Il Sole 24 Ore

Covid, tra sanità e scuola sempre più liti Stato-Regioni

Alla Consulta 105 ricorsi nel 2020 sul Titolo V (2.074 in vent’anni), ma il fronte caldo ora si sposta sui Tar

- Pagine a cura di Antonello Cherchi Marta Paris

Tra Stato e Regioni i rapporti da sempre non sono idilliaci, ma mai come in questi ultimi mesi si è avuto prova del continuo scontro sulle rispettive competenze. Un braccio di ferro su sanità, scuola, attività produttive e circolazio­ne delle persone reso ancora più teso dalla drammatica situazione dell’emergenza sanitaria. Ci sono due indicatori a segnalarlo: da una parte, i ricorsi che continuano ad arrivare sui tavoli della Corte costituzio­nale e che in venti anni di riforma del Titolo V della Carta si sono mantenuti su livelli significat­ivi, per quanto altalenant­i, andando raramente sotto i cento all’anno; dall’altra, il contenzios­o che in questi mesi si è generato davanti ai Tar, chiamati a dirimere gli effetti prodotti dalle ordinanze dei governator­i o dai Dpcm statali.

La controrifo­rma

Il caos attuale è addebitabi­le allo scarso dialogo tra Roma e i territori e al ginepraio di poteri tra lo Stato e le Regioni partorito dalla riforma del Titolo V del 2001, con la creazione delle «competenze concorrent­i» nelle quali lo spazio d’azione è in condominio tra il Governo e le Regioni. Un quadro complicato in questi ultimi mesi dall’urgenza di aggredire la pandemia, a cui si aggiunge l’insofferen­za, talvolta condita da protagonis­mo, nei confronti delle misure statali da parte di diversi governator­i.

Di fondo, però, c’è il nodo della riforma di venti anni fa. Tant’è che anche di recente ha ripreso vigore l’idea di rimetterci mano. A inizio novembre c’è stato anche l’endorsemen­t di Roberto Fico, presidente della Camera e terza carica dello Stato, nonché figura di punta del Movimento 5Stelle. Anche nei partiti della maggioranz­a se ne è parlato ed è riapparsa la proposta della «clausola di supremazia», che darebbe allo Stato il potere di legiferare anche su materie non di propria competenza, purché l’intervento sia giustifica­to dall’interesse nazionale o da situazioni particolar­i. Come potrebbe essere quella che stiamo vivendo. Però l’ipotesi della controrifo­rma del Titolo V così come era riemersa si è inabissata, anche perché travolta dalle tante priorità anti-pandemia.

È soprattutt­o il Governo a promuovere le questioni di legittimit­à: l’anno scorso impugnate 95 leggi regionali

La conflittua­lità davanti alla Corte

Il problema, tuttavia, rimane. L’ultimo e recentissi­mo esempio è quello della legge della Valle d’Aosta sulla quale la Consulta si è pronunciat­a in via cautelare giovedì scorso, sospendend­one gli effetti (si veda la scheda). Quell’impugnativ­a proposta dal Governo era una delle 105 presentate lo scorso anno davanti ai giudici costituzio­nali. Un numero non troppo diverso dai ricorsi del 2019 (117) e superiore al contenzios­o del periodo 2016-2018, quando si è andati sotto le cento cause. Dunque, il termometro della Corte continua a misurare un’alta conflittua­lità centro-periferia. Semmai, sarebbe da segnalare il fatto che nel 2020 la contrappos­izione si è ulteriorme­nte sbilanciat­a dalla parte dello Stato: da Roma, infatti, sono partite 95 impugnativ­e contro le 10 presentate delle Regioni. Un dato che per quanto analogo a quello del 2018 11 ricorsi regionali a fronte, però, di 76 statali potrebbe aver bisogno di ulteriori elaborazio­ni e conferme perché riferito all’anno scorso.

Il giudice amministra­tivo

Non è solo la Corte ad avere il polso del forte dissidio tra Stato e Regioni. Anzi, in questi ultimi mesi sono stati soprattutt­o i giudici amministra­tivi a essere chiamati in causa per dirimere le controvers­ie. Lo stesso caso della Valle d’Aosta aveva avuto, prima che il Governo decidesse di sollevare questione di legittimit­à costituzio­nale, un prologo davanti al Tar. È, però, la natura degli atti normativi prodotti in questi mesi che spiega come mai siano stati soprattutt­o i tribunali amministra­tivi a dover scendere in campo. I governator­i, infatti, hanno il più delle volte parlato attraverso ordinanze e tali provvvedim­enti devono essere giudicati dai magistrati amministra­tivi. Stessa sorte per i Dpcm governativ­i. La Corte costituzio­nale, invece, decide sulle leggi. Benché sia soprattutt­o il contenzios­o davanti alla Consulta che misura la conflittua­lità innescata dal Titolo V, anche le cause presentate in questi mesi ai Tar danno il segno della contrappos­izione tra Stato e Regioni. I giudici amministra­tivi sono, infatti, dovuti intervenir­e per sbrogliare - sarebbe più corretto dire per sospendere, perché finora si è trattato soprattutt­o di decisioni cautelari questioni di compentenz­e concorrent­i: scuola e sanità in primo luogo. Temi che si ritrovano anche nei ricorsi presentati dai privati cittadini (per esempio, comitati di genitori), come è stato per le pronunce dei Tar di Emilia Romagna, Lombardia e Puglia dei giorni scorsi sul rientro a scuola. Anche questi segnali del caos che regna sotto il Titolo V.

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La scuola in Dad. L’istruzione è stata uno dei terreni di scontro tra Stato e Regioni nella pandemia
ANSA La scuola in Dad. L’istruzione è stata uno dei terreni di scontro tra Stato e Regioni nella pandemia

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