La blockchain cresce per ecosistemi
L’emergenza sanitaria frena gli investimenti, ma allo stesso tempo evidenzia le lacune dei sistemi che la tecnologia può risolvere: l’hype si è esaurito, adesso ci si concentra sui progetti concreti
C’è il progetto Spunta delle banche italiane per la rendicontazione interbancaria, le case farmaceutiche hanno messo a punto Dafne per rendere più efficiente la supply chain dei medicinali in era Covid, mentre le assicurazioni stanno studiando un sistema di
distributed ledger per la gestione della parte riassicurativa. Intanto nel mondo il boom di bitcoin ha riportato in auge le criptovalute, il progetto LibraDiem di Facebook ha accelerato i piani per la valute digitali di Banca centrale, con in testa la Cina e la sperimentazione di yuan digitale, e si vanno evolvendo le soluzioni di finanza decentralizzata.
Oggi di blockchain si parla meno perché ci si concentra di più sui progetti operativi. Il 2020 potrebbe rappresentare l’anno della svolta per la tecnologia dei registri distribuiti (Dlt) alla base delle criptovalute: l’hype che ha dominato gli ultimi anni si è esaurito, si sviluppano gli ecosistemi sia infrastrutturali che di filiera. È questo il messaggio fornito dal report dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano che sarà presentato domani. D’altra parte la stessa emergenza sanitaria ha evidenziato i potenziali benefici della blockchain: «La crisi ha ridotto gli investimenti sui progetti di blockchain anche in Italia, frenando lo sviluppo di nuovi progetti ma tagliando anche quelli meno concreti, di maggiore
hype mediatico. Ma allo stesso tempo ha permesso di realizzare che alcuni sistemi, come quello della data privacy in ambito sanitario, erano impreparati: in questo senso le tecnologie Dlt potranno contribuire a migliorare l’efficienza», sintetizza Valeria Portale, direttore dell’Osservatorio.
Così l’anno scorso i progetti a livello globale sono cresciuti del 59% rispetto al 2019 mentre sono calati dell’80% gli annunci, segno di un mercato più maturo e di uno spostamento verso progetti più concreti. Sono 508 i progetti censiti fra il 2016 e il 2020, a cui si aggiungono 734 annunci. In Italia gli investimenti delle aziende sono pari a 23 milioni di euro, in calo del 23% per effetto del Covid, che ha congelato lo sviluppo di nuovi progetti spingendo le imprese a concentrarsi su iniziative già avviate. Il 60% della spesa è così indirizzata verso progetti operativi con il comparto finanziario che si conferma di gran lunga il maggior con il 58% degli investimenti, seguito dall’agroalimentare (11%) e dalle utility (7%) che superano la Pubblica amministrazione (6%).
L’emergenza ha evidenziato anche le carenze di trasparenza e tracciabilità in ambito delle filiere: i progetti in ambito supply chain, in passato spesso sviluppati da una singola azienda, oggi sempre di più coinvolgono un numero ampio di partecipanti della filiera. Appare proprio questa la novità segnalata dall’Osservatorio: la maturazione della tecnologia passa per lo sviluppo di piattaforme che forniscono l’infrastruttura aperta a disposizione delle aziende per lo sviluppo di singole applicazioni. La percentuale di progetti che si appoggia su piattaforme già esistenti è salita al 47%.
Ma va anche crescendo la disponibilità di piattaforme non specifiche per singole applicazioni ma aperta alle esigenze e alle sperimentazioni singole. A partire da quelle delle criptovalute, che si stanno evolvendo nel senso di una maggior usabilità. Il recente lancio di Ethereum 2.0 e lo sviluppo delle soluzioni di layer 2 sulle blockchain promettono di rendere più efficienti le piattaforme permissionless, quelle aperte a tutti, il cui utilizzo è ancora spesso frenato dai problemi di scalabilità, privacy e affidabilità che non le rendono ancora utilizzabili per qualsiasi tipo di applicazione. La vera novità che sta ormai superando la fase di sperimentazione per arrivare all’operatività già a partire da quest’anno sono le piattaforme general purpose permissioned, promosse da governi o consorzi nazionali o sovranazionali: c’è Ebsi promossa dalla Commissione Europea, la spagnola Alastria, la cinese Bsn. Anche in Italia sta nascendo Ibsi, che consentirà alle aziende private di utilizzare il framework tecnologico della più ampia piattaforma europea. Si tratta di infrastrutture che utilizzano protocolli abilitati a girare sui diversi nodi della rete, con standard aperti e interoperabili per permettere alle pubbliche amministrazioni in prima battuta, ma anche a qualsiasi azienda, di mettere a punto le proprie applicazioni. Anche il Paese può giocare così una sua partita sul campo della blockchain: «L’Italia guarda con forte attenzione a questa tecnologie, figurando al sesto posto per numero di progetti: per il Paese si apre una grande opportunità di essere per una volta alla guida del cambiamento. È cruciale che tutti i soggetti - aziende, centri di ricerca, attori pubblici – facciano la loro parte, creando un ecosistema comune», sostiene Portale.
Un interessante esempio di come diverse applicazioni, sviluppate all’interno dello stesso ecosistema blockchain, potrebbero interagire per generare valore è rappresentato dal DeFi, le soluzioni nell’ambito della finanza decentralizzata che nell’ultimo anno hanno registrato una crescita vertiginosa, con un valore investito nelle applicazioni aumentato di oltre il 2.000%. Si tratta di applicazioni decentralizzate sviluppate principalmente sulla piattaforma Ethereum, focalizzate sull’offerta di servizi e prodotti finanziari al pubblico, dagli exchange decentralizzati alle stablecoin ai servizi di lending in ambito cripto fino alla tokenizzazione di asset finanziari. Applicazioni che aprono scenari nuovi anche per la finanza più tradizionale.
Pronte piattaforme aperte per aziende: in Italia c’è Ibsi, connessa alla rete europea Ebsi