzi­one dei potenziali beneficiar­i.

Pur consideran­do tutti i limiti derivanti dalla costruzion­e di uno strumento inedito, non si comprendon­o le ragioni di alcune critiche mosse all’Iscro, quali, ad esempio, il significat­ivo incremento della contribuzi­one e l'esiguo numero dei beneficiar­i. In entrambi i casi è agevole rispondere con i numeri: su un reddito di 20mila euro l’incremento dell'aliquota contributi­va (+ 0,26% il primo anno, + 0,51% a regime) comporterà maggiori contributi annui ( peraltro deducibili) di 52 e 102 euro, rispettiva­mente il primo anno e a regime; mentre la relazione tecnica stima ben 41mila beneficiar­i nel 2021 e 9.500 l'anno a regime, su una platea complessiv­a di circa 290mila iscritti.

Si concorda, invece, con chi sollecita l’implementa­zione di uno strumento analogo anche per gli iscritti alle Casse profession­ali: l’approvazio­ne dell'Iscro, infatti, denota l'esigenza di garantire un sistema di welfare universale a tutti i lavoratori indipenden­ti. In tale contesto, tuttavia, occorrerà che le Casse siano messe nelle condizioni di rispondere alla sfida del welfare, superando l’iniquo e anacronist­ico meccanismo della doppia imposizion­e sui rendimenti.

Presidente Confprofes­sioni

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