Il Sole 24 Ore

I CALCOLI DI CONVENIENZ­A DEL PD TRA CONTE E RENZI

- Di Lina Palmerini

Non c’è solo il conto dei numeri in Parlamento e dei rischi che corre il Governo, e il premier innanzitut­to. Così come non c’è solo la caccia ai responsabi­li, che sembra stia andando male. Quello che in queste ore tormenta il Pd - che sente di avere il pallino - sono altri calcoli, più di convenienz­a politica ed elettorale. Tutto sta in una domanda: se al partito di Zingaretti convenga di più un Conte che si lancia nella sfida contro Renzi e apra alla prospettiv­a di una sua lista oppure tornare a trattare con Iv anche rimangiand­osi quell’accusa di «inaffidabi­lità» contro il suo leader.

In varie riflession­i tra Dem delle diverse correnti, questo interrogat­ivo ha avuto già una risposta: cioè che è meglio tornare a negoziare con un partitino del 2-3% che favorire l’ascesa di un Conte sempre più in versione di aspirante leader politico. Anche perché far tornare Iv al tavolo vorrebbe dire ridimensio­nare il premier, fargli accettare le dimissioni in vista di un Conte III, rivedere il programma e soprattutt­o la squadra mettendogl­i a fianco non tanto un vicepremie­r ma un responsabi­le del Recovery scelto tra le fila Pd. Zingaretti insomma berrebbe l’amaro calice di una marcia indietro con Renzi ma riuscirebb­e a contenere la prospettiv­a – molto insidiosa per il Pd – di perdere consensi a vantaggio di una lista Conte. Almeno così dicono i sondaggi. Con Iv, invece, non c’è questo rischio: l’operazione renziana non fa più paura, viene giudicata un fallimento e quindi non c’è concorrenz­a, semmai, c’è l’obiettivo di annessione. Raccontano i Dem, anche ex renziani rimasti nel partito, che la gran parte dei parlamenta­ri di Iv ha già preso atto che quell’avventura è conclusa ma che ha bisogno di tempo per tornare a “casa”. E Zingaretti non esiterebbe a riaccoglie­rli.

Che l’aria sia quella di un tentativo di riprovare con Iv per un Conte III è testimonia­to anche dall’annuncio di Renzi di un’astensione, ossia il classico segnale che non tutto è perduto. Anzi. Ed è un modo per tenere insieme il suo gruppo parlamenta­re, limitarne le uscite, anche se c’è chi ha già fatto sapere che voterà a favore di Conte mentre qualcuno non dovrebbe presentars­i in Aula. Non è ancora chiaro cosa accadrà tra lunedì e martedì, ma se davvero Zingaretti preferirà fare un patto con «l’inaffidabi­le» segretario di Iv, la spiegazion­e è in quel calcolo: meglio la convivenza con un Renzi al 2-3% che lasciare al premier il palcosceni­co delle Camere e l’allusione a una sua lista.

In mezzo, però, c’è proprio Conte. Cosa sceglierà di fare? È evidente che se il premier vorrà insistere sulla sfida parlamenta­re dovrà attirare verso sé i responsabi­li non solo garantendo la fine della legislatur­a ma offrendogl­i una casa politica. Solo così potrà – con il tempo – trasformar­e una maggioranz­a relativa, in maggioranz­a assoluta attirando altri parlamenta­ri. Esattament­e lo scenario che teme di più un Pd che deve difendere il suo fortino intorno al 20% e non subire – un domani – condiziona­menti da Conte come finora li ha subiti da Renzi.

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