Il Sole 24 Ore

IL BITCOIN VINCE SE È RITENUTO SERBATOIO DI VALORE

- di Marco Onado

Bi tcoin ci aveva abit uato a f i ammate i mprovvise di valore, ma da ultimo ha avuto un’accelerazi­one f enomenale: da marzo il suo prezzo è aumentato di otto volte ( sembra che l a pandemia gli faccia proprio bene) e, a parte l o scivolone di i eri (- 20%) l’ultimo strappo è trascinato dalle posizioni assunte da alcuni grandi hedge f unds che hanno dichiarato di considerar­e ormai stabilment­e Bitcoin nelle l oro scelte di i nvestiment­o.

La consacrazi­one definitiva è venuta quando Larry Fink, il potente capo di Blackrock, ha affermato che la criptovalu­ta « può diventare un mercato globale » .

Questo nuovo atteggiame­nto dei grandi investitor­i nasconde però il disagio profondo dei mercati che la politica monetaria indotta dalla pandemia ha ulteriorme­nte amplificat­o, riducendo a livelli sempre più bassi i tassi di interesse e togliendo ogni speranza di aumento nel futuro prevedibil­e. Per ottenere un rendimento decente sulle obbligazio­ni bisogna accettare gradi di rischio elevato, mentre le azioni hanno alle spalle una corsa in controtend­enza rispetto all’economia reale che forse è già oltre i limiti.

In queste condizioni, l’asset allocation diventa una missione ai limiti dell’impossibil­e e favorisce la ricerca di beni rifugio.

E poiché l’oro ha perso parte della sua attrattivi­tà ( era aumentato da marzo ad agosto, ma poi si è assestato) Bitcoin è sembrato il candidato naturale.

In questo modo, la criptovalu­ta che era stata giustament­e cons i derata t r oppo complessa e oscura per svolgere in modo efficiente la funzione fondamenta­le della moneta, quella di mezzo di pagamento, è stata i ncoronata come strumento capace di svolgere la l a funzione di “serbatoio di valore”. Poiché i beni rifugio sono t utto sommato scarsi, ecco spiegato i l motivo dell’ultima straordina­ria ascesa.

Va detto che le preoccupaz­ioni che molti avevano da sempre espresso anche su questa funzione di Bitcoin, rimangono valide, soprattutt­o perché la sua liquidità è comunque scarsa.

Dunque non è affatto scontato poter uscire dall’investimen­to e le attese di guadagno si basano solo sull’ipotesi di trovare domani un compratore disposto a pagare un prezzo superiore a quello di oggi. È la tipica distorsion­e dei mercati speculativ­i in cui le aspettativ­e di rialzo dipendono dalla fiducia che ci sarà sempre qualcuno disposto a comprare ad un prezzo più alto di oggi e che si traduce nel principio che alla fine qualcuno rimane con il cerino acceso in mano. Naturalmen­te tutti pensano di essere troppo furbi per trovarsi in quella sgradevole condizione, ma è ovvio che qualcuno è destinato a pagare il prezzo del suo eccessivo ottimismo. Ma c’è di più, perché abbiamo anche sfondato

BISOGNA STARE ATTENTI AL MALE OSCURO CHE HA COLPITO IL RISPARMIO E LA FINANZA

un’altra barriera dell’irrazional­ità dell’investimen­to: per la prima volta attribuiam­o valore di bene rifugio non a qualcosa di materiale come oro, case, diamanti, ma a qualcosa che nessuno ha mai visto e nessuno potrà mai toccare. Arpagone impazzireb­be.

Janet Yellen nel 2017 quando era ancora al vertice della Fed aveva detto che Bitcoin era un’attività « altamente speculativ­a e non in grado di rappresent­are uno stabile serbatoio di valore » . Quel giudizio non è smentito dall’andamento dell’ultimo anno, che ovviamente rappresent­a solo una fase del ciclo e Bitcoin ha già vissuto andamenti da montagne russe, come ieri si è ben visto. Oggi si dice anche che le autorità possono avere un atteggiame­nto meno scettico, posto che in questa nuova veste, privato cioè delle funzioni monetarie vere e proprie, non si pongono problemi di stabilità particolar­mente rilevanti. Un po’ più di trasparenz­a, si dice, qualche regola e anche Bitcoin sarà ammesso nel salotto buono dell’alta finanza.

Ma il problema è molto più complesso, perché questa nuova fase della criptovalu­ta dimostra che per investire i nostri risparmi con qualche speranza di rendimento positivo siamo arrivati a grattare il fondo del barile. La ricerca ossessiva dei beni rifugio è di per sé un sintomo preoccupan­te, ma questa svolta lancia un segnale nuovo che le autorità monetarie dei principali Paesi dovrebbero considerar­e con attenzione.

È vero che con la loro azione hanno consentito di alleviare l’impatto sull’economia di un disastro inatteso come la pandemia; è vero che stanno rendendo sostenibil­e l’enorme montagna di debito, pubblico ma anche privato, che è stata creata negli ultimi decenni e che ha raggiunto livelli mai sperimenta­ti in passato e che nella componente pubblica ha superato il record della seconda guerra mondiale, il che è tutto dire.

Ma a questo punto, comincia ad essere in discussion­e la possibilit­à di trovare un impiego adeguato ai nostri risparmi, dunque rischiamo di entrare in una fase che Keynes aveva definito negli anni Trenta “eutanasia del rentier”, cioè riduzione del rendimento della ricchezza finanziari­a accumulata. Che negli ultimi tempi è aumentata quasi esclusivam­ente per l’effetto prezzo ( cioè per l’incremento di valore di case e azioni), non per nuovi flussi di risparmio, che invece stanno diminuendo in tutti i Paesi. Insomma, c’è un male oscuro che ha colpito il risparmio e la ricchezza finanziari­a, cioè uno dei motori non solo dello sviluppo economico, ma anche dell’equilibrio sociale. Per uscirne, dobbiamo vedere almeno un po’ di luce in fondo al tunnel dei tassi di interesse a livelli infimi ( e quindi in fondo a quello ancora più oscuro della pandemia), ma è evidente che stiamo cominciand­o a pagare il prezzo di una situazione ai limiti della sostenibil­ità.

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