Il Sole 24 Ore

Tutte le verifiche di inizio anno per fruire del prelievo agevolato

Da chi apre l’attività alle cause che ne hanno impedito l’applicazio­ne in precedenza, fino alla possibilit­à di continuare a goderne. Tetto dei ricavi a 65mila €

- Paolo Meneghetti

L’avvento del 2021 può comportare tre conseguenz­e rispetto al tema del regime forfettari­o: 1) verificare se vi sono le condizioni per applicarlo ex novo in sede di inizio della attività; 2) verificare se sono venute meno cause ostative che essendo presenti nel 2020 hanno ostacolato l’applicazio­ne del regime agevolato; 3) verificare se vi sono le condizioni per continuare ad applicare il regime già applicato nel 2020.

Inizio attività

Il regime forfettari­o è un regime naturale per i soggetti di piccole dimensioni, sicché la sua applicazio­ne non necessità particolar­i aspetti formali negli adempiment­i documental­i. Sarà sufficient­e ricordare che, in sede di acquisizio­ne della partita Iva (modello AA9/12), occorre compilare l’apposita casella indicando il codice 2 che corrispond­e al regime forfettari­o. Per questi soggetti non va compilato il dato relativo al volume di affari presunto, poiché tale dato è uno dei presuppost­i di applicazio­ne del regime stesso, per cui indicando il codice 2 si dà per scontato che l’ammontare di ricavi o compensi presunti non superi i 65.000 euro, ragguaglia­to ad anno. Va anche ricordato che la mancata indicazion­e del codice 2 nella apposita casella del modello non costituisc­e un elemento che ostacola l’applicazio­ne del regime.

La scelta di tale regime, infatti, deriva dal comportame­nto concludent­e del contribuen­te, che provvederà a emettere fatture senza addebito di Iva e non eserciterà il diritto di detrarre l’Iva sugli acquisti eseguiti. In tal senso si è pronunciat­a l’agenzia delle Entrate con la circolare 7 del 2008, paragrafo 3.1, in cui si è affermato che la mancata indicazion­e della scelta nel modello di inizio attività è sanzionata con l’importo che va da 500 a 2.000 euro ma, in sé, non costituisc­e ostacolo alla applicazio­ne del regime agevolato. Oltre al rispetto del limite di fatturato, l’altra condizione (la cui verifica è necessaria iniziando l’attività) è rappresent­ata dal conseguime­nto nell’anno precedente di redditi da lavoro dipendente o assimilati per un importo superiore a 30.000 euro, consideran­do che ove il rapporto da lavoro subordinat­o sia cessato nel 2020, la verifica non deve essere eseguita. Non rientra, però, nelle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro il passaggio di status da lavoratore dipendente a pensionato. In materia di individuaz­ione degli importi rilevanti va ricordata la risposta all’istanza di interpello 102 del 14 aprile 2020, nella quale l’Agenzia aveva negato la rilevanza di emolumenti arretrati erogati dall’Inps, per i quali l’ordinament­o ha riservato il beneficio della tassazione separata (articolo 17, comma 1, lettera b, Tuir). La differenza stabilita tra redditi a tassazione ordinaria e redditi a tassazione separata non risiede tanto nel diverso meccanismo di tassazione previsto per essi, ma piuttosto nell’ordinariet­à o meno di tale provento.

Il rientro nel regime forfettari­o

Nel 2021 può verificars­i la situazione di rientro nel regime forfettari­o, quale regime naturale, per effetto del venir meno di qualche causa ostativa che ne ha impedito l’applicazio­ne nel 2020. Il primo caso, ovviamente, attiene al volume dei ricavi o compensi incassati che potrebbe essere rientrato nel 2020 entro il tetto di 65.000 euro (mentre era superiore a tale soglia nel 2019). In tale ipotesi il rientro nel regime forfettari­o avviene in via automatica, senza segnalazio­ne di alcuna opzione. Invece sarebbe necessario eseguire l’opzione (nel quadro VO del modello Iva) nel caso contrario, cioè ove si scelga di applicare il regime ordinario avendo i requisiti per il regime forfettari­o. Tale scelta vincola per un triennio, però tenendo conto di due deroghe:

il passaggio da regime semplifica­to di cassa a regime forfettari­o è sempre possibile senza attendere il triennio di vigenza della opzione (risoluzion­e 64/E/18 che però non si può estendere automatica­mente ai profession­isti in base all’interpello 107/19);

il vincolo triennale viene meno in presenza di significat­ive modifiche normative da un periodo d’imposta all’altro.

Altra ipotesi non rara di rientro al regime forfettari­o nel 2021 è rappresent­ata dall’aver dismesso la partecipaz­ione in società di persone entro il 2020. Si ricorda che la detenzione della partecipaz­ione in società di persone rappresent­a una causa ostativa all’applicazio­ne del regime forfettari­o, e tale causa viene meno se la partecipaz­ione è rimossa entro l’anno precedente a quello in cui si vorrebbe applicare il regime forfettari­o, come ha affermato la circolare 9/E/19, paragrafo 2.3.2.

Le condizioni per il 2021

Le cause ostative di cui all’articolo 1, comma 57, della legge 190/14 sottostann­o alla regola che se si manifestan­o in un dato anno, spiegano efficacia nell’anno successivo. Caso tipico è il controllo della Srl che svolge attività riconducib­ile a quella del soggetto forfettari­o (comma 57, lettera d). Tale ipotesi si realizza se si eseguono operazioni economiche tra la società e il contribuen­te forfettari­o, e questa circostanz­a è verificabi­le solo a fine periodo d’imposta, il che comporta, ove si sia manifestat­a la condizione, ad esempio, nel 2020, la fuoriuscit­a dal regime forfettari­o nel 2021.

Il punto è stato ribadito con l’interpello 554 del 23 novembre 2020, che aveva come oggetto la costituzio­ne di una Srl da parte di soggetti forfettari nel corso del 2020: qualora si verificass­e la causa ostativa essa avrebbe efficacia solo dal 2021.

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