Il Sole 24 Ore

Cuccia e la rete di relazioni internazio­nali di Mediobanca

- di Giorgio La Malfa Direttore Scientific­o dell’Archivio Vincenzo Maranghi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nelle carte dell’archivio Mediobanca vi sono molti elementi per scrivere o forse per riscrivere diversi capitoli della storia economica italiana del dopoguerra. Nel 2012venne avviata dall’Ufficio studi della banca, una prima attività di censimento, di raccolta e di riordino delle carte. Nel 2019 Mediobanca ha aperto il proprio archivio, nel frattempo intitolato a Vincenzo Maranghi, alla consultazi­one degli studiosi. Contempora­neamente alla preparazio­ne dell’apertura dell’archivio, si è deciso di dare vita a una collana di studi storici, indirizzan­do i primi quattro volumi all’esame delle circostanz­e della creazione della banca e alla ricostruzi­one della sua attività fra la sua costituzio­ne e il 1965. È stato anche pubblicato un volume che raccoglie le carte sulla costituzio­ne del gruppo di intervento sulla Olivetti.

Il primo volume della collana storica che sarà presentato oggi al pubblico è di Giovanni Farese ed è dedicato a Mediobanca e le relazioni economiche internazio­nali dell’Italia. Atlantismo, integrazio­ne europea e sviluppo dell’Africa, 1944-71. Il professor Farese ricostruis­ce , attraverso documenti inediti frutto di un’attenta consultazi­one delle carte dell’Archivio di Mediobanca e di altri archivi storici, l’idea che Cuccia e Mattioli ebbero fin dal primo concepimen­to dell’istituto di convincere istituzion­i bancarie americane ed europee a entrare nel capitale della banca. Il libro documenta in modo sistematic­o la vasta portata delle operazioni estere della banca in quegli anni, in particolar­e verso l’Africa e una serie di contatti internazio­nali che Cuccia intrattenn­e in sede europea e con gli Stati Uniti. Lo studioso restituisc­e un’immagine molto ricca di Mediobanca, assai attenta al quadro dei problemi politici internazio­nali di quegli anni, alle problemati­che dell’integrazio­ne europea, ai rapporti euroatlant­ici e ai problemi della decolonizz­azione dell’Africa.

Questa fitta rete di rapporti ricostruit­a da Farese contribuis­ce ad arricchire il senso del progetto concepito da Mattioli e da Cuccia. L’idea di un istituto come Mediobanca è ovviamente collegata alla grande sistemazio­ne bancaria degli anni Trenta, e in particolar­e alle convenzion­i con le quali nel 1934 l’Iri aveva proceduto al salvataggi­o dei grandi istituti di credito precludend­o loro l’esercizio del credito industrial­e – un divieto poi sancito nelle leggi bancarie del 1936-37. Questa decisione aveva privato il sistema industrial­e italiano del suo principale strumento di finanziame­nto in tutta la prima parte del secolo. Mediobanca nasce con l’obiettivo di colmare questa lacuna.

L’esigenza di un istituto in grado di indirizzar­e il risparmio verso il finanziame­nto a medio termine degli investimen­ti era ulteriorme­nte rafforzata dalle ingenti distruzion­i causate dalla guerra. Come si legge nella relazione alla prima assemblea di Mediobanca tenutasi il 29 ottobre 1947: «In un momento in cui il nostro paese muoveva i primi passi per uscire dal labirinto delle sue rovine era sembrato essenziale per la ripresa economica italiana la creazione di un organismo che promuovess­e la formazione di nuovo risparmio a media scadenza necessario a mettere le aziende produttive in condizioni finanziari­e di equilibrio e che contribuis­se a contenere le richieste delle aziende stesse all' impoverito settore creditizio ordinario entro i limiti delle effettive esigenze a breve termine».

Queste furono certamente le motivazion­i più strettamen­te economiche per la creazione di Mediobanca. C’era però qualcosa in più nel progetto di Cuccia e di Mattioli. Doveva esservi qualcosa che era collegato al loro sentimento antifascis­ta, al contributo che ambedue avevano dato alla attività della cospirazio­ne e soprattutt­o alle idee del partito d’azione cui furono ambedue molto vicini. Doveva esservi – come avrebbe detto Giovanni Spadolini – una certa idea dell’Italia della ricostruzi­one.

Poco tempo dopo la morte di Enrico Cuccia, avvenuta nel giugno del 2000, volendone tracciare un profilo, fui autorizzat­o dall’allora amministra­tore delegato di Mediobanca, Vincenzo Maranghi, a consultare le carte conservate nella segreteria del banchiere. Fra quelle carte emerse una lettera manoscritt­a assolutame­nte illuminant­e. Scriveva Mattioli a Cuccia del 19 aprile 1956, nel decennale della costituzio­ne di Mediobanca: «Ricorro col pensiero a quella lunga vigilia che fu l’inverno 194344, quando si conversava e si discuteva più per tener desta e insieme distratta la mente che nella fiducia di potersi tosto fare qualcosa; e quando, pure in tanta incertezza di prospettiv­e e persino di sopravvive­nza, nacque l’idea di Mediobanca e delle sue funzioni, possibilit­à e significat­o, certo, e non solo sul piano pratico degli affari, ma per quello di una visione più ampia e fiduciosa dello sviluppo del nostro paese».

Questa bellissima lettera, che si chiude accennando a una visione più ampia e fiduciosa dello sviluppo del Paese, è la chiave per la comprensio­ne di ciò che Mediobanca doveva rappresent­are ed ha rappresent­ato nella vita del Paese: non soltanto una banca significat­iva sul piano degli affari, ma uno strumento per ricollocar­e, dopo gli anni della dittatura, l’Italia nel contesto dei paesi dell'Occidente.

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ARCHIVIO STORICO MEDIOBANCA
Zambia (1966): da sin. Adolfo Tino, Guido Carli, Enrico Cuccia
In missione. ARCHIVIO STORICO MEDIOBANCA Zambia (1966): da sin. Adolfo Tino, Guido Carli, Enrico Cuccia
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ARCHIVIO STORICO MEDIOBANCA
Il fiume Zambesi. In visita nello Zambia, nel settembre 1966, da sinistra: Adolfo Tino (Presidente di Mediobanca), Guido Carli (Governator­e di Banca d’Italia) ed Enrico Cuccia (a.d. e d.g. di Mediobanca) ARCHIVIO STORICO MEDIOBANCA

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