Emicrania, un male diffuso che costa 20 miliardi l’anno al sistema Italia
Al convegno del Sole 24 Ore sulle cefalee collegate oltre 2mila persone Una patologia invalidante che affligge il 14 per cento della popolazione attiva
Secondo l’Oms l’emicrania è la terza malattia più frequente al mondo e la prima causa di disabilità sotto i 50 anni, quindi nel pieno dell’età produttiva. Secondo le statistiche il disturbo colpisce il 14% della popolazione con una spiccata “preferenza” per il genere femminile (rapporto 3 a 1 rispetto agli uomini). Nel dettaglio, quindi, ne soffrirebbe il 18% delle donne e l’8% degli uomini. «In realtà, oggi in Italia gli emicranici sono un esercito silenzioso - precisa Piero Barbanti, presidente dell’Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee, in occasione del convegno “Emicrania. Combattere il disagio e prospettive future” organizzato dal Sole 24 Ore, a cui si sono collegate 2mila persone, aperto da un intervento del direttore Fabio Tamburini -. Sembra infatti che di emicrania abbia sofferto il 24% della popolazione e che un terzo di questi - ben 3 milioni - ne soffra almeno una volta a settimana. Quindi un grosso esercito, di milioni di persone».
Ma perchè è un’armata silenziosa? «Perché temono di raccontare il proprio problema, non essendo ascoltati, e di non essere visti perché “non portano il pigiama”» continua Barbanti, che è anche autore del volume “Emicrania. Storia di un personaggio in cerca di autore”, appena uscito in libreria. Non solo. Dal registro italiano per l’emicrania cronica (Iron) - a cui i neurologi italiani hanno iniziato a lavorare nel 2014 al fine di avere una fotografia reale del fenomeno - emerge che il percorso dell’emicranico passa attraverso 8 medici diversi, una serie infinita di esami e anni prima di trovare il trattamento giusto. Nel 2020 il progetto è entrato nella seconda fase, con il nome di I-Graine (Italian migraine) passando da 24 a 40 centri della cefalea allo scopo di monitorare anche l’emicrrania episodica.
I centri cefalea svolgono un ruolo cruciale soprattutto alla luce dell’arrivo dei nuovi farmaci preventivi, gli anticorpi monoclonali, che richiederanno una revisione del percorso diagnostico terapeutico del paziente nell’ottica dell’appropriatezza e della sostenibilità. «Da questo punto di vista la formazione di una rete consente di porre criteri di priorità per arrivare al farmaco più corretto rispetto alle alternative in essere e future che garantiranno equità di accesso alla salute per tutti e un controllo dell’impatto sul bugdet a livello nazionale e regionale» sottolinea Sabina Cevoli, dirigente medico dell’Istituto delle Scienze neurologiche di Bologna. A luglio dell’anno scorso, l’Aifa ha autorizzato la rimborsabilità dei cosiddetti anti-Cgrp, una nuova classe di farmaci in grado di bloccare il peptide correlato al gene della calcitonina (Cgrp), una piccola proteina che gioca un ruolo importante nella genesi degli episodi di questa malattia neurologica invalidante, da poco riconosciuta come malattia sociale. Un importante passo avanti nella terapia di questa malattia che fino a poco tempo fa non aveva a disposizione farmaci specifici, ma “riciclati” da altre patologie (beta-bloccanti, antiepilettici, antidepressivi, ecc). Anche se non valgono per tutti, gli anticorpi monoclonali negli studi di real life condotti nei centri di cefalea italiani confermano che nel 60% dei soggetti con emicrania episodica e quasi nel 40% dei cronici dimezzano i giorni di emicrania. Oggi nel complesso si stima che il “mal di testa” (emicrania inclusa) costi in Italia 20 miliardi l’anno. Un costo medio annuo di 4.352 euro per paziente - tra perdita di produttività (36%), assistenza informale da parte di familiari (34%), prestazioni sanitarie (25%) e cure affidate a professionisti 2%) - e un calo del rendimento al lavoro di 380 euro a persona in un trimestre. Questo l’impatto economico dell’emicrania in Italia per tutte quelle spese che sono al di fuori dell’assistenza a carico del Ssn, calcolato dall’Università Bocconi di Milano. «L’emicrania è una malattia emblematica della necessità di definire politiche di welfare integrate, capaci di intercettare alla base i bisogni della popolazione per contrastare le disuguaglianze - spiega Rosanna Tarricone del dipartimento di Analisi delle politiche e management pubblico della Bocconi -. E il Covid del resto ci ha ricordato quanto sia fondamentale perseguire e mantenere la salute per il benessere della società. Tutto si tiene: prevenzione, contrasto delle disuguaglianze, benessere sociale e ricchezza degli Stati. Che senza la salute, come il virus ha dimostrato vanno gambe all’aria. Allora è necessario adottare finalmente un approccio a tutto tondo, lontano dalle logiche “top-down” e a canne d’organo tuttora in piedi e basato sul contrasto delle disuguaglianze di salute». Il nostro studio - avvisa Tarricone - è paradigmatico perché, nel caso dell’emicrania, mostra un evidente gap di genere: le donne che sono decisamente più colpite dalla malattia mostrano costi quasi dimezzati, circa 3.600 euro, rispetto agli oltre 6mila euro spesi dagli uomini. Che “stanno meglio” ma hanno maggiore capacità di spesa e quando si assentano dal lavoro “pesano” di più, registrando maggiori percentuali di occupazione e più alte retribuzioni. Dati emblematici di come una determinata patologia dreni risorse economiche che potrebbero essere utilmente impiegate nella società e di come sia necessaria una lettura puntuale dei fenomeni per definire interventi appropriati».