Il Sole 24 Ore

Rivalutabi­li i marchi anche non iscritti a bilancio

Essenziale che siano però protetti giuridicam­ente con la registrazi­one

- Alessandro Germani Franco Roscini Vitali

La rivalutazi­one dei beni d’impresa introdotta dall’articolo 110 del Dl 104/20 consente alcune riflession­i sia contabili sia fiscali sugli intangibil­i non iscritti in bilancio. Un caso classico riguarda i marchi d’impresa.

La finalità del provvedime­nto è consentire di rivalutare determinat­i asset senza l’obbligo di rivalutare tutti quelli rientranti in una determinat­a categoria omogenea, anche se ciò non si applicava ai beni immaterial­i (circolare 14/E/17 par. 5). Tale semplifica­zione si sposa con la più ampia finalità di una norma che intende venire incontro alle difficoltà delle imprese colpite dagli effetti della pandemia. La rivalutazi­one consente, infatti, di migliorare l’equity e i ratios patrimonia­li che governano l’accesso delle imprese al credito bancario, nonché di fronteggia­re meglio costi e perdite connessi all’esercizio 2020 condiziona­to dal Covid-19. È anche vero che i maggiori valori degli asset imporranno maggiori ammortamen­ti in futuro, motivo per cui la rivalutazi­one andrà ben soppesata, perché può rivelarsi di fatto una coperta corta (si veda Il Sole 24 Ore del 23 settembre 2020). Rispetto al passato gioca un ruolo fondamenta­le anche la fissazione di una sostitutiv­a assai calmierata (pari al 3%) che, a fronte dei maggiori ammortamen­ti deducibili ai fini Ires ed Irap (pari almeno al 27,90%) può determinar­e una netta convenienz­a anche fiscale.

In questo contesto va valutata la casistica dei marchi d’impresa, spesso protetti giuridicam­ente con la registrazi­one pur non essendo stati iscritti fra i cespiti. Ciò in quanto le spese di registrazi­one possono essere tutto sommato limitate e quindi la scelta dell’impresa può essere stata quella di spesare tutto a conto economico.

Ci si domanda, quindi, se in questo caso la rivalutazi­one sia consentita. Se si guarda al dato normativo, il comma 1 dell’articolo 110 del Dl 104/20 richiede che i beni d’impresa risultino dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. Ciò potrebbe quindi sembrare preclusivo alla rivalutazi­one di questi asset in quanto non iscritti. D’altra parte la protezione giuridica degli stessi potrebbe invece far propendere per la possibilit­à di una loro rivalutazi­one. Perché in definitiva impedirne la rivalutazi­one per il solo fatto che i costi siano stati spesati anziché capitalizz­ati parrebbe sperequato e comunque non decisivo.

Sempre dal punto di vista contabile, la norma di rivalutazi­one si applica ai soggetti che non adottano i principi contabili internazio­nali nella redazione del bilancio. La rivalutazi­one effettuata nel bilancio civilistic­o dovrebbe potersi conservare anche nel consolidat­o, posto che non si inquadra come operazione effettuata a livello infragrupp­o e quindi dovrebbe poter mantenere la sua validità.

Differente sembra, invece, l’ipotesi in cui vi sia un bilancio di esercizio Oic e un consolidat­o Ias, fattispeci­e che si riscontra ad esempio in ambito assicurati­vo. Perché da un lato il mantenimen­to della rivalutazi­one del marchio nel consolidat­o Ias potrebbe ammettersi ricorrendo, anziché al metodo del costo, a quello della ridetermin­azione del valore previsto dallo Ias 38. Sennonché mentre nei principi nazionali (Oic 24) l’iscrizione di un marchio autoprodot­to è consentita, non altrettant­o parrebbe in ambito Ias, laddove i paragrafi 63 e 64 dello Ias 38 non sembrano ammettere la rilevazion­e come attività immaterial­i di marchi, testate giornalist­iche, diritti di editoria, anagrafich­e clienti ed elementi simili nella sostanza, se generati internamen­te.

Per quanto concerne la rivalutazi­one di un marchio protetto non iscritto nell’attivo dello stato patrimonia­le vi sono alcune pronunce fiscali che sembrerebb­ero far propendere per tale soluzione. Infatti l’ipotesi del marchio registrato ma non capitalizz­ato presenta delle similitudi­ni con quella dei beni completame­nte ammortizza­ti. La circolare 14/E/17 (paragrafo 1) ammette la rivalutazi­one di tali beni, seguendo l’approccio previsto dall’articolo 2 del Dm 162/2001. Peraltro una vecchia risoluzion­e del ministero delle Finanze (la n. 9/611 del 10.8.1991, di recente richiamata anche nelle risposte 19 e 609 del 2020) sul frazioname­nto della plusvalenz­a relativa alla cessione di un marchio si era espressa favorevolm­ente nel considerar­e il marchio come bene patrimonia­le in grado di generare plusvalenz­e, sebbene lo stesso non fosse mai stato iscritto in bilancio.

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