Zingaretti: rafforzare maggioranza e agenda Sul Conte ter Pd diviso
Ieri il segretario più sulla linea Franceschini: rimpasto senza nuovo governo
«Ieri abbiamo evitato un salto nel buio. Ora bisogna fare in fretta sui problemi degli italiani: la campagna vaccinale, i problemi economici, il lavoro. Bisogna correre, con il Recovery plan ci sono centinaia di miliardi da investire; ora dobbiamo coinvolgere il Paese perché diventino cantieri: per ora sono solo progetti raccontati, occorre lavorare perché diventino realtà. E dobbiamo dare alla maggioranza nata ieri una identità politica».
Ecco, l’indentità politica della nuova maggioranza (fin qui relativa e non assoluta) senza più Matteo Renzi. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha passato la giornata al telefono o in riunioni in videoconferenza, la più importante a Palazzo Chigi nel pomeriggio per fare il punto con Giuseppe Conte e gli altri leader della superstite maggioranza (Vito Crimi per il M5s e Roberto Speranza per la sinistra di Leu), tentando di capire se ci saranno nei prossimi giorni i presupposti per il rilancio del governo. Ossia se ci sono i numeri per fare un gruppo centrista nuovo che possa sostituire Italia Viva entro il prossimo mercoledì, quando in Parlamento si voterà sulla relazione annuale sullo stato della giustizia con il ministro Alfonso Bonafede: passaggio delicatissimo soprattutto in Senato, dove Italia Viva ha annunciato che stavolta voterà contro (si veda l’articolo in pagina).
Il resto, ossia che fisionomia prenderà il governo e attraverso quali passaggi - semplice rimpasto o vero e proprio Conte ter previa crisi pilotata - è solo una conseguenza della ”caccia” ai volenterosi. E se questa “caccia” non andrà a buon fine, è il messaggio di Zingaretti rilanciato anche dal suo consigliere Goffredo Bettini, ci saranno le urne anticipate. Altro che Conte ter. Chiaramente un messaggio agli incerti in arrivo per mettere loro il sale sulla coda ed accelerare il passaggio nelle file della maggioranza. C’è poi da considerare che la tempistica che si sono dati i leader della maggioranza nell’incontro a Palazzo Chigi - ossia prima la formazione del nuovo gruppo e poi l’apertura del capitolo assetto di governo - è anche un modo per contenere i compositi appetiti dei singoli creando un interlocutore unico. Anche per questo Zingaretti ieri sera frenava molto sull’ipotesi di grandi rivolgimenti nel governo: «Saranno certamente sostituiti i posti lasciati vacanti da Italia Viva - si fa sapere da Largo del Nazareno - ma aprire il varco a guerre intestine ai gruppi per l’ingresso o meno nel governo in questa fase già così precaria potrebbe essere devastante». Sembra dunque essere passata anche al Nazareno la linea di Conte: niente dimissioni e piccolo ritocchi. Anche perché per i “volenterosi” in arrivo ci sono altre soluzioni di compensazione, a cominciare dalle sostituzioni nelle commissioni che la formazione di un nuovo gruppo parlamentare rende necessarie in entrambe le Camere per finire con i ruoli di responsabili all’attuazione delle varie parti del Recovery plan quando infine sarà trovata una soluzione al nodo della cabina di regia.
Ma certo la linea prudente sul governo scelta in queste ore dai vertici del Pd crea più di un dubbio nel partito e nei gruppi parlamentari e anche per questo potrebbe essere rimessa in discussione al momento di mettere mano al rimpasto immaginato dal premier una volta risolta positivamente la questione dei nuovi gruppi centristi. Non è un mistero che sulla soluzione del governo e sulla discontinuità da immettervi i democratici non siano uniti. Da una parte i governisti, con il capodelegazione Dario Franceschini in testa ma anche con il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, più prudenti e più vicini a Conte. E chiaramente meno interessati a mettere in discussione gli attuali equilibri dell’esecutivo. Dall’altra i capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci e il vicesegretario Andrea Orlando che premono per una maggiore discontinuità. Non a caso si fanno i loro nomi per un possibile ingresso nel Conte ter (o bis bis): Delrio alle Infrastrutture, Marcucci al Lavoro e Orlando come sottosegretario a Palazzo Chigi o in una nuova casella con delega all’attuazione del Recovery o al posto di Bonafede alla Giustizia. In mezzo Zingaretti, a cui spetterà la mediazione con Conte nelle prossime settimane.