Settore arredo in allarme: forti rincari per i materiali
In due mesi i costi all’import dei semi-lavorati sono saliti in media fino al 20-30% La concorrenza sui mercati causa ritardi nelle forniture da Austria e Germania
Le imprese della filiera legno-arredo sono alle prese con forti rincari delle materie prime (legname, semi-lavorati, pannelli, prodotti chimici per le lavorazioni). Rincari che iniziano a pesare sul mercato delle prime lavorazioni e che potrebbero riflettersi a breve sui prodotti finiti.
I primi movimenti anomali sono iniziati lo scorso autunno: le imprese della filiera legno-arredo sono abituate a oscillazioni di prezzi sulle materie prime (legname, semi-lavorati, pannelli e tutti i prodotti chimici necessari alle lavorazioni di base). Ma nelle ultime settimane quei movimenti sono diventati degli scossoni, con effetti che cominciano a farsi sentire sul mercato delle prime lavorazioni e presto potrebbero arrivare su quello dei prodotti finiti. Una zavorra di cui le imprese, impegnate nel difficile rilancio post-Covid, non sentono davvero il bisogno.
«I prezzi dei semi-lavorati in legno lamellare e similari hanno cominciato ad aumentare già a ottobre e oggi registriamo incrementi medi fino al 12% rispetto allo scorso settembre», spiega Angelo Marchetti, presidente di Assolegno, l’associazione che rappresenta le imprese delle prime lavorazioni e costruzioni in legno. Un’impennata che preoccupa le aziende di tutta la filiera, anche perché la percezione è che questa tensione sui prezzi proseguirà, aggravata anche da alcune difficoltà di approvvigionamento, «con ritardi sui tempi di consegna da parte dei nostri fornitori, principalmente austriaci e tedeschi», aggiunge Marchetti.
Concorrenza sulle forniture
Uno squilibrio tra domanda e offerta solo in parte dovuto alla pandemia. Le causa principale va ricercata, secondo Marchetti, nella concorrenza internazionale: gli storici fornitori dell’industria italiana della trasformazione del legno avrebbero infatti trovato nuovi mercati più profittevoli, perché molto ampi (come Cina, Stati Uniti e Giappone) e disposti a pagare a prezzi elevati la materia prima. Il rischio è che questa situazione sia destinata a consolidarsi nel futuro, per lo meno per quanto riguarda Cina e Giappone. «La soluzione sarebbe creare filiere locali che comprendano anche la gestione della materia prima, il legno – osserva Marchetti –. Cosa che in Italia cerchiamo di fare da anni, per valorizzare il patrimonio forestale del nostro Paese, che per un terzo è ricoperto da boschi, eppure importa l’80% del legno destinato alla trasformazione». Ma ci vorranno anni. Nell’immediato, queste tensioni rischiano di continuare nei prossimi mesi, anche se con incrementi meno rapidi e violenti, con l’effetto di far aumentare i prezzi anche dei prodotti finiti, ovvero mobili e materiali per l’edilizia, e di ridurre i margini per le imprese.
L’industria dei pannelli
Uno scenario analogo è quello che Paolo Fantoni, presidente di Assopannelli, descrive per il suo comparto: «I rincari si sono avuti su tutti i fronti, non solo quello del legno, ma anche dei prodotti chimici necessari alle lavorazioni, come colle, metanolo e urea, senza contare energia elettrica e gas – osserva Fantoni –. Questo ha portato nell’ultimo trimestre del 2020 a incrementi nel costo dei pannelli Osb (destinati principalmente all’edilizia, ndr) di 20 euro al metro cubo, rispetto al trimestre precedente, e del 10% per l’Abs (il materiale con cui si fanno i bordi dei mobili, ndr), con previsioni di un ulteriore +10% nei primi tre mesi di quest’anno». In parte incide anche un rimbalzo dei prezzi in autunno, spinto dalla ripresa della domanda dopo la forte depressione innescata dal Covid.
«Per il momento, almeno per quanto riguarda l’industria del pannello, la domanda è molto elevata, perciò il mercato può assorbire questi aumenti – dice Fantoni –. I problemi sorgeranno se la domanda dovesse ridursi, per effetto della crisi legata al Covid o proprio perché inibita dai rincari stessi. I rischi ci sono».
Importazioni in affanno
La situazione non è destinata a risolversi in tempi brevi secondo Alessandro Calcaterra, presidente di Fedechoc comlegno, l’associazione degli importatori: «Le impennate dei prezzi degli ultimi mesi dovrebbero essere terminate – spiega – a meno di ulteriori problemi produttivi. Penso che dovremmo essere in grado di riassorbirle, perché il mercato italiano è molto grande e l’industria del legnoarredo ha investito negli anni in produzioni a valore aggiunto che risentiranno meno, rispetto ad altri Paesi europei, di questa situazione. Tuttavia, ci aspettiamo che i rincari proseguano per tutto il 2021 e l’impatto sul prodotto finito è inevitabile».
Gli effetti sulla parte a monte della filiera iniziano a farsi sentire concretamente proprio in queste settimane. In particolare per quanto riguarda conifere e pannelli di importazione, più suscettibili alle oscillazioni di prezzo: «Da fine novembre a oggi registriamo aumenti medi intorno al 20%, che dipendono principalmente da uno squilibrio tra domanda e offerta – dice il presidente degli importatori –: veniamo da un 2020 in cui la produzione si è ridotta di molto, mentre gran parte dei consumi legati al legno è rimasta stabile o è persino cresciuta». In genere, il mercato registra incrementi medi del 5%. Ma lo da riduzione dell’offerta ha portato a rincari sulla materia prima che, nei settori in cui la ripresa della domanda è stata più forte, hanno superato il 30%. Aumenti del 20% sono attesi nei prossimi mesi anche per le latifoglie temperate (provenienti da Europa e Nord America), mentre si prevedono tensioni sui prezzi delle latifoglie tropicali, dato che la domanda di questi legni, in Europa, è in diminuzione da anni.
Il nodo trasporti
Altro tema sono le difficoltà legate a logistica e trasporti: con lo scoppio della pandemia, alcune navi container sono state tolte dalle rotte internazionali e, dal momento in cui il mercato è ripartito, i tempi necessari a riattivare le rotte sono stati più lenti rispetto alla crescita della domanda. Questo ha fatto lievitare i costi per l’affitto dei container provenienti dalla Cina: dai 1.500-2.000 dollari pre-Covid, ai 6-7mila attuali. «I costi di trasporto incidono molto sul legno – aggiunge Calcaterra –. Per ora è accaduto solo con le navi dalla Cina, ma presto potrebbe accadere lo stesso anche da altri Paesi».