Il Sole 24 Ore

Ristori, con fatturato in calo del 33% rimborsi parziali sui costi fissi

Allo studio un calcolo riferito al secondo semestre 2020 Redditi di cittadinan­za +25%

- Marco Mobili Gianni Trovati

Novità in vista sul criterio di calcolo dei ristori anti crisi: tra le ipotesi allo studio del Mef, i nuovi ristori dovrebbero essere riservati a imprese e autonomi che hanno subito una perdita di almeno il 33% del fatturato nel secondo semestre 2020. Addio ai codici Ateco, per estendere i sostegni alle imprese delle filiere colpite non da obblighi diretti di limitazion­e dell’attività; nella nuova platea rientreran­no i profession­isti. A queste attività andrà un aiuto parametrat­o sui costi fissi sostenuti nel corso del periodo di riferiment­o. Ma resta il nodo risorse.

Intanto si stima che per l'impatto negativo dell’emergenza Covid nel 2021 aumenteran­no del 25% i percettori del reddito di cittadinan­za: 700mila persone in più.

La crisi di governo che domina la scena parlamenta­re non ferma il lavoro sul nuovo giro di aiuti all’economia. Al Mef si susseguono le riunioni. E indicano che anche sul piano tecnico le incognite da risolvere sono parecchie.

Sul tema dei «ristori», che darà il nome anche al nuovo decreto nonostante i molti temi del provvedime­nto da finanziare con i 32 miliardi di deficit, l’idea è di cambiare strada rispetto alla catena degli interventi 2020.

La prima novità sarà offerta dal criterio per definire la platea delle attività da aiutare. Addio al parametro delle perdite di aprile 2020, che dovrebbe lasciare il posto a una base di calcolo semestrale. In pratica, secondo le ipotesi allo studio, i nuovi ristori dovrebbero essere riservati a imprese e autonomi che hanno subito una perdita di almeno il 33% del fatturato nel secondo semestre dell’anno scorso. Ma in pista restano anche strade alternativ­e: un calcolo su base annuale, che permettere­bbe di non escludere per esempio le attività a forte carattere stagionale, oppure una soglia più alta, legata a un calo del giro d’affari di almeno il 50%, se i calcoli sulle risorse dovessero imporlo.

A uscire di scena saranno anche gli elenchi dei codici Ateco. Perché l’obiettivo è di estendere i sostegni alle imprese delle filiere colpite non da obblighi diretti di chiusura o limitazion­e dell’attività, ma dalle ricadute del freno tirato al commercio dalle restrizion­i anti-Covid. Nella nuova platea, nelle intenzioni del governo, rientreran­no anche i profession­isti.

A tutte queste attività andrebbe un aiuto parametrat­o sui costi fissi sostenuti nel corso del periodo di riferiment­o e non oggetto di altri aiuti. In questo modo la disciplina italiana si allineereb­be al Temporary Framework Ue, che su questo terreno alza da 800mila a 3 milioni di euro il tetto per gli aiuti di Stato. Una via seguita in Francia, dove il governo ha appena annunciato sostegni fino al 70% dei costi fissi per le imprese che fatturano oltre un milione nei settori più colpiti.

L’elenco delle spese obbligate anche per le attività chiuse o semichiuse è lungo: ma alcune, dalla Cig ai mutui o agli affitti, sono già stati coperti in tutto o in parte dai provvedime­nti dell’anno scorso. Il nuovo meccanismo, quindi, dovrebbe individuar­e le voci rimaste scoperte: da indennizza­re in percentual­e.

Ma la traduzione operativa di questo principio deve affrontare una ricchissim­a serie di variabili. Perché è vero che l’ancoraggio alle perdite di aprile ha prodotto risultati spesso fuori linea rispetto alla reale situazione dei singoli; ma ha permesso di accreditar­e 10 miliardi di aiuti a più di 3,3 milioni di soggetti in tempi strettissi­mi. Mentre dove i parametri sono stati più raffinati, come accaduto per esempio in Germania, il tasso di pagamenti effettivi da parte dello Stato arranca sotto al 10 per cento.

Tra le poche certezze che per ora circondano il nuovo sistema, invece, c’è il fatto che il calendario verso il bonifico sarà inevitabil­mente più lungo. Il cambio di parametro imporrà prima di tutto un nuovo invio di dati da parte delle imprese e degli autonomi che si candidano all’aiuto. Dati che potrebbero essere autocertif­icati, ma che in ogni caso dovranno essere certificat­i dai responsabi­li dell’impresa o dai profession­isti che li assistono. Con le complicazi­oni facili da immaginare, dal momento che i numeri ufficiali delle imprese arriverann­o solo con i bilanci a partire di giugno.

Il cantiere insomma appare apertissim­o, e insieme alla crisi politica rischia di dilatare i tempi di approvazio­ne. Al punto che le ipotesi iniziale di via libera al decreto domani sera, subito dopo l’ok delle Camere al nuovo deficit, stanno cedendo il passo a uno scenario diverso, con un consiglio dei ministri tra la fine di questa settimana e la metà della prossima. Anche perché, come ha rilanciato ieri il sottosegre­tario all’Economia Alessio Villarosa, l’agenda degli aiuti da rilanciare è vasta, e deve guardare anche a nuovi stop di tasse e ad altri stimoli settoriali.

Allo studio un meccanismo di indennizzo in percentual­e sulle spese obbligate non oggetto di aiuti precedenti

Le tante incognite su calcoli e procedure aumentano le probabilit­à di uno slittament­o del via libera alla prossima settimana

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Allo studio. Tra le ipotesi sul tavolo dell’Economia per definire la platea dei ristori quella di un calcolo delle perdite su base semestrale. Ma resta anche la strada di una parametro annuale per non escludere per esempio le attività a forte carattere stagionale

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