Bce, le banche si adeguano e frenano sui dividendi
Gli istituti hanno già comunicato le politiche di payout alla vigilanza Quasi tutti si adegueranno all’austerità richiesta causa-Covid dall’Eurotower
«Estrema prudenza» aveva raccomandato a metà dicembre la Bce alle banche rispetto al tema della distribuzione di dividendi. Ed estrema prudenza sarà. Almeno a quanto emerge dalle prime indiscrezioni in arrivo da Francoforte, nel complesso le banche dell’Eurozona in larghissima parte si sarebbero allineate alle raccomandazioni Bce sul tema delle cedole, e avrebbero così accettato di utilizzare gran parte degli utili 2019 e 2020 per affrontare al meglio gli effetti della pandemia.
Nei giorni scorsi – venerdì 15 era il termine ultimo – gli istituti intenzionati a pagare dividendi o ad effettuare riacquisti di azioni proprie (buyback) hanno infatti contattato i rispettivi team di vigilanza, i joint supervisory team, per comunicare i loro piani sul tema. Nella stragrande maggioranza dei casi, a quanto risulta al Sole 24Ore, l’allineamento rispetto agli input sarebbe stato pieno, in linea con le attese della Vigilanza. I paletti della Bce, resi noti a metà dicembre, sono chiari: fino a settembre 2021 i pagamenti di dividendi i buyback dovranno essere pari al dato più basso tra il 15% degli utili cumulati per il 2019 e il 2020 i 20 punti base del Common Equity Tier 1 ratio.
Una scelta scontata sì, ma non del tutto, visto che quella della Bce rimane pur sempre una raccomandazione. Non è un caso, del resto, che nell’ambito del consueto dialogo di vigilanza qualche banca europea abbia manifestato alcune perplessità rispetto alle indicazioni dell’Ssm. Non è escluso peraltro che alcuni istituti puntino alla possibilità di erogare parte del dividendo “mancante” una volta caduto il veto, ovvero a settembre. Non è chiaro quali siano gli esiti di questi dialoghi. Di certo oggi la Bce, valutando caso per caso, intende verificare se il livello di distribuzione previsto dalle singole banche rispetti l’indicazione di massima prudenza. E proprio in questo senso va messo in conto che, a fronte di eventuali criticità nei piani di distribuzione degli utili, i jst comunichino formalmente le loro preoccupazioni in una comunicazione operativa che avrà valore di raccomandazione. Proprio a dicembre Francoforte del resto aveva messo in chiaro che «le banche che intendono pagare i dividendi o riacquistare le proprie azioni devono essere in utile e disporre di traiettorie di capitali robuste». In ogni caso, gli istituti non potranno comunicare al mercato alcuna decisione sui dividendi fino a quando gli ispettori non avranno dato i loro feedback.
Per avere il quadro completo e dettagliato servirà attendere le prossime settimane, quando le banche procederanno con l’approvazione dei conti 2020, contesto in cui saranno appunto approvate le politiche sui dividendi.
Qualcosa in più, almeno a livello di sistema, si capirà però già prima, e in particolare nel corso di due appuntamenti previsti la prossima settimana. La prima occasione è fissata per lunedì prossimo, quando è in agenda l’audizione all’Ue del nuovo vicepresidente del Consiglio di vigilanza Bce, l’olandese Frank Elderson. L’appuntamento di rilievo è invece calendarizzato per giovedì 28, quando il presidente dell’Ssm Andrea Enria farà il punto sugli esiti degli esami Srep e, di conseguenza, sullo stato di salute delle banche dell’Eurozona.
In quella sede dunque si capirà con tutta probabilità anche l’ammontare complessivo che le banche sono pronte a erogare. Nelle scorse settimane la Bce stessa aveva dato un prima stima: il pagamento di dividendi da parte degli istituti europei vigilati si dovrebbe attestare «tra i 10 e i 12 miliardi, pari a un terzo di quelli pagati in un anno normale», aveva detto Enria parlando ai banchieri italiani riuniti nel Consiglio dell’Abi.
Con la raccomandazione sugli utili, Bce punta a salvaguardare la capacità delle banche di assorbire le perdite su crediti derivanti dalla pandemia e finanziare così l’economia. Ed è realistico che diverse banche colgano l’occasione del “tesoretto” a cui sono obbligati dalla Bce per varare rettifiche sui crediti. L’approccio improntato alla prudenza di Francoforte è dettato del resto dalla convinzione che l’impatto del Covid19 non si sia ancora manifestato pienamente sui bilanci, complici le garanzie pubbliche in atto e il ritardo temporale con cui la crisi si può manifestare sul portafoglio crediti. Bce stima che l’onda lunga della crisi possa generare fino a 1.400 miliardi di euro di sofferenze, una mole che supererebbe quella creata dalla crisi Lehman. Una visione giudicata da alcuni banchieri come eccessivamente pessimistica, tanto da aver spinto molte banche europee ad entrare in collisione con Francoforte proprio sul tema dell’erogazione dei dividendi. Non a caso qualcuno guarda in particolare oltre Oceano, dove le banche americane nei conti del trimestre hanno battuto le stime degli analisti principalmente grazie al rilascio delle riserve su crediti anche per il miglioramento delle attese legate al vaccino.