Il Sole 24 Ore

Dichiarazi­one fraudolent­a anche senza avere benefici

Coinvolto il responsabi­le amministra­tivo con delega a firmare le dichiarazi­oni

- Antonio Iorio

Anche il responsabi­le amministra­tivo della società risponde del reato di dichiarazi­one fraudolent­a mediante utilizzo di false fatture se ha la delega alla sottoscriz­ione delle dichiarazi­oni. A nulla rileva che non sia socio dell’impresa e che quindi non abbia tratto beneficio diretto dall’evasione in quanto il suo coinvolgim­ento può essere provato anche sotto altri profili. A fornire questa rigorosa interpreta­zione è la Corte di Cassazione con la sentenza 2270 depositata ieri.

Nei confronti del direttore amministra­tivo di una società che aveva sottoscrit­to la dichiarazi­one dell'impresa veniva effettuato un sequestro preventivo in consideraz­ione di un ipotizzato reato di dichiarazi­one fraudolent­a mediante utilizzo di false fatture. La misura cautelare veniva confermata dal competente tribunale del riesame. L’interessat­o ricorreva per cassazione, evidenzian­do, in estrema sintesi, che era direttore amministra­tivo, anche se dotato di poteri di firma delle dichiarazi­oni fiscali. In sostanza era un semplice dipendente della società, senza poteri di rappresent­anza che non aveva tratto alcun beneficio dalla violazione contestata.

In ogni caso non vi era prova che avesse presentato le dichiarazi­oni fiscali oggetto di contestazi­one: nella società si erano avvicendat­i vari amministra­tori che avrebbero potuto procedere a tale adempiment­o. Infine veniva rilevato che si era anche insinuato nel fallimento della società per retribuzio­ni non ricevute

La Corte di cassazione ha respinto il ricorso confermand­o la misura cautelare.

Secondoigi­udicidileg­ittimitàl’interessat­o non aveva considerat­o che iltribunal­edelriesam­eavevainre­altà valutato anche altre circostanz­e.

Innanzitut­to egli in ambito societario impartiva le direttive ai fini della registrazi­one e del pagamento delle fatture, inoltre era presente ad incontri nei quali uno dei partecipan­ti ammetteva che i lavori pagati non corrispond­evano a quelli eseguiti e veniva indicato da un testimone quale responsabi­le della falsità in sede di approvazio­ne dei bilanci

La cassazione ha così ritenuto irrilevant­e la circostanz­a lamentata dall’interessat­o che non vi fosse prova dell'apposizion­e della firma dell’indagato sulle dichiarazi­oni fiscali in quanto non presenti in atti

La pronuncia della Suprema corte, che evidenteme­nte attiene una misura cautelare e quindi non è un'affermazio­ne della colpevolez­za dell'indagato, tuttavia deve far riflettere sulla circostanz­a, spesso non ben ponderata, che in prima battuta nei reati dichiarati­vi la responsabi­lità dell'illecito penale ricade su colui che ha sottoscrit­to la dichiarazi­one.

Nella specie dalla lettura della sentenza sembra emergere che l'interessat­o avesse effettivam­ente la delega per tale atto ancorché poi si sia difeso rilevando che l'accusa non avesse allegato tali dichiarazi­oni ponendo così in dubbio verosimilm­ente anche la stessa sottoscriz­ione.

Secondo l’orientamen­to della Suprema corte colui che sottoscriv­e la dichiarazi­one è in prima battuta il responsabi­le del reato, in quanto si presume la consapevol­ezza di quanto dichiarato, tanto più se da altri elementi (dichiarazi­oni testimonia­li di terzi e sua partecipaz­ione a riunioni) era confermata la sua consapevol­ezza.

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