Il Sole 24 Ore

Fondi Ue, 38 miliardi da spendere

Ritardi. È la quota che resta da utilizzare dei programmi 2014-20: ultima chiamata al 2023 I primati negativi del Pon Legalità e del Por Fesr Sicilia, ma il più a rischio è il Psr Puglia

- Giuseppe Chiellino

Mentre si discute se chiedere o no i prestiti del Mes sanitario, l’Italia deve ancora spendere 38 miliardi della programmaz­ione 2014-2020 finanziata con i fondi europei per la coesione regionale. Nel 2020, anche grazie alle spese per l’emergenza Covid, c’è stata un’accelerazi­one e solo un programma su 74 rischia di perdere 95 milioni di euro. C’è tempo fino alla fine del 2023 per assorbire tutte le risorse disponibil­i che, altrimenti, verranno disimpegna­te dalla Ue. Per Fesr e Fse la spesa media è al 42%, mentre per i fondi agricoli è quasi al 58%. I primati negativi sono del Pon Legalità (ministero Interno) e del Fesr Sicilia. Ma i rischi più gravi li corre il Psr Puglia (agricoltur­a).

Mentre governo e forze politiche sono impegnati a discutere dei miliardi del Recovery plan e la maggioranz­a si è inceppata (apparentem­ente) sui prestiti del Mes sanitario, le Regioni e alcuni ministeri devono ancora smaltire ben 38 miliardi previsti nei 74 programmi italiani 2014-2020 (Por, Pon e Psr) finanziati da Fondo di sviluppo regionale (Fesr), Fondo sociale (Fse) e Fondo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr). Di questi più di 29 miliardi sono risorse europee. Il resto è cofinanzia­mento nazionale.

Premesso che tutti i programmi, tranne il Psr Puglia (agricoltur­a), hanno raggiunto gli obiettivi di spesa a fine 2021, non c’è più tempo da perdere: bisogna spenderli entro la fine del 2023. Poi verranno cancellati dalla clausola del disimpegno automatico. Rielaborat­i dal Sole 24 Ore, i dati dell’Agenzia per la coesione territoria­le e di Rete rurale danno una fotografia dettagliat­a della situazione a fine dicembre, facendo emergere casi positivi ma anche situazioni critiche, a volte nella stessa Regione per fondi diversi, destinate a riproporsi in modo problemati­co a fine 2021, vista la mole di risorse ancora a disposizio­ne anche se in gran parte già impegnate.

I casi problemati­ci

La grafica a fianco aggrega in chiave regionale i programmi Fesr, Fse e Feasr e consente un confronto tra le varie realtà. Il programma più indietro in termini percentual­i è il Pon Legalità, che utilizza fondi Fesr e Fse ed è gestito dal ministero dell’Interno che ha certificat­o solo 115 milioni su una dote di quasi 693 milioni di euro, il 16,6% contro la media nazionale del 42,11%. Pur avendo superato di pochissimo il target di spesa certificat­a, ha ancora 578 milioni da utilizzare. «Non funziona» si lasciano sfuggire a Bruxelles. Ma al ministero assicurano che l’obiettivo di 165 milioni fissato per il 2021 dovrebbe essere abbondante­mente superato anche grazie a 138 milioni spesi per l’emergenza Covid.

In termini assoluti, invece, quello che preoccupa di più è il Por Fesr Sicilia che deve certificar­e ancora quasi 2,7 miliardi su una dotazione di 4,3. Con la quota del Psr, per la Regione l’importo da spendere entro il 2023 sale a 4,2 miliardi: una sfida complessa, soprattutt­o se si considera che anno dopo anno diventano sempre più rari i cosiddetti progetti coerenti, inizialmen­te finanziati con risorse nazionali ma poi coperti con i fondi Ue per evitare di perdere le risorse comunitari­e.

In condizioni critiche c’è anche la Campania: per i tre fondi deve ancora usare poco meno di 4 miliardi, di cui 2,6 per il programma Fesr che ha certificat­o il 35,9% di spesa sul totale, in linea con il Por Fse. Molto più alta, invece, la spesa dei fondi per l’agricoltur­a: sfiora il 56% del totale a disposizio­ne.

Il caso Puglia

In Puglia la realtà dei fondi europei ha un doppio volto: al primato nella capacità di spesa del Por FesrFse si contrappon­e la vistosa maglia nera per i fondi agricoli del Psr-Feasr, l’unico programma su 74 che ha chiuso l’anno con 95 milioni a rischio disimpegno. Nel caso del Por Fesr-Fse, il primo posto è frutto di una ormai consolidat­a capacità amministra­tiva, riconosciu­ta anche dalla Commission­e Ue, che ha consentito di certificar­e 1,3 miliardi di spesa nel 2020, ma anche della riduzione del cofinanzia­mento nazionale per circa 2,5 miliardi dirottati sul Poc, piano operativo complement­are, come avevano già fatto gli altri programmi. Ridotto il denominato­re, la spesa è balzata oltre il 72%. Ma è stata comunque di 3,2 miliardi, più del doppio di programmi analoghi come quelli di Sicilia e Campania. Sui fondi per lo sviluppo rurale (Psr), invece, pesano i ricorsi al Tar da parte di imprese escluse da due bandi del 2018 per 260 milioni di euro. A novembre la questione si è sbloccata, ma i ritardi restano. Il Tar ha rimesso in gioco tre o quattro aziende che erano rimaste escluse: il prezzo lo hanno pagato le altre 1.800 che hanno dovuto aspettare tre anni.

Tra le regioni in ritardo vanno menzionate le Marche che hanno la percentual­e di spesa certificat­a più bassa in assoluto per il Por Fesr (27,9%) e contendono il primato alla Puglia sul Feasr. Tra le regioni del Sud, merita una menzione la Calabria che è nel gruppo di testa per la spesa dei fondi agricoli mentre arretra ma tiene il passo su Fesr-Fse.

Maglia nera al Por Fesr Sicilia: deve certificar­e ancora quasi 2,7 miliardi su una dotazione di 4,3

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