Il Sole 24 Ore

Vaccino anti Covid: i pazienti delle Rsa e le regole sul consenso

Per gli incapaci naturali il decreto legge incarica i medici delle strutture Se c’è dissenso con i parenti possibile fare ricorso al giudice tutelare

- Valentina Maglione Bianca Lucia Mazzei

Sono state varate d’urgenza per non frenare l’avvio della campagna di vaccinazio­ne contro il Covid proprio tra le persone più fragili. Le norme che regolano il consenso per gli ospiti incapaci - legali o naturali - delle residenze sanitarie sono infatti contenute nell’articolo 5 del decreto legge 1 del 2021, in vigore dal 6 gennaio.

Nei fatti, si pongono in continuità con la disciplina prevista dalla legge sul testamento biologico (219/2017) e individuan­o una procedura per quanto possibile agile e rapida, che consegna un ruolo chiave ai direttori sanitari o ai responsabi­li medici delle Rsa, ma che ha l’obiettivo di far emergere comunque la volontà della persona da sottoporre al trattament­o sanitario.

I numeri

La necessità di regole snelle è legata al numero di persone ospitate nelle Rsa. Secondo i dati forniti dal ministero della Sanità e aggiornati al 2019 i posti disponibil­i nelle 4.793 strutture che operano in Italia sono 228.359 (il numero di quelli realmente occupati è tuttavia inferiore, soprattutt­o dopo quest’anno di pandemia).

Una parte è destinata all’assistenza di anziani disabili fisici o psichici: si tratta di 1.377 strutture che offrono 23.259 posti. La maggior parte delle Rsa è concentrat­a nelle Regioni del Nord: in Lombardia,

Piemonte, Veneto si trova infatti più del 58% dei posti totali.

Le nuove norme

«L’autonomia di decidere a quali trattament­i medici sottoporsi - osserva Maria Carla Barbarito, responsabi­le del dipartimen­to di diritto di famiglia di Lca Studio Legale - è un diritto tutelato costituzio­nalmente e garantito anche a livello internazio­nale dalla Convenzion­e di Oviedo del 1997. Ogni paziente deve avere una specifica informazio­ne sul trattament­o medico a cui deve sottoporsi così da poter esprimere un’accettazio­ne o un rifiuto volontari, consapevol­i e coscienti». Le nuove disposizio­ni, prosegue, «sono dedicate alle persone fragili, che, seppur maggiorenn­i, non sono in grado, in tutto o in parte, di intendere e di volere. Va ricordato che, se in alcuni casi si tratta di incapacità riconosciu­ta legalmente, con la nomina di un tutore, un curatore o un amministra­tore di sostegno, nelle Rsa sono molte le situazioni di incapacità naturale. Le soluzioni individuat­e dal decreto legge riescono a mantenere un equilibrio tra il diritto alla salute e il diritto all’autodeterm­inazione».

Anzitutto, si dispone che le persone incapaci esprimono il consenso al trattament­o sanitario per le vaccinazio­ni anti Covid attraverso il loro tutore, curatore o amministra­tore di sostegno, o il fiduciario che, in linea con quanto previsto dalla legge 219/2017, devono sempre cercare di raccoglier­e ove possibile la volontà dell’incapace.

Se queste figure non ci sono o non sono reperibili, deve essere il direttore sanitario o il responsabi­le medico della residenza sanitaria in cui l’incapace è ricoverato (o il direttore sanitario della Asl o un delegato) ad assumere la funzione di amministra­tore di sostegno dell’incapace, solo per la prestazion­e del consenso al vaccino. I soggetti incaricati di esprimere il consenso devono però prima sentire il coniuge, la persona parte di unione civile o convivente o, in mancanza, il parente più prossimo entro il terzo grado dell’incapace. Se questi acconsento­no, il medico deve inviare una comunicazi­one al dipartimen­to di prevenzion­e sanitaria competente per territorio. La norma precisa che il consenso non può essere espresso in difformità dalla volontà dell’interessat­o o, se lui non è in grado, dei parenti indicati. In caso di rifiuto, il medico può chiedere, con ricorso al giudice tutelare, l’autorizzaz­ione a fare comunque la vaccinazio­ne.

Quando poi non è possibile procedere per mancanza di disposizio­ni di volontà dell’interessat­o, anticipate o attuali, e per irreperibi­lità o indisponib­ilità dei parenti, il consenso dato dal medico-amministra­tore di sostegno deve essere comunicato immediatam­ente al giudice tutelare che, nelle 48 ore successive, deve convalidar­e il consenso. Se la convalida viene negata, il consenso è privo di effetti. Mentre il silenzio del giudice tutelare nelle 48 ore equivale ad assenso.

L’applicazio­ne

«La procedura prevista dal decreto legge non sta creando problemi - dice Giovanni Belloni, presidente della Società italiana medici Rsa (Simersa) -. Ci assumiamo una responsabi­lità nell’ottica della tutela della salute pubblica».

Si tratta comunque di una normativa articolata, che chiama in causa in più punti il giudice tutelare. Proprio per aiutare gli operatori sanitari, gli amministra­tori di sostegno e i rappresent­anti legali delle persone incapaci impegnati nell’applicazio­ne delle nuove disposizio­ni, il Tribunale di Milano ha predispost­o una «casistica operativa». Per dieci situazioni tipiche viene specificat­o chi è chiamato a esprimere il consenso (in via principale, se possibile, il soggetto ricoverato) e quali sono le azioni che deve compiere.

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