A2A, investimenti per 16 miliardi al 2030 Triplicata la capacità dalle rinnovabili
Focus su economia circolare e transizione energetica Target di utili a 650 milioni L’ad Renato Mazzoncini: «Il ciclo di aggregazioni regionali si è concluso»
A2A lancia il piano industriale al 2030 per riposizionare l’azienda, «passando dal mezzo al fine, cioè ai servizi» offerti ai cittadini-utenti, come sottolineato dall'ad Renato Mazzoncini, e semplificando tutte le attività, che verranno ricondotte all’economia circolare (ambiente, acqua e teleriscaldamento) e alla transizione energetica (dunque produzione elettrica, ambiente e reti). È su questi due pilastri che verranno convogliati, nell'arco dei prossimi 10 anni, investimenti rispettivamente per 6 e 10 miliardi: 16 miliardi che hanno l'obiettivo di trasformare l'azienda controllata dai Comuni di Milano e di Brescia da multiutility a “Life Company”, che si prende cioè «cura delle condizioni necessarie alla vita e alla qualità». Allo stesso tempo l’obiettivo è diventare il secondo produttore energetico nazionale, un leader europeo nel comparto ambientale e un perfetto interprete del concetto di elettrificazione. Viceversa passa in secondo piano il risiko territoriale: una fase che ha creato valore, ha precisato Mazzoncini, ma che ora può dirsi conclusa.
Tradotto in numeri, ciò significa un Ebitda più che raddoppiato oltre 2,5 miliardi (il 2020 si chiuderà attorno a 1,18 miliardi) e un utile netto in crescita di oltre l'8% medio annuo con un valore d'atterraggio al 2030 superiore a 650 milioni dai 300 del 2020. I dividendi minimi sono attesi
direttore generale in crescita del 3% medio l'anno con quello sul 2020 in aumento ad almeno 8 centesimi per azione. A livello industriale ciò si tradurrà in una riduzione del 47% del fattore emissivo di CO2; verrà triplicata la capacità installata da fonti rinnovabili, arrivando a 5,7 GW, puntando su solare ed eolico con una componente M&A (comunque limitata) nei primi anni di piano. Si punta inoltre a raddoppiare i clienti elettricità e gas su scala nazionale (da 2,9 a 6 milioni) e a diventare «player di rilevanza europea» nel settore ambientale, incrementando la differenziata nei territori serviti al 76%. Tutto ciò a fronte di 6mila assunzioni dirette in arco piano e di una «attenzione verso un'equilibrata struttura del capitale» anche se «il significativo piano di investimenti concentrato nella prima parte di piano è atteso incrementare la posizione finanziaria netta», che poi andrà a ridursi a 2,5 volte nel 2030.
È la prima volta che A2A, e in generale un gruppo energetico, formula un piano a 10 anni. «Un punto di svolta con una strategia a lungo termine», ha precisato Mazzoncini, che arriva peraltro in un momento cruciale per il Paese e in cui nuovi investimenti, quelli di A2A triplicheranno in media ogni anno rispetto al 2019, sono preziosa benzina per il pil. Vedere target finanziari a 10 anni, al tempo stesso, per il mercato è una novità assoluta, vista anche la componente di imprevedibilità che aleggia su qualsiasi business e il Covid stesso ne è la prova più lampante. In ogni caso, la Borsa
Nell’intervista a Marco Patuano, presidente di A2A, l’anticipazione del piano industriale focalizzato sulle infrastrutture crede nel progetto: A2A ha chiuso in rialzo del 3,43% a 1,37 euro in attesa del roadshow internazionale che partirà a breve. Secondo Equita gli obiettivi di breve termine sono superiori alle attese.
L’entità degli investimenti sui vari business è la cartina al tornasole delle priorità del piano. A partire dai 6 miliardi sull’economia circolare: potenziamento della filiera ambientale, riduzione delle perdite idriche del 20% e spinta sul teleriscaldamento. La transizione energetica vedrà invece, tra gli altri, 4 miliardi sulle rinnovabili e 1,9 miliardi sul potenziamento delle reti elettriche, perché «è inutile ricorrere all'energia verde se non abbiamo reti all’altezza che permettono di elettrificare», ha spiegato Mazzoncini.
In parallelo anche l'azionariato di A2A potrebbe evolvere: già nei prossimi mesi i Comuni azionisti di Lgh entreranno nel capitale con una quota del 2-3% e dunque Milano e Brescia scenderanno sotto la fatidica soglia del 50% ma non è affatto esclusa, in futuro, un'ulteriore diluizione dei due principali soci.