IL BITCOIN VINCE SE È RITENUTO SERBATOIO DI VALORE
Bi tcoin ci aveva abit uato a f i ammate i mprovvise di valore, ma da ultimo ha avuto un’accelerazione f enomenale: da marzo il suo prezzo è aumentato di otto volte ( sembra che l a pandemia gli faccia proprio bene) e, a parte l o scivolone di i eri (- 20%) l’ultimo strappo è trascinato dalle posizioni assunte da alcuni grandi hedge f unds che hanno dichiarato di considerare ormai stabilmente Bitcoin nelle l oro scelte di i nvestimento.
La consacrazione definitiva è venuta quando Larry Fink, il potente capo di Blackrock, ha affermato che la criptovaluta « può diventare un mercato globale » .
Questo nuovo atteggiamento dei grandi investitori nasconde però il disagio profondo dei mercati che la politica monetaria indotta dalla pandemia ha ulteriormente amplificato, riducendo a livelli sempre più bassi i tassi di interesse e togliendo ogni speranza di aumento nel futuro prevedibile. Per ottenere un rendimento decente sulle obbligazioni bisogna accettare gradi di rischio elevato, mentre le azioni hanno alle spalle una corsa in controtendenza rispetto all’economia reale che forse è già oltre i limiti.
In queste condizioni, l’asset allocation diventa una missione ai limiti dell’impossibile e favorisce la ricerca di beni rifugio.
E poiché l’oro ha perso parte della sua attrattività ( era aumentato da marzo ad agosto, ma poi si è assestato) Bitcoin è sembrato il candidato naturale.
In questo modo, la criptovaluta che era stata giustamente cons i derata t r oppo complessa e oscura per svolgere in modo efficiente la funzione fondamentale della moneta, quella di mezzo di pagamento, è stata i ncoronata come strumento capace di svolgere la l a funzione di “serbatoio di valore”. Poiché i beni rifugio sono t utto sommato scarsi, ecco spiegato i l motivo dell’ultima straordinaria ascesa.
Va detto che le preoccupazioni che molti avevano da sempre espresso anche su questa funzione di Bitcoin, rimangono valide, soprattutto perché la sua liquidità è comunque scarsa.
Dunque non è affatto scontato poter uscire dall’investimento e le attese di guadagno si basano solo sull’ipotesi di trovare domani un compratore disposto a pagare un prezzo superiore a quello di oggi. È la tipica distorsione dei mercati speculativi in cui le aspettative di rialzo dipendono dalla fiducia che ci sarà sempre qualcuno disposto a comprare ad un prezzo più alto di oggi e che si traduce nel principio che alla fine qualcuno rimane con il cerino acceso in mano. Naturalmente tutti pensano di essere troppo furbi per trovarsi in quella sgradevole condizione, ma è ovvio che qualcuno è destinato a pagare il prezzo del suo eccessivo ottimismo. Ma c’è di più, perché abbiamo anche sfondato
BISOGNA STARE ATTENTI AL MALE OSCURO CHE HA COLPITO IL RISPARMIO E LA FINANZA
un’altra barriera dell’irrazionalità dell’investimento: per la prima volta attribuiamo valore di bene rifugio non a qualcosa di materiale come oro, case, diamanti, ma a qualcosa che nessuno ha mai visto e nessuno potrà mai toccare. Arpagone impazzirebbe.
Janet Yellen nel 2017 quando era ancora al vertice della Fed aveva detto che Bitcoin era un’attività « altamente speculativa e non in grado di rappresentare uno stabile serbatoio di valore » . Quel giudizio non è smentito dall’andamento dell’ultimo anno, che ovviamente rappresenta solo una fase del ciclo e Bitcoin ha già vissuto andamenti da montagne russe, come ieri si è ben visto. Oggi si dice anche che le autorità possono avere un atteggiamento meno scettico, posto che in questa nuova veste, privato cioè delle funzioni monetarie vere e proprie, non si pongono problemi di stabilità particolarmente rilevanti. Un po’ più di trasparenza, si dice, qualche regola e anche Bitcoin sarà ammesso nel salotto buono dell’alta finanza.
Ma il problema è molto più complesso, perché questa nuova fase della criptovaluta dimostra che per investire i nostri risparmi con qualche speranza di rendimento positivo siamo arrivati a grattare il fondo del barile. La ricerca ossessiva dei beni rifugio è di per sé un sintomo preoccupante, ma questa svolta lancia un segnale nuovo che le autorità monetarie dei principali Paesi dovrebbero considerare con attenzione.
È vero che con la loro azione hanno consentito di alleviare l’impatto sull’economia di un disastro inatteso come la pandemia; è vero che stanno rendendo sostenibile l’enorme montagna di debito, pubblico ma anche privato, che è stata creata negli ultimi decenni e che ha raggiunto livelli mai sperimentati in passato e che nella componente pubblica ha superato il record della seconda guerra mondiale, il che è tutto dire.
Ma a questo punto, comincia ad essere in discussione la possibilità di trovare un impiego adeguato ai nostri risparmi, dunque rischiamo di entrare in una fase che Keynes aveva definito negli anni Trenta “eutanasia del rentier”, cioè riduzione del rendimento della ricchezza finanziaria accumulata. Che negli ultimi tempi è aumentata quasi esclusivamente per l’effetto prezzo ( cioè per l’incremento di valore di case e azioni), non per nuovi flussi di risparmio, che invece stanno diminuendo in tutti i Paesi. Insomma, c’è un male oscuro che ha colpito il risparmio e la ricchezza finanziaria, cioè uno dei motori non solo dello sviluppo economico, ma anche dell’equilibrio sociale. Per uscirne, dobbiamo vedere almeno un po’ di luce in fondo al tunnel dei tassi di interesse a livelli infimi ( e quindi in fondo a quello ancora più oscuro della pandemia), ma è evidente che stiamo cominciando a pagare il prezzo di una situazione ai limiti della sostenibilità.