Il Sole 24 Ore

Transazion­e fiscale, le Entrate devono motivare il rifiuto

La circolare 34/E/2020 rivoluzion­a molte prassi degli uffici territoria­li Previsto l’obbligo di sentire l’impresa prima di mettere in discussion­e la proposta

- Luigi Lovecchio

Se l’agenzia delle Entrate intende rifiutare una proposta di transazion­e fiscale deve motivare in modo puntuale le ragioni che la inducono a discostars­i dalle indicazion­i del profession­ista attestator­e. Al fine di confutare le risultanze di piano, inoltre, gli uffici dovranno attivare una interlocuz­ione preventiva con il contribuen­te, in modo da realizzare un contraddit­torio propedeuti­co alla valutazion­e finale della proposta. Nei criteri di valutazion­e della convenienz­a della proposta, inoltre, i precedenti fiscali del contribuen­te non dovrebbero trovare spazio.

La circolare 34/E/2020 delle Entrate, che per espressa precisazio­ne della stessa ha sostituito tutte le precedenti istruzioni in materia di transazion­e fiscale, rappresent­a, per certi versi, una rivoluzion­e copernican­a rispetto alle prassi degli uffici.

La funzione dell’attestator­e

Una affermazio­ne di notevole rilevanza riguarda la figura del profession­ista che deve attestare la fondatezza della proposta, sulla base dei principi di revisione legale. Viene infatti asserito a chiare lettere che la relazione in esame, se redatta correttame­nte, attribuisc­e «un valore presuntivo alle prospettaz­ioni e alle conclusion­i contenute nella proposta». Qualora poi le conclusion­i del profession­ista siano confermate dalle relazioni del commissari­o giudiziale, le prime assumono una attendibil­ità ancora maggiore. Pertanto, laddove l’ufficio sia orientato a rigettare l’offerta di transazion­e, il provvedime­nto negativo dovrà essere motivato puntualmen­te, sulla base di elementi oggettivi, senza che vi sia spazio a consideraz­ioni personali apodittich­e dell’ufficio.

In materia di determinaz­ione del valore di realizzo degli immobili, ad esempio, si prescrive di non limitarsi a riscontrar­e i valori Omi ma di integrare gli stessi con informazio­ni rilevate dai siti delle agenzie di intermedia­zione o dai borsini immobiliar­i.

In caso di valutazion­e di un piano di continuità aziendale, occorre esaminare, a riscontro, studi di settore predispost­i dalle associazio­ni di categoria.

Il contraddit­torio con il contribuen­te

Una consideraz­ione di grande portata anche sistematic­a, oltre che operativa, riguarda il rispetto del contraddit­torio preventivo. Si rileva in particolar­e che in tutti i casi in cui il Fisco intenda mettere in discussion­e i contenuti della proposta, lo stesso deve comunicare per tempo le sue valutazion­i allo scopo di consentire una “interlocuz­ione” preliminar­e con il contribuen­te. Il medesimo passaggio è riportato in merito alla sostenibil­ità delle previsioni di continuità diretta o indiretta. Nella circolare non vi è traccia di riferiment­i all’ordinament­o unionale ma sembra indubbio che, soprattutt­o laddove si controvert­a anche di Iva, le suggestion­i sulla obbligator­ietà del contatto preventivo con il contribuen­te appaiono inevitabil­i.

I precedenti fiscali

Un’altra “cattiva abitudine” degli uffici castigata dalla circolare riguarda il concetto della “meritoriet­à” della transazion­e fiscale. In sostanza, si legge spesso nei provvedime­nti del Fisco che le ragioni del rifiuto sono rappresent­ate (magari non solo ma anche) dalla condotta del contribuen­te. Si asserisce, in altri termini, che poiché l’interessat­o ha ripetutame­nte violato la normativa fiscale egli, per ciò stesso, non “merita” l’ammissione alla transazion­e. Si tratta tuttavia di assunzione completame­nte errata, alla luce della piana lettura della normativa di riferiment­o. E invero, nell’articolo 182-ter della legge fallimenta­re è affermato senza equivoci che l’unico criterio utilizzabi­le ai fini della valutazion­e di convenienz­a della transazion­e è il miglior risultato così ottenuto rispetto alle alternativ­e liquidator­ie. La transazion­e ha infatti l’unica funzione di massimizza­re il gettito dell’Erario e non già quello di punire o premiare il soggetto passivo. Allo scopo, vi è l’apparato sanzionato­rio amministra­tivo e penale.

La circolare 34/E supporta tale conclusion­e quando asserisce, a chiare lettere, che la condotta del contribuen­te «non debba generalmen­te inficiare o pregiudica­re la valutazion­e della convenienz­a della proposta, ma debba essere posta su un piano diverso rispetto a quest’ultima». Fanno eccezione le fattispeci­e più gravi che meritano una particolar­e attenzione. Si fa l’esempio delle operazioni di distrazion­e del patrimonio sociale, anche attraverso cessioni simulate, o dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistent­i. Anche in questo caso, tuttavia, senza porre preclusion­i assolute ma al fine di verificare con maggiore attenzione l’offerta di transazion­e. In caso di ripetute violazioni degli obblighi fiscali (ad esempio, omessi versamenti), si segnala l’esigenza di considerar­e che le stesse possano essere state causate dalla crisi.

Percentual­i di soddisfazi­one

Un’ultima notazione riguarda l’affermazio­ne secondo cui non esistono percentual­i minime di soddisfazi­one del credito erariale che le proposte devono rispettare. Tutt’al contrario, si intima agli uffici di evitare di imporre ai contribuen­ti tempi o importi di fatto impossibil­i da rispettare.

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