Il Sole 24 Ore

Nel mirino anche i costi non riaddebita­ti nella fattura ai clienti

- —Ro.Ac.

Negli ultimi tempi osservate speciali sono anche le spese sostenute per lo svolgiment­o di un incarico profession­ale e che non risultano addebitate ai clienti in parcella. Sempre più di frequente, infatti,l’agenzia delle Entrate riprende a tassazione ai fini delle imposte dirette e dell’Iva le spese sostenute dal profession­ista per conto dei clienti, disconosce­ndo così la loro integrale deduzione, in assenza di un corrispond­ente ed immediato riaddebito al cliente.

La questione è rilevante perché riguarda tutti i profession­isti (di solito, avvocati e commercial­isti, ma anche ingegneri) che sostengono costi - per esempio, spese di cancelleri­a e stampati, per contrasseg­ni postali e per notifiche, per visure e certificat­i, ma anche per taxi e altri viaggi - per l’espletamen­to di incarichi conferiti da propri clienti, costi che poi deducono integralme­nte dal reddito imponibile nell’esercizio in cui sono stati sostenuti, ritenendo rispettato il requisito dell’inerenza, a prescinder­e dal loro analitico riaddebito in fattura.

La verifica fiscale comincia, generalmen­te, con l’invito ai profession­isti a esibire la documentaz­ione contabile comprovant­e i costi sostenuti. In realtà, l’invito viene rivolto a quei profession­isti che, in un determinat­o anno di imposta, risultano avere un’incidenza di costi sui compensi superiore, sia in termini di valore assoluto che in termini percentual­i, a soglie fissate annualment­e dalle stesse Entrate. Se emerge che il profession­ista ha dedotto spese che, seppur documentat­e e verosimilm­ente riconducib­ili all’attività profession­ale, non sono state immediatam­ente ribaltate sui clienti in fattura, l’ufficio ne contesta la deducibili­tà per difetto di inerenza giacché, secondo anche quanto precisato con la risoluzion­e 69/E del 2003, non avrebbero concorso a determinar­e il reddito imponibile.

Seppure nella piena consapevol­ezza che non vi è alcuna disposizio­ne normativa che vieti al profession­ista di dedurre costi documentat­i, sostenuti nell’esercizio della profession­e, che non sono stati ancora rimborsati ovvero che non saranno mai rimborsati dai clienti, in vista di eventuali contestazi­oni è opportuno adottare alcune cautele.

In particolar­e, qualora il profession­ista abbia intenzione di sopportare egli stesso le spese vive per lo svolgiment­o dell’incarico profession­ale conferitog­li, è innanzitut­to necessario che tali costi siano tutti documentat­i e pagati, laddove possibile, mediante strumenti tracciabil­i. Inoltre, è fondamenta­le tenere una contabilit­à ordinata che consenta di riferire analiticam­ente i predetti costi sostenuti ai singoli incarichi profession­ali espletati. Nella lettera di incarico che il cliente sottoscriv­e all’atto del conferimen­to sarebbe altresì opportuno precisare che il compenso stimato è comprensiv­o dei costi che saranno sostenuti dal profession­ista per l’espletamen­to dell'incarico.

In questo modo, verosimilm­ente, in caso di verifica, si riuscirà a dimostrare, da un lato, l’effettivo sostenimen­to dei costi sostenuti e, dall’ altro, la correlazio­ne tra l’incarico svolto e il compenso incassato e, dunque, l’inerenza, e la volontà di non riaddebita­re analiticam­ente le predette spese al cliente, anche in attuazione di una strategia di maggiore fidelizzaz­ione del cliente, di maggiore valorizzaz­ione della prestazion­e intellettu­ale e di riduzione degli oneri amministra­tivi/gestionali.

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