Taranto, la strategia turca per rilanciare il porto
La Yilport in sei mesi ha raddoppiato le linee dopo un lungo stop
A sei mesi dal riavvio dell'attività dopo cinque anni di fermo totale, il terminal container del porto di Taranto, affidato in concessione ai turchi di Yilport che lo gestiscono con la società San Cataldo Container Terminal (Scct), raddoppia le linee feeder. Queste fanno capo alla compagnia francese Cma-Cgm partecipata da Yilport. Alla intramediterranea Turmed (Turchia, Malta, Italia, Tunisia), si è aggiunta Adrinaf (Algeria, Malta, Italia, Slovenia e Croazia), ma soprattutto nel terminal sta crescendo l'occupazione e si avviano all'operatività le gru di banchina. Già in esercizio la prima dello stock sottoposto a manutenzione. E ieri, intanto, è stato ufficializzato il decreto con cui il ministro Paola De Micheli ha nominato per un secondo mandato Sergio Prete presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, porto di Taranto.
«Abbiamo riattivato i traffici intercontinentali e nel 2020 Taranto si è riposizionata sulle mappe internazionali dello shipping e dei traffici commerciali containerizzati quale hub strategico del Mediterraneo» dichiara Raffaella Del Prete, general manager della Scct. Certo, i volumi non sono ancora significativi, Turmed lavora soprattutto con l'import, «ma provate ad immaginare lo start up di un'azienda come la nostra in piena pandemia» commenta Del Prete. In effetti, ottenuta la concessione dall'Autorità portuale a fine luglio 2019, il terminal sarebbe dovuto partire ad aprile 2020, ma il Covid ha fatto slittare tutto a metà luglio. Le due linee feeder caricano e scaricano container in una serie di porti da dove poi le merci raggiungono le destinazioni finali. Turmed ha cadenza bisettimanale mentre Adrinaf settimanale. Quest'ultima da Taranto aggancia i porti adriatici e quelli di Slovenia e Croazia aprendosi così ad ulteriori mercati.
«Rispetto al passato, il terminal spiega Del Prete - sta anche diversificando i propri servizi inserendo gli special cargo e i project cargo, cioè quel tipo di merce che per peso e dimensioni non può essere trasportata in container». «Sono stati avviati e completati con successo - prosegue - sia un'attività di special cargo (spostamento e carico su nave di 2 piattaforme petrolifere), che una di general cargo». Si tratta in quest'ultimo caso dello scarico da una nave mercantile di oltre 100 tubi da circa 13 metri e dal peso di diverse tonnellate cadauno. «I tubi - spiega Del Prete sono stati posizionati a piazzale per essere caricati su mezzi gommati e raggiungere le destinazioni finali. Nei primi 3 mesi del 2021 - sottolinea la general manager - avremo disponibilità importanti per l'attività del terminal: 2 gru di banchina e 4 gru di piazzale saranno operative entro febbraio». Queste consentiranno di far arrivare al molo polisettoriale navi più grandi e quindi di aumentare il traffico. Sinora, invece, Yilport ha utilizzato le gru a bordo nave che hanno una capacità di movimentazione più limitata. Il personale al lavoro è costituito da 81 ex Taranto container terminal (la società di Evergreen che ha abbandonato il porto nel 2015). Ne restano altri 420 del bacino ex Tct da riassorbire, attualmente in carico all'Agenzia per il lavoro portuale.
Anche il porto di Taranto, come tutti gli scali, archivia un 2020 pesante. I dati del primo semestre indicano -31,3%: da 10,737 a 7,380 milioni di tonnellate movimentate. Mentre il bilancio del 2019 sul 2018 segnava -11,3%. «Tra Covid e crisi di ArcelorMittal, che nel 2020 ha prodotto il minimo storico con 3,4 milioni di tonnellate di acciaio, negativi il primo e secondo trimestre, segnali di ripresa invece nel terzo» commenta Prete. In quest'anno si attendono sia il decollo della Zona franca Doganale (seconda in Italia dopo Trieste) che l'avanzamento del progetto esecutivo del gruppo Ferretti che sullo yard ex Belleli, dopo la bonifica, costruirà yacht. «Ferretti è un nuovo intervento del Contratto istituzionale Taranto - afferma Mario Turco, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, coordinatore del Contratto istituzionale Taranto -, con una previsione di risorse per oltre 170 milioni , di cui 35 per l'accordo di sviluppo, circa 60 per il completamento della bonifica dell'area e oltre 80 di investimenti privati».