Ristori, il nuovo deficit arriva a 32 miliardi
Le risorse. Cresce lo scostamento all’esame del Consiglio dei ministri notturno Ai ristori base di partenza da almeno 4-6 miliardi, 1,2 al reddito di cittadinanza Il Dl ponte sulle cartelle. Sul tavolo del Cdm il decreto legge per fermarle, poi definizion
Sale intorno a quota 32 miliardi il deficit aggiuntivo che il governo chiederà al Parlamento, e un decreto ponte ferma subito le cartelle fino a fine mese. Il nuovo scostamento, di cui si è discusso in consiglio dei ministri fino a notte, è cresciuto (come da previsioni) spinto da una lista della spesa che di giorno in giorno si è allungata come accaduto nei precedenti decreti anticrisi. E che ai ristori veri e propri potrebbe dedicare una quota da 4-6 miliardi, in aggiunta ai 5,3 del fondo già costruito con il decreto quater alla fine del 2020. Altri 5 miliardi sono destinati al capitolo lavoro, dominato dal rifinanziamento della Cig Covid che sarà rinnovata così come le indennità per i lavoratori stagionali di turismo e sport. Una fetta da 1,2 miliardi andrebbe a rafforzare i fondi per il reddito di cittadinanza, in rincorsa alla povertà crescente con la crisi economica. La cifra legata alla sanità appare in salita verso i 4 miliardi, 1,5 dei quali dedicati all’acquisto dei vaccini antiCovid. Sul tavolo anche un miliardo per gli enti locali e almeno un paio di miliardi per il capitolo fiscale in cui si ragiona su una nuova tornata di definizioni agevolate e saldo e stralcio da collegare al minirinvio per la riapertura della riscossione e al possibile allungamento dei termini di prescrizione delle cartelle. Lo scostamento sarà anche l’occasione per recuperare le coperture da quasi 7 miliardi per la parte di Transizione 4.0 uscita dal Recovery Plan in seguito alla sua rimodulazione che ne ha ribilanciato i finanziamenti privilegiando gli investimenti pubblici. Sul tavolo anche un minidecreto ponte per le cartelle.
La mossa porterebbe il disavanzo di quest’anno poco sotto il 9%, all’interno di un quadro di finanza pubblica che però andrà aggiornato nelle prossime settimane. Tutti gli osservatori, anche alla luce dell’andamento di un’epidemia che non dà tregua, ipotizzano per quest’anno una crescita decisamente più lenta rispetto all’obiettivo del 6% indicato dal governo. Con un conseguente, inevitabile, aumento ulteriore del livello di deficit, instradato verso la doppia cifra anche quest’anno. L’aggiornamento non dovrebbe invece portare ulteriori notizie negative sulla chiusura del 2020, che secondo il ministro dell’Economia vedrà un consuntivo anche «leggermente migliore» degli ultimi calcoli che hanno stimato un crollo del Pil del 9 per cento.
La richiesta di disavanzo ora passerà in Parlamento dove il voto è previsto per mercoledì prossimo, 20 gennaio, al netto delle tante incognite prodotte dalla crisi di governo. Incognite, in questo caso, più procedurali che politiche: perché Italia Viva ha già annunciato il proprio voto favorevole, non è escluso che un «sì» possa arrivare anche dalle opposizioni perché è politicamente complicato bloccare il deficit che serve per gli aiuti all’economia.
Ma se il governo dovesse arrivare all’appuntamento già dimissionario, l’avvio di un nuovo maxi-deficit, delle dimensioni di una legge di bilancio, rischierebbe di esondare rispetto ai limiti dell’attività «ordinaria» a cui è vincolato un esecutivo in uscita. Anche i tempi del voto parlamentare, e quindi del decreto Ristori 5 al momento atteso per la prossima settimana appena dopo il disco verde delle Camere, sono quindi appesi alle chance di Conte di trovare al Senato un numero sufficiente di parlamentari disposti a entrare in maggioranza.
Anche il prossimo decreto è intitolato ai «Ristori», che accompagnano la nuova fase di chiusure anti-pandemia avviata dagli ultimi provvedimenti e indirizzata a una probabile ulteriore stretta. Ma gli indennizzi alle attività economiche colpite dalle misure contro il contagio occuperanno poco più di un terzo del provvedimento.
Nelle intenzioni del governo, il decreto sarebbe l’occasione per estendere i ristori alle categorie colpite dalle ultime chiusure, a partire dal turismo invernale, ma anche per «perequare» gli aiuti in favore di chi è stato penalizzato dal vecchio criterio, collegato alle sole perdite di aprile, e dai limiti alla platea fissati dalle liste dei codici Ateco. L’allargamento, oltre che alle attività economiche delle “filiere” come i fornitori di bar, ristoranti e altri esercizi chiusi per decreto, dovrebbe riguardare anche i professionisti iscritti alle Casse privatizzate, esclusi dagli ultimi Ristori. Per le partite Iva è in programma anche un rifianziamento del fondo che sostiene la decontribuzione.
I numeri dei singoli interventi però sono ancora mobili. E troveranno pace solo dopo la definizione del ricco capitolo fiscale. Il suo primo compito è di gestire la ripartenza dei 50 milioni di cartelle e avvisi fin qui sospesi dallo stop alla riscossione: stop che dovrebbe essere allungato con un minidecreto fino alla fine del mese, in attesa di misure più complete. Per dare più tempo al fisco si studia anche l’allungamento dei termini di decadenza (Sole 24 Ore di mercoledì): ma ad ammorbidire l’atterraggio potrebbero intervenire anche nuove misure di definizione agevolata e saldo e stralcio: se i conti torneranno.
Gli indennizzi alle attività economiche colpite occuperanno poco più di un terzo del provvedimento