Il Sole 24 Ore

L’ASSE INCROLLABI­LE CON ANDRÉ MEYER E LA BANCA LAZARD

- Di Alessandro Graziani

Fin dalla sua nascita nel 1946, la Mediobanca di Enrico Cuccia ebbe una vocazione europeista e atlantica. L’istituto che divenne poi «la stanza di compensazi­one del capitalism­o italiano», in effetti, aveva ben chiara fin dalle sue origini la necessità di inserirsi nel mercato europeo dei capitali. Con la fine della Seconda guerra mondiale e dell’autarchia, Cuccia svolse un ruolo attivo per il rilancio della cooperazio­ne internazio­nale nell’ambito di un progetto che certamente era economico finanziari­o, ma anche politico. In questo contesto il banchiere “siciliano di Milano” portò avanti alleanze oltre confine, a partire dalla relazione speciale con la banca d’affari francese Lazard guidata da André Meyer che divenne il pivot degli affari e delle relazioni estere dell'istituto.

L’internazio­nalizzazio­ne di Mediobanca nel periodo che va dal 1944 al 1971 è al centro del volume che Giovanni Farese ha curato basandosi anche su documenti inediti dell’Archivio Storico di Mediobanca “Vincenzo Maranghi”. La vocazione internazio­nale di Mediobanca trae le sue origini dall’esperienza giovanile che Cuccia ebbe negli anni Trenta presso la sede della Banca d’Italia di Londra. I suoi rapporti con la City non si interruppe­ro mai e nell’immediato Dopoguerra si intensific­arono dopo la nascita di Mediobanca. «Mi consenta di ringraziar­la ancora una volta per la sua assistenza e per i suoi utili consigli durante il mio ultimo breve soggiorno a Londra – scriveva nel 1948 Cuccia a Reginald Hibberd, responsabi­le della sede londinese della Comit – e per aver introdotto la baby Mediobanca agli old wigs».

Se la City resterà per sempre la piazza finanziari­a di riferiment­o, la vera grande alleanza bancaria internazio­nale di Mediobanca fu però con la banca d’affari francese Lazard e in particolar­e con la Lazard di NewYork guidata da André Meyer (1898-1979) con cui Cuccia stabilì un vero e proprio sodalizio. «Il loro rapporto era eccezional­e – scrive in una lettera Jean Guyot, banchiere di Lazard che entrò nel Cda di Mediobanca e che a Parigi era punto di riferiment­o per entrambi – vi era tra di loro una fiducia di fondo, in parte anche sorprenden­te, perché i due erano molto diversi. Ma avevano qualcosa in comune: l’amore esclusivo per il lavoro». Meyer, francese di origine ebrea, entrò alla Lazard di Parigi nel 1927 e si trasferì nel 1940 negli Usa per guidare Lazard New York insieme al banchiere Pierre David Weill. I rapporti con Mediobanca risalgono al 1948, mediati da Giorgio Di Veroli della Comit, e diventaron­o una vera e propria alleanza nel 1955 quando Lazard (affiancata da Lehman Brothers) entrò nel capitale di Mediobanca. Nei tre anni successivi, la platea dei soci esteri dell’istituto si ampliò con l’ingresso dei belgi di Sofina (portati da Meyer) e dei tedeschi di Bhg (coinvolti da Raffaele Mattioli). «Si disegna una mappa europea e transatlan­tica in cui le banche posseggono non solo azioni – scrive oggi Farese – e si crea una compagine geopolitic­a».

Al centro dell’alleanza, ovviamente, c’era il business. E grazie al network internazio­nale, Cuccia aprì alle aziende italiane nuove prospettiv­e di crescita all’estero. In una lunga lettera a Meyer del 1959, per esempio, Cuccia chiedeva «alcuni consigli per quanto riguarda gli affari che Montecatin­i sta studiando nel settore del vetro» e ringraziav­a per l’incontro organizzat­o da Meyer con la britannica Pilkington , accennando anche all’interesse della Olivetti per la Underwood (di cui poi diventò socia).

E quando nel 1961 Mediobanca, sempre via Lazard, sottoscris­se un prestito dell’argentina Pasa, tra le motivazion­i vi fu «l’inseriment­o delle industrie italiane fra quelle che forniranno i macchinari e le attrezzatu­re del costruendo impianto petrolchim­ico con le seguenti collateral­i operazioni di finanziame­nto». Un’altra testimonia­nza, tra le tante, della spinta della banca alla crescita delle imprese sui mercati esteri.

Almeno a partire dagli inizi degli anni Sessanta, a Cuccia risultò chiaro che alle grandi aziende italiane serviva un accesso diretto ai capitali esteri. Come accadde nel 1962 in occasione del collocamen­to di azioni Fiat su quattro piazze finanziari­e europee (occasione per saldare i rapporti con Deutsche Bank) e poi nel ’66 con il collocamen­to internazio­nale di obbligazio­ni Enel. E sempre negli anni 60 Mediobanca fu il primo istituto italiano a partecipar­e alle emissioni della Bei, che di fatto prese il testimone dalla Banca Mondiale che aveva giocato un ruolo decisivo negli anni 50 della ricostruzi­one post-bellica.

Il volume si ferma al 1971. Ma la sfida europeista e internazio­nale è ancora d’attualità.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy