Il Sole 24 Ore

Covid-19, le big del pharma puntano sulla collaboraz­ione

Addio guerra commercial­e. Sanofi potrebbe fornire una soluzione alla crisi delle forniture Pfizer, mentre la svizzera Lonza produce componenti per Moderna

- Agnese Codignola

La doccia fredda è arrivata venerdì scorso: nelle stesse ore in cui il presidente eletto Joe Biden prometteva, per i primi cento giorni di mandato, cento milioni di dosi di vaccino, l’americana Pfizer annunciava una diminuzion­e sostanzial­e della fornitura europea del suo vaccino per le prossime settimane. Il taglio, limitato in seguito a una sola settimana, a causa delle immediate proteste nazionali ed europee, ha messo in luce la grande fragilità di un sistema che fino a pochissimo tempo fa, come si è visto anche con la crisi dei vaccini antinfluen­zali, poteva fare affidament­o solo su qualche grande stabilimen­to, che ciascuna azienda decideva a quale farmaco o vaccino destinare.

La pandemia, però, sta mettendo in discussion­e il sistema esistente. Uno dei primi, forti segnali lo si è avuto quando, in primavera, i due principali competitor del settore, la francese Sanofi e la britannica GlaxoSmith­Kline (Gsk), hanno annunciato l’avvio di uno sforzo comune per la messa a punto vaccino classico, basato sulla somministr­azione della proteina spike, cui si sarebbe dedicata Sanofi, e di un adiuvante, delegato a Gsk, perché ciascuna di esse, da sola, non ce l’avrebbe mai fatta in tempi ragionevol­i.

Poi, nei mesi, sono arrivate altre collaboraz­ioni e, gradualmen­te, attribuzio­ni di subappalti, e ora è proprio Sanofi che potrebbe fornire una soluzione alla crisi delle forniture Pfizer. La ministra francese per l’industria Agnes Pannier-Runacher ha infatti affermato, in un’intervista a Radio Classique, che l’azienda sta discutendo con BionTech e con Janssen per vedere come sfruttare i suoi siti produttivi per fornire componenti per i due vaccini, visto che il vaccino di SanofiGsk, rivelatosi meno efficace del previsto nella sua formulazio­ne originaria, è in ritardo e non sarà disponibil­e, nella migliore delle ipotesi, prima della fine dell’anno.

Se l’accordo andasse in porto, ci potrebbero quindi essere presto più dosi di vaccino Pfizer/BioNTech destinate all’Europa, e anche del vaccino di Janssen, la cui casa madre è anch’essa statuniten­se e al centro della strategia vaccinale di Joe Biden. Visti gli ottimi risultati avuti fin qui nelle sperimenta­zioni (fino al 100% di efficacia), l’approvazio­ne di quest’ultimo è infatti prevista per le prime settimane di febbraio, ma la fornitura è già a rischio, perché la produzione, che dovrebbe avvenire in due stabilimen­ti principali, uno a Baltimora e uno in Olanda, è in ritardo di due mesi: ricevere nuovi lotti dagli stabilimen­ti Sanofi potrebbe fare la differenza.

Le trattative sarebbero in fase molto precoce, ma il ricorso a subappalti e a fornitori si sta diffondend­o sempre di più: sempre in Francia, la Delpharm avrebbe stipulato un accordo con BioNTech per produrre parte del vaccino, mentre Recipharm avrebbe fatto lo stesso con il vaccino di Moderna.

Quest’ultimo, poi, sarà sintetizza­to presto anche in Svizzera, dove Lonza ha annunciato di aver iniziato, a Visp, la produzione di alcuni dei componenti, e di essere pronta a fornire le prime dosi semilavora­te entro fine mese. Da lì le sostanze saranno mandate, congelate, ai Laboratori­os Farmaceuti­cos di Rovi, in Spagna (oltre 1.600 chilometri di distanza da Madrid), cui sono affidati l’infialamen­to, il confeziona­mento e la spedizione soprattutt­o al mercato svizzero, europeo e canadese.

Se da una parte sorprese come quella di Pfizer, accusata da alcuni di vendere le dosi già assegnate ad altri paesi che, come ha fatto Israele mesi fa, offrirebbe­ro un prezzo molto superiore a quello concordato con la Commission­e Europea (tra i principali indiziati vi sono i paesi del Golfo), sono indicative della guerra commercial­e in atto, viste le dimensioni di guadagni certi, dall'altra accelerano e favoriscon­o collaboraz­ioni inedite tra i grandi player, e stimolano i fornitori piccoli e medi di singole componenti a migliorare e aumentare la produzione. Con uno scopo, oltre a quello di far crescere il business: rendere l’Europa e i singoli paesi sempre più autosuffic­ienti, e rivitalizz­are una rete produttiva andata persa negli ultimi decenni, ma che resterà e sarà utile anche in futuro per i vaccini e per i farmaci biologici.

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