Stretta di Natale, curva rallenta ma in Lombardia dati stabili
Situazione anomala, da un mese la regione non migliora né peggiora
Il lockdown soft di Natale lascia il segno sulla curva dei contagi che dopo 15 giorni, e quindi da una settimana a questa parte, ha cominciato a rallentare, anche se ieri si è registrata una leggera risalita con 13.571 positivi (10.497 il giorno prima) e ancora tante vittime: ieri 524, martedì 603.
Una tendenza che però non ha riscontri definiti in Lombardia, dove la curva è stabile da almeno 4 settimane: a parte le variazioni giornaliere, si registrano mediamente tra i mille e i duemila casi in più al giorno, con 4-500 posti in terapia intensiva occupati senza oscillazioni significative, nè in un senso né in un altro. Fatto, questo, su cui gli esperti si stanno interrogando.
Ci possono essere più spiegazioni. La prima è che l’altalenarsi di misure, più i maggiori incontri tra persone avvenuti durante il periodo natalizio, hanno impedito un calo netto dei casi. Peraltro la consapevolezza di essere inseriti in zona rossa potrebbe aver portato ad una maggiore socialità nei giorni precedenti. Ma non c’è solo questo: tra le ipotesi c’è anche quella che le varianti “più veloci” del coronavirus sia siano già diffuse in Lombardia, aumentando il contagio.
Va detto comunque che in Lombardia i casi positivi evidenziati a gennaio, per 100mila abitanti, sono più bassi di molte regioni non “rosse”: secondo la direzione generale del Welfare della Regione Lombardia sono 133, ben al di sotto di Emilia Romagna e Veneto. Motivo per cui il governatore Attilio Fontana e la vicepresidente Letizia Moratti hanno presentato ricorso al Tar del Lazio contro il collocamento in zona rossa, nel cui testo si legge proprio che «all’interno del rapporto di monitoraggio la cabina di regia ha mostrato preoccupazione soprattutto per l’alta incidenza settimanale registrata in alcuni territori, fra i quali non figura la Lombardia». Inoltre, si legge, l’Rt «fotografa una situazione epidemica non attuale... è strutturalmente in ritardo rispetto al contagio, sia perché è calcolato sui sintomatici, i quali sviluppano sintomi a distanza di giorni dalla data in cui sono entrati in contatto con il virus, sia perché, proprio non considerando il dato dei contagiati non sintomatici, non fa emergere le catene di trasmissione tra asintomatici che restano occulte (se non esaminando l’incidenza)».
Intanto i numeri sui nuovi contagi a livello nazionale - al netto comunque di un andamento dei tamponi molto altalenante - spiegano il miglioramento complessivo nella settimana dal 13 al 19 gennaio, con 97.342 positivi. Casi in calo rispetto ai 121.664 della settimana precedente e dei 114.132 di inizio gennaio. La stretta delle Feste - tra zone rosse e arancioni - dunque ha raffreddato la curva del contagio e conferma che nella lotta al virus, almeno in questa lunga seconda ondata, funzionano solo le cosiddette misure di mitigazione - i lockdown appunto - invece che il contenimento (il tracciamento), che può funzionare solo riducendo i casi giornalieri.
Ora sono almeno due le variabili delle prossime settimane: il possibile effetto tra 15-20 giorni delle riaperture delle scuole, che in modo scaglionato si stanno susseguendo in tutte le Regioni; l’impatto delle varianti del virus, a cominciare da quella “inglese” che Oltremanica ha fatto riesplodere l’epidemia, con il record ieri di 1.820 morti.