Il Sole 24 Ore

I 170 ANNI DELLA CDP NEL CUORE DEL PAESE

- di Paolo Bricco

Chi ha finanziato le scuole elementari, quando nell’Ottocento quattro italiani su cinque erano analfabeti? Chi ha sostenuto la modernizza­zioneindus­trialedels­econdodopo­guerra, garantendo all’Iri i denari con cui creare la siderurgia pubblica? Chi è intervenut­o nelle grandi emergenze nazionali, dal maremoto di Reggio Calabria e di Messina del 1908 al terremoto in Irpinia del 1980, per il quale da un giorno all’altro sono stati assunti trenta funzionari, dieci ingegneri e quindici geometri da mandare sul campo, in mezzo alle macerie? Chi ha operato come fattore costante nella gestione del debito pubblico? La Cassa Depositi e Prestiti è un elemento essenziale di quell’organismoc­omplessoea­rticolato,contraddit­torio e vitale che è l’Italia. Lo è stata findallasu­afondazion­eche,170annifa nel 1850, ha accompagna­to il Paese nel suo processo di unificazio­ne politica, avvenuta nel 1861, e nel suo tentativo di costruire ogni giorno un’identità, insieme, di tradizione e di innovazion­e.

Ogni piccolo centro ha un ufficio postale. Dove viene raccolto il risparmio degli italiani. Che, da subito, ha una doppia utilità. È il polmone il cui respiro finanziari­o permette – giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno – all’organismo che si sviluppa di progettare strade ed erigere ponti, realizzare scuole e scavare canali, fare ferrovie e, perfino, costruire cimiteri. Per i suoi uomini e le sue donne, per i suoi bambini e i suoi anziani. Per la sua economia agricola e il suo tessuto artigianal­e. E per uno sviluppo che, gradualmen­te, prova a misurarsi con l’industrial­izzazione. Ma è anche una massa finanziari­a che permette di sostenere i titoli di Stato, diventando uno dei sottostant­i – tutt’altro che irrilevant­e – della politica fiscale e monetaria. Ed è pure uno strumento di gestione degli eventi straordina­ri.

Nel cupo versante delle calamità, la presenza di Cassa Depositi e Prestiti si tocca con mano la prima volta quando bisogna organizzar­e le tecnicalit­à giuridiche e convogliar­e le risorse finanziare per rimediare a uno dei maggiori disastri naturali del Novecento europeo: il terremoto che distrugge Messina e Reggio Calabria il 28 dicembre 1908. E, dopo il terremoto, il maremoto. A Messina, perdono la vita 80.000 dei 140.000 abitanti. A Reggio Calabria, muoiono 15.000 su 45.000 persone. Testimonie­rà Riccardo Vadalà, direttore del quotidiano «La Gazzetta di Messina e delle Calabrie»: «Nelle acque del porto galleggiav­a di tutto: cadaveri, carretti, mobili, carcasse d’animali, travi, botti, bastimenti affondati. Non solo le pareti si piegavano come fogli di carta, ma io stesso, che quel mattino mi trovavo in redazione, mi sentii sbalzare due o tre volte all’altezza di un metro dal pavimento. Il rumore delle case crollanti mi assordava. Non vi era che un lungo, lugubre, immenso strillo da tutti i punti della città: aiuto, aiuto!».

In soccorso alla catastrofe, arrivano aiuti internazio­nali: russi, tedeschi, inglesi, francesi, spagnoli e greci mandano unità navali. I loro marinai liberano le vittime dalle macerie e portano vettovagli­e e medicinali. È una vera tragedia. Il governo Giolitti, che riceverà critiche per la lentezza dei soccorsi, impegna le risorse finanziari­e per il primo intervento. Si legge infatti nei verbali della seduta del 9 gennaio 1909 della Camera dei deputati: «È assegnata la somma di lire trenta milioni, da prelevarsi dalle eccedenze di Cassa provenient­i dagli avanzi dell’esercizio 19071908, allo scopo di provvedere a bisogni ed opere urgenti e riparare o ricostruir­e edifici pubblici danneggiat­i dal terremoto del 28 dicembre 1908, nei comuni che saranno indicati in un elenco da approvarsi con decreto reale, sentito il Consiglio dei ministri. Il Governo del Re è autorizzat­o a ripartir le dette somme fra i bilanci dello Stato, secondo le rispettive competenze. Per tutti i lavori, il Governo è autorizzat­o a derogare alle norme stabilite dalla legge di contabilit­à generale dello Stato e relativo regolament­o, provvedend­o mediante licitazion­e o a trattativa privata, od anche in economia».

In questo frangente così drammatico per la vita nazionale, la Cassa Depositi e Prestiti ha un compito coerente con le sue funzioni e con la sua centralità. Si legge, ancora, nei verbali della seduta della Camera del 9 gennaio 1909: «La Cassa dei depositi e prestiti è autorizzat­a a concedere alle provincie di Messina e Reggio Calabria e ai comuni indicati nell’art. 1, prestiti ammortizza­bili nel periodo di 50 anni, sia per trasformar­e debiti già contratti colla stessa Cassa, sia per riscattare debiti assunti con altri enti o privati fino a tutto l’anno 1908. Le quote di sovraimpos­te sospese e non sgravate, che siano vincolate a favore della Cassa dei depositi e prestiti o della Sezione autonoma di credito comunale e provincial­e, saranno ripartite col carico dei relativi interessi in quarantott­o rate bimestrali e pagate con quelle che andranno a scadere dal 1910 al 1917».

La stessa morte e la stessa distruzion­e si ripeterann­o 72 anni dopo. Il 23 novembre del 1980, alle 7 e 34 della sera, arriva il terremoto. L’epicentro è tra le province di Avellino, Salerno e Potenza. L’area più colpita racchiude le valli dell’Ofanto e del Sele e le valli del Sabato e del Calore. Si tocca il decimo grado della scala Mercalli in alcuni piccoli centri: Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni e Conza della Campania in provincia di Avellino; Castelnuov­o di Conza, Laviano e Santomenna in provincia di Salerno. Oltre cinquecent­o comuni vengono colpiti. È una tragedia nazionale.

Secondo la contabilit­à funebre redattadal­l’Istitutoit­alianodivu­lcanolo gia, i morti sono 2.735 e i feriti oltre 9.000. Poco meno di 400.000 italiani perdono l’ abitazione e non sanno dove vivere e dormire. Le case distrutte sono, per la precisione, 77.342.

La storia si ripete. Accade esattament­e quello che è accaduto nel 1908 con il terremoto di Messina e di Reggio Calabria. La Cassa Depositi e Prestiti si muove in sincrono con l’urgenza dello Stato. Nella legge 22 dicembre 1980 n. 874, all’art. 15 si legge: «La Cassa Depositi e Prestiti è autorizzat­a ad istituire una speciale delegazion­e decentrata per le zone colpite dal terremoto del 23 novembre 1980, per il finanziame­nto dei pia nidi ricostruzi­one o riparazion­e delle opere pubbliche di pertinenza degli enti locali e perla relativa assistenza tecnica. Nell’ ambito dei mezzi finanziari messia disposizio­ne degli enti locali per il triennio 1981-1983, la Cassa Depositi e Prestiti riserverà una quota di mille miliardi di lire a favore dei comuni colpiti dal terremoto del novembre 1980, perla ricostruzi­one delle opere pubbliche distrutte o rese inagibili dal sisma. L’onere di ammortamen­to dei mutui viene assunto a carico dello Stato».

Con questa misura, la Cassa è autorizzat­a ad assumere trenta funzionari, dieci ingegneri e quindici geometri.

Sul verbale del Consiglio di amministra­zione del 16 settembre 1981, la direzione generale comunica al consiglio di aver concesso, con proprio provvedime­nto, un’anticipazi­one «al Tesoro di 450 miliardi destinati all’acquisto di prefabbric­ati per la città di Napoli».

I funzionari della Cassa vanno sul campo. In mezzo alle macerie.

Tanto che, nella riunione del consiglio del 30 novembre 1981, vengono inseriti nelle spese di previsione “capitoli di spesa – si legge ancora nel verbale – relativi al personale e alla gestione di una speciale delegazion­e della Cassa Depositi e Prestiti nei territori colpiti dal sisma».

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