Le cinque forze che calmano titoli di Stato e spread
Dal bazooka Bce al ridotto rischio voto: ecco perché lo spread sale di pochi punti
Un’impennata di 160 punti dello spread BTp e Bund nel maggio 2018, durante le settimane precedenti alla formazione del primo Governo guidato da Giuseppe Conte, 40 punti in più in pochi giorni dopo l’uscita della Lega dall’esecutivo e prima della nascita del Conte bis, neanche 20 punti (almeno finora) di rialzo al ritiro dei ministri di Italia Viva, che ha tolto la maggioranza in Parlamento all’attuale esecutivo. L’ imprevedibilità dello scenario nazionale mette in guardia dal trarre conclusioni premature, ma se si dovessero tirare le somme dopo una sola settimana la reazione dei mercati all’ennesima battuta d’arresto della politica italiana sembrerebbe più accomodante rispetto a quella riservata nei precedenti più vicini, i due che coinvolgono Conte in occasione dei precedenti insediamenti.
Al di là delle inevitabili differenze fra i casi, il riflesso immediato porta a spiegare il comportamento meno penalizzante inferto dagli investitori ai nostri BTp con il crescente (e sempre più determinante) ruolo della Bce. L’emergenza Covid ha moltiplicato i riacquisti di titoli di Stato dell’istituto centrale, che anche nel 2021 dovrebbero a coprire gli oltre 140 miliardi di euro di emissioni nette attese da parte del Tesoro e portare a oltre un quarto (fra il 27 e il 28%, stima UniCredit) la quota di debito pubblico italiano negoziabile custodito dall’Eurotower.
Un portata di fuoco del genere non solo offre chiaramente sostegno, ma finisce anche per scoraggiare chi in questo momento intenda (come in passato) assumere posizioni ribassiste sui nostri titoli di Stato. Non è però l’unica ragione alla base del momento di relativa tranquillità attorno ai BTp, che dipende anche dai tempi e dalle modalità di questa crisi, o almeno delle attese che su di essa si sono fatti gli investitori, soprattutto all’estero.
L’idea che i tempi di soluzione possano essere brevi tende a ridurre l’incertezza ed esercitare un effetto calmierante sul mercato: in fondo anche il fatto che il precedente passaggio fra i due esecutivi presieduti da Conte si fosse risolto nel giro di poche settimane contribuì allora a contenere la deriva dello spread. Di contro, il periodo ben più lungo e tumultuoso precedente la nascita del primo Governo a guida Lega-M5s si era tradotto in maggiori tensioni, poi proseguite anche dopo formazione dell’esecutivo.
Qui si apre però l’ulteriore capitolo, del rapporto con l’Europa delle forze che guidano il nostro Paese. È infatti evidente che il passaggio di testimone (involontario) da Lega a Pd ha spostato l’asse del Governo verso un terreno visto con maggior favore dalle istituzioni Ue e quindi anche dal mercato. Anche stavolta gli osservatori non si aspettano che l’impasse italiano sfoci in un nuovo voto, che verosimilmente porterebbe al potere forze ben più critiche nei confronti dell’Europa e che inducono molti analisti a temere in quel caso una nuova deriva dello scarto BTp-Bund fino a quota 200. Su tutto questo incide poi anche il comportamento degli investitori esteri, rientrati soltanto in parte sui nostri titoli dopo le svendite avvenute fra marzo e maggio 2020 e riducendo le scadenze il portafoglio. «Il loro posizionamento potrebbe non essere eccessivamente lungo - notano Loredana federico e Chiara Cremonesi di UniCredit - e ciò dovrebbe impedire una eccessiva volatilità dei BTp nel caso in cui non siano indette nuove elezioni».
Il «caso Italia» va infine inserito nel contesto generale caratterizzato dalla reazione alla pandemia e dall’aumento a dismisura dei debiti pubblici in tutto il mondo: «una condizione condivisa che ha l’effetto di diminuire la percezione del nostro Paese “maglia nera”», ricorda Manuel Pozzi, di M&G Investments, che però rimanda soltanto nel tempo il problema. «In assenza di vere novità rispetto ai giorni precedenti, e nonostante la perturbazione politica in corso debba ancora manifestare i propri effetti, il tema sul tavolo rimane come gestire l’esplosione del debito: se attraverso una genuina crescita o affidandosi esclusivamente agli acquisti delle banche centrali, come in Giappone», avverte Pozzi. Il mercato concede insomma una tregua, ma non ignorerà certo la crisi, e terrà d’occhio il modo in cui la soluzione si rifletterà sulle capacità di ripresa dell’economia italiana.
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