Le autorità fiscali possono pubblicare i dati di chi evade
Lo ha stabilito la Cedu con la sentenza depositata ieri in una causa ungherese
Le autorità fiscali possono pubblicare sul proprio portale i dati di chi non paga le tasse. Nessuna violazione del diritto al rispetto della vita privata perché prevale quello della collettività a essere informata. Tanto più se le autorità competenti escludono commenti dall’esterno. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza depositata ieri nella causa L. B. contro Ungheria ( n. 36345/ 16).
L’Agenzia nazionale competente in materia fiscale e doganale aveva deciso, come misura per combattere l’evasione fiscale, di pubblicare sul proprio portale un elenco delle persone che avevano evaso il fisco, limitatamente, però, a coloro che avevano arretrati e debiti superiori, all’epoca dei fatti, a circa 30mila euro.
Tra le informazioni fornite, oltre al nominativo, il codice fiscale, l’indirizzo e l’ammontare delle tasse non pagate. Le informazioni pubblicate nel sito web dell’Agenzia erano state riprese anche in altri siti e diffuse online. Uno dei destinatari della misura si è rivolto alla Corte europea che, però, gli ha dato torto.
Strasburgo, in primo luogo, ha chiarito che i dettagli sulle entrate dei cittadini, dei quali, tra l’altro, era stata anche pubblicata la residenza, rientrano nella nozione di vita privata e, quindi, nel diritto garantito dall’articolo 8 della Convenzione europea.
Nessun dubbio, quindi, per la
Corte che la misura è stata un'ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata, anche se prevista dalla legge interna.
Detto questo, però, la Corte riconosce che la misura scelta rientra nella politica legislativa in materia fiscale ed è funzionale a garantire l'economia del Paese e i diritti degli altri individui.
In quest’ambito – osserva Strasburgo – gli Stati hanno un ampio margine di apprezzamento nella scelta di misure economiche o sociali, pur dovendo rispettare un giusto bilanciamento tra i diritti in gioco. Lo Stato ha chiarito che la pubblicazione dei dati serviva a fronteggiare l’evasione fiscale e, sul punto, la Corte ritiene che non è irragionevole sostenere che rendere di pubblico dominio queste informazioni possa portare a un risultato utile a impedire ai cittadini di sottrarsi agli obblighi di pagamento delle tasse.
La diffusione di queste notizie, inoltre, è un’informazione di valore per la collettività poiché si tratta di una questione di interesse generale. Non solo. Le informazioni erano state rimosse dal sito appena il ricorrente aveva versato quanto doveva, dimostrando che l'obiettivo delle autorità nazionali era solo quello di tutelare l'interesse generale. È vero, poi, che la pubblicazione dell'indirizzo può avere serie conseguenze sulla vita privata, ma era necessaria per evitare confusioni sull’identità della persona coinvolta.
In ultimo, la Corte riconosce che la pubblicazione sul web ha un impatto negativo sulla vita privata maggiore rispetto ad ogni altro mezzo di comunicazione ma, in forza del diritto della collettività ad essere informata, non si è configurata una violazione della Convenzione.