ATTENZIONE ALLE SIRENE DEL DEBITO FACILE
La pandemia ha richiesto un massiccio aumento dell'indebitamento pubblico e privato, destinato ad aumentare nel 2021. Eppure, un economista prudente come Paul Krugman ha invitato Biden ad aumentare senza esitazioni la spesa federale, approfittando dei tassi di interesse ai minimi storici, con un motto da film di guerra sui mari: «al diavolo, i siluri. Avanti tutta!». Con grande scandalo dei tradizionalisti e dei “frugali” d'Europa. Il piano annunciato dal nuovo presidente da 1,9 trilioni di dollari va esattamente in questa direzione. Qualche giorno fa, il presidente della Fed ha reagito ad un (modesto) aumento dei tassi di interesse annunciando che la politica monetaria continuerà nella sua ultragenerosa immissione di liquidità.
Il problema però non sono le decisioni di oggi, ma le conseguenze che vedremo domani e qualcuno dovrebbe cominciare a pensarci. E' ovvio che se non ci fosse stata una risposta così forte della spesa pubblica, gli effetti della crisi sarebbero stati devastanti, come è accertato che il rigore repubblicano ha creato varie difficoltà all'economia americana (di qui l'incitamento di Krugman). Ma proprio perché siamo di fronte ad una manovra finanziaria d'emergenza, dobbiamo cercare fin da subito di individuare i correttivi da mettere in atto non appena l'economia tornerà a condizioni ragionevolmente normali.
I mercati finanziari si stanno infatti cullando in una nuvola di ottimismo che fa sembrare il Candido di Voltaire un vecchio brontolone, ma sono sempre più evidenti i problemi collaterali di questa eccezionale immissione di liquidità e di debito che, non dimentichiamolo, è solo l'accelerazione di quanto le banche centrali stavano facendo a partire dal 2008. E infatti a settembre 2020 il debito complessivo dei paesi avanzati, era arrivato al 423 per cento del pil (dati dell'International Institute of Finance), non solo nella componente pubblica, ma anche in quella privata. Basti ricordare che, sempre a quella data, il debito delle imprese era pari all'88 per cento del pil negli Stati Uniti e al 114 nell'area dell'euro. Il che significa che il problema (purtroppo) non è solo quello del debito pubblico.
Le stesse banche centrali nei loro rapporti sulla stabilità finanziaria e da ultimo l'autorevole Systemic Risk Council, non si stancano di mandare segnali di allarme sulla sostenibilità della situazione. In particolare, l'istituto presieduto da Paul Tucker, già vice-governatore della Bank of England sottolinea che molte delle cause fondamentali che hanno portato alla crisi del 2007-2008 non sono state rimosse. Sui mercati si stanno accumulando, sostiene l'autorevole ente, posizioni sempre più aggressive, in gran parte a debito. Una parte rilevante dei derivati, come prima della Grande crisi finanziaria, è priva di una controparte centrale e quindi comporta rischi diretti per i partecipanti. La fragilità del cosiddetto sistema bancario ombra (che altro non è che quella tipica delle banche che è stata semplicemente trasferita all'esterno) rimane elevata nel grande settore dei fondi di investimento.
Come se non bastasse, vasti settori del mondo delle imprese sono a rischio: è un quadro a macchia di leopardo, come è naturale per un settore che ovunque ha visto aumentare i profitti negli ultimi decenni. Ma è sotto gli occhi di tutti che i bassi tassi di interesse hanno favorito operazioni che hanno indebolito patrimonialmente le molte aziende che si sono indebitate per ricomprare azioni; hanno indotto interi settori ad accettare leve finanziarie estreme (quello dello shale gas americano ad esempio) o tengono in piedi artificialmente imprese con margini lordi così risicati, che in uno scenario normale di tassi di interesse sarebbero condannate. Insomma, il debito “cattivo”, come lo ha definito Mario Draghi, è diffuso anche nel settore privato. In Italia il problema è forse meno acuto che in altri paesi: il settore delle imprese complessivamente è meno indebitato di quello francese, ad esempio. Ma è anche vero che la sottocapitalizzazione è un male cronico, anche in comparti dinamici del nostro mondo industriale. Il che, fra l'altro, abbassa i rating per l'ottenimento del credito, quindi aumenta i requisiti di capitale per le banche e alla fine peggiora le condizioni dei prestiti.
Ce n’è abbastanza per mettere nell'agenda di oggi dei governi misure atte a contrastare gli effetti collaterali delle manovre finanziarie di emergenza. Il problema è che fra governi deboli e governi che sembrano ascoltare solo le sirene del debito facile, chi solleva oggi obiezioni fa la figura di una noiosa Cassandra. Che, non si dimentichi, aveva tre caratteristiche: faceva previsioni corrette; non pretendeva di sapere quando queste si sarebbero verificate; i suoi ammonimenti erano invariabilmente ignorati.