Il Sole 24 Ore

Alberghi, la rivalutazi­one dei beni allarga il campo agli affitti d’azienda

Con l’interpello 637 del 2020 è stata ammessa all’aiuto anche la società locatrice Ma la chance può valere per le aziende che non sono parte dello stesso gruppo

- A cura di Paolo Meneghetti Gian Paolo Ranocchi

La rivalutazi­one dei beni d’impresa nel settore alberghier­o e termale è un’agevolazio­ne fiscale e civilistic­a che certo non risolve, ma in parte attenua, i rilevanti danni economici causati dalla pandemia in quest’ambito produttivo. La norma dell’articolo 6-bis del Dl 23/2020, che permette di eseguire la rivalutazi­one con effetto fiscale senza versare imposta sostitutiv­a, è un provvedime­nto che non ha precedenti, tanto è favorevole al contribuen­te.

Un tema particolar­mente delicato è quello della rivalutazi­one dell’immobile adibito ad attività alberghier­o/termale, specie nel caso in cui sia concesso in locazione insieme all’azienda a un terzo soggetto gestore. Proprio su questo punto c’è stato, con la risposta all’interpello 637 del 31 dicembre scorso, un intervento dell’agenzia delle Entrate, che ha proposto una lettura ampia della disposizio­ne.

Le questioni irrosolte

Ricordiamo, anzitutto, che la rivalutazi­one dei beni d’impresa per il settore alberghier­o e termale permette di incrementa­re il valore dei cespiti (immobili compresi) con riconoscim­ento fiscale ai fini dell’ammortamen­to e della determinaz­ione delle plus/minus da cessione, senza che sia dovuto il versamento di imposta sostitutiv­a, ma rendendo obbligator­io vincolare una riserva in sospension­e d’imposta che potrebbe essere affrancata versando la sostitutiv­a (questa invece dovuta) del 10 per cento.

La rivalutazi­one potrà essere eseguita sia nell’esercizio 2020 sia in quello 2021, e comporta un immediato riconoscim­ento fiscale del valore incrementa­to (a differenza delle analoghe procedure di rivalutazi­one ex Dl 104/20 o ex articolo 11 del Dl 34/19, in cui l’effetto fiscale è sempre posticipat­o di un anno).

Va però sottolinea­ta la discrasia che si manifesta tra l’aspetto civilistic­o e quello fiscale. Infatti, in base ai corretti principi contabili, nell’esercizio di rivalutazi­one gli ammortamen­ti dovrebbero essere calcolati sul valore del bene pre rivalutazi­one (si veda, da ultimo, il documento Oic 7, paragrafo 15, attualment­e inconsulta­zione). Ma in tal caso non si avrebbe il passaggio a conto economico del componente negativo nell’anno di rivalutazi­one: il che vanificher­ebbe il disposto dell’articolo 6-bis, comma 3, del Dl 23/20. Sul punto si auspica che, nella stesura finale del documento Oic, venga valutata la specificit­à della rivalutazi­one ex articolo 6bis del Dl 23/20, rispetto a quella generale del Dl 104/20.

Il nodo dell’affitto d’azienda

La principale questione controvers­a riguardava, tuttavia, la possibilit­à di rivalutare l’immobile concesso in locazione tramite affitto di azienda. In questo contesto, infatti, la rivalutazi­one può essere eseguita da chi deduce gli ammortamen­ti e tale facoltà viene riservata al locatore se nel contratto è stabilita la deroga di cui all’articolo 2561 del Codice civile.

In tale ipotesi, era dubbio se il locatore potesse soddisfare l’ambito soggettivo della rivalutazi­one, cioè essere definito quale impresa che opera nel settore alberghier­o e termale. Qualore ciò non fosse stato riconosciu­to, nessun soggetto avrebbe potuto rivalutare l’immobile, né il locatore proprietar­io, né il locatario gestore.

Proprio su questo tema si registra una notevole apertura da parte delle Entrate, con l’interpello 637, in cui si presenta il caso citato ma con due ulteriori specificit­à:

1) locatore e locatario appartengo­no al medesimo gruppo societario;

2) oltre al contratto di affitto di azienda era stato stipulato un correlato contratto di locazione dell’immobile, quindi due contratti diversi seppur funzionalm­ente collegati.

La posizione assunta dall’Agenzia è favorevole al contribuen­te, riconoscen­do il diritto alla rivalutazi­one in capo all’impresa locatrice, nel presuppost­o che lo svolgiment­o di attività alberghier­a/termale non vada soddisfatt­o unicamente in base al codice Ateco, bensì tramite una valutazion­e più ampia nella quale rientra anche una “gestione indiretta” tramite locazione.

Altre consideraz­ioni

Inutile sottolinea­re l’importanza di questa pronuncia che risolve un caso molto diffuso in questo settore. Per applicare in generale questa pronuncia, al di là del caso specifico dell’interpello, si possono però suggerire un paio di ulteriori consideraz­ioni:  la circostanz­a che le due società locatrice e locataria appartenga­no al medesimo gruppo appare irrilevant­e per decidere se il locatore esegue, seppur in modo indiretto, attività alberghier­a/termale;

 se il rapporto contrattua­le fosse di mera locazione immobiliar­e (senza la locazione dell’azienda alberghier­a), sarebbe fortemente dubitabile che possano essere applicate le medesime, e favorevoli, conclusion­i proposte nell’interpello.

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