UNA VERA RIFORMA COMPLESSIVA PER USCIRE DALL’EMERGENZA FISCALE
Il Recovery plan, tra i suoi molti obiettivi, si sforza anche di tratteggiare i contorni della futura riforma fiscale. Riforma importante, definita come un tassello necessario per l’attuazione del programma Next Generation Ue. Il fisco, quindi, diventa uno degli elementi trainanti per il rilancio del Paese. Speriamo sia almeno un buon auspicio.
Nello stesso tempo, però, il governo – proprio tra oggi e domani sapremo se Giuseppe Conte raccoglierà in Parlamento i voti necessari per garantire la sopravvivenza del suo esecutivo – sta cercando di individuare le modalità per traghettare il fisco fuori dalla fase dell’emergenza nella quale è sprofondato nei dodici mesi di pandemia.
Un’emergenza che non riguarda solo la “cassa”: le entrate tributarie hanno subìto un rallentamento (-12 miliardi di euro, il 2,8%, nei primi undici mesi del 2020, con un dato a consuntivo che potrebbe essere peggiore), ma non sono crollate. Ma che ha a che fare anche con i guasti prodotti da una legislazione voluminosa e caotica, adempimenti complicati, cambi in corsa di calendari, rinvii e proroghe a ridosso delle scadenze (e persino dopo le cadenze), senza dire delle difficoltà che molti hanno affrontato per accedere ad aiuti e interventi di sostegno, quando sono arrivati e a chi sono arrivati.
I nodi sono molti: si va dalla ripresa graduale della riscossione coattiva fino alla tempistica per la notifica di atti e accertamenti, passando per le criticità nello svolgimento in sicurezza dei processi tributari. Vedremo presto quali soluzioni il governo in carica – o quello che lo sostituirà – saprà adottare. Ma, per quel che ora si intuisce, tra possibili ulteriori sospensioni delle notifiche delle cartelle di pagamento (già in stand by fino al 31 gennaio), ipotesi di proroghe degli accertamenti, nuove voci di rottamazioni con cancellazione dei carichi inesigibili, sembra ancora prevalere un approccio improntato all’emergenza. Immaginare in questa fase di drammatica sofferenza per moltissime categorie economiche, e per di più in presenza di imminenti ulteriori limitazioni sanitarie e obblighi di chiusura per molte attività, il ritorno alla normalità resta di fatto impossibile.
Così, nei prossimi mesi vedremo procedere in parallelo da un lato la gestione delle criticità connesse alla pandemia e dall’altro i lavori necessari per mettere nero su bianco la riforma fiscale. Anzi, come si legge nel Recovery plan, la riforma «di alcune componenti del sistema tributario italiano, in particolare l’Irpef, per renderlo più equo, semplice ed efficiente».
Si parla, quindi, di una revisione dell’imposta personale – più che necessaria e urgente – che per quanto «accompagnata da una costante azione di lotta all’evasione e incentivazione della tax compliance», risponde però solo in parte all’esigenza di svecchiare velocemente l’intero sistema tributario.
Il Recovery plan dovrebbe invece offrire l’occasione per un intervento più ampio sulla fiscalità. Si parta dall’Irpef, se questa è una priorità. Ma scordare tutto il resto sarebbe un grave errore, l’ennesima occasione persa.
Lo stesso Recovery plan muove dall’idea che un “nuovo” sistema fiscale, insieme a burocrazia più snella, giustizia più efficiente, innovazione, ricerca, istruzione-formazione rappresentino i presupposti per la modernizzazione del Paese. Perché allora accontentarsi di riscrivere l’Irpef? Perché non avviare un percorso complessivo di riforma, collocando le modifiche alla tassazione personale in un quadro coerente e di più ampio respiro? La Ue, a esempio, ci chiede di calibrare in modo più equilibrato il prelievo tra lavoro, consumi e patrimonio.
Ancora: abbiamo un tema enorme di tassazione delle attività d’impresa e professionali, per cogliere le specificità tra chi è molto piccolo (se ne parlerà nell’ambito dell’Irpef) e chi piccolo non è. Per non di dire delle multinazionali, della web tax, delle stabili organizzazioni. C’è un tema di tax expenditures, oltre a quelle per le persone fisiche, che richiede attenzione, anche in connessione con il capitolo del Recovery plan su innovazione e digitalizzazione delle imprese (Transizione 4.0). C’è la giustizia tributaria – pure citata nel piano di ripresa e resilienza – sempre più cenerentola del sistema. Così come urge una riflessione sul potenziamento dell’amministrazione finanziaria, sul versante dei servizi ma anche sull’attività di contrasto dell’evasione che – contrariamente a quel che dice il Recovery plan – non può basarsi principalmente su tax compliance, lotterie degli scontrini e cashback. Per evitare almeno che la gamification – così il piano definisce queste ultime attività – diventi invece la vanification della legalità fiscale.
Si studia una quarta edizione della rottamazione che consentirebbe di pagare senza sanzioni e interessi