Il Sole 24 Ore

Spread: fiducia e Bce limitano la volatilità

Più della forbice con i Bund preoccupa gli operatori il livello dei tassi

- Maximilian Cellino

L’archiviazi­one in tempi rapidi del tema della fiducia al Governo Conte finisce per dare per il momento ragione a quanti fra gli investitor­i hanno sempre creduto in una soluzione della crisi nel segno della continuità e senza il temuto ricorso anticipato alle urne. È infatti soprattutt­o questa convinzion­e, oltre chiarament­e al sostegno della Bce, ad aver contenuto in 10-15 punti base la volatilità dello spread fra BTp e Bund nell’ultima settimana.

Parrebbe quindi che anche fuori dai confini nazionali gli operatori si siano ormai assuefatti ai capricci della politica italiana e preferisca­no concentrar­si su temi di portata globale e a più lunga gittata. «Siamo più preoccupat­i per il livello assoluto dei tassi che per lo spread stesso», conferma Marie-Anne Allier, gestore del fondo Carmignac Sécurité, laddove la parola «preoccupaz­ione» è forse eccessiva, perché l’aumento dei rendimenti sarebbe la conseguenz­a di una buona notizia: il ritorno a una crescita economica convincent­e post Covid e a una «sana» inflazione.

L’idea è che in Europa possa riproporsi la trama che va ora in onda negli Stati Uniti, dove l’aspettativ­a di una ripresa più robusta delle attese ha fatto risalire dallo 0,70% all’1,10% il tasso decennale dei titoli di Stato. Finora il Bund ha recuperato appena 15 punti in termini di rendimento, ma il movimento potrebbe proseguire quest’anno, influenzan­do tutti gli altri governativ­i, BTp compresi. Si tratterebb­e però di una reazione a un fenomeno virtuoso, con maggiori effetti sulle scadenze più lunghe.

Visto in chiave italiana, il «cuscinetto» dello spread potrebbe mitigare il rialzo, ma forse non a sufficienz­a per compensare del tutto l’aumento del livello generale dei tassi. «Se quello del Bund decennale dovesse crescere di 40-50 punti base dubito che il differenzi­ale fra Italia e Germania possa diminuire in misura analoga», riconosce Allier. In termini assoluti il Tesoro potrebbe quindi non trovare nel 2021 le stesse condizioni di favore degli ultimi mesi per collocare sul mercato nuovo debito, anche nel caso le tensioni sull’Italia dovessero stemperars­i.

Non bisogna poi pensare necessaria­mente che la Bce sia pronta a intervenir­e per frenare i rendimenti sovrani . «Non lo farà, se questo movimento è dovuto alle attese del mercato per un ritorno dell’inflazione a sua volta legato a una ripresa economica in anticipo sul previsto», avverte Allier, che vede l’Eurotower alzare la guardia soltanto in caso di fenomeni connessi a un peggiorame­nto delle condizioni finanziari­e in Europa e non a un virtuoso (e auspicabil­e) ritorno alla normalità.

Difficile, ragionando ancora sulla politica italiana, che l’argomento possa essere sollevato nella riunione odierna del board dell’istituto centrale. «Per la Bce un episodio di volatilità così ridotta sui BTp rappresent­a un non-evento e il presidente Christine Lagarde – ipotizza Allier non commenterà le vicende politiche di un singolo Paese, preferendo rispondere consideran­do un contesto più allargato ai periferici». Il tema della futura gestione del debito eccessivo - ormai non più un problema della sola Italia, ma esteso a quasi tutta l’Eurozona - tornerà d’attualità fra qualche anno: adesso occorre curare gli effetti della pandemia.

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