Salvini, Meloni, Tajani chiedono a Mattarella elezioni anticipate
No dei leader a governi tecnici o istituzionali Per il Colle stabilità a rischio
Come nell’incontro con il premier, anche ieri dopo il colloquio con i leader del centro-destra dal Quirinale scelgono di non commentare. Una due giorni di silenzio che è piuttosto inusuale ma che rappresenta l’estrema delicatezza di questo momento. E il fatto che dal Colle non filtri nulla una cosa vuol dire: che Mattarella, in questa fase, vuole solo ascoltare e tenersi a distanza per trarre le sue conclusioni al più presto. Dunque, si è limitato a raccogliere le valutazioni e gli sbocchi suggeriti dalle forze di opposizione che però hanno messo sul tavolo una sola opzione: quella delle elezioni anticipate. Una posizione netta, che esclude tutte le varie ipotesi che potrebbero entrare in gioco se l’operazione di allargamento della maggioranza dovesse fallire. E cioè, hanno chiuso a governi istituzionali, tecnici o di unità nazionale.
In sintesi, per Lega e Fratelli d’Italia non ci sono soluzioni dentro questo Parlamento o come dice Salvini «nessuna maggioranza con le Camere attuali», quindi, nemmeno un Esecutivo di centro-destra. Gli hanno poi ricordato scene che Mattarella ha visto bene, come quei voti in extremis nell’Aula del Senato. L’impressione finale che ne hanno ricavato - sia pure detta sottovoce è che da parte del capo dello Stato ci sia stato un piccolo spiraglio verso il voto. Forse una sensazione che coincide con le aspettative visto che se c’è uno sforzo che sta facendo
Mattarella è quello di trasformarsi in una sfinge. La posizione più scomoda è quella di Tajani, in rappresentanza di Forza Italia, il partito che più teme la possibilità delle urne, insieme a Italia Viva e ai 5 Stelle. E dunque trovarsi tra Salvini e la Meloni che dichiarano ufficialmente dalle stanze del Quirinale che si deve andare a votare, lo ha messo nella condizione di tenere l’unità dei leader ma non quella del gruppo di parlamentari, i più corteggiati dall’offensiva di Conte.
La situazione parlamentare, insomma, resta incerta anche nell’opposizione e al Colle ribadiscono che non si potrà navigare nella nebbia confermando che ci si è dati un tempo per valutare la stabilità dell’Esecutivo. Innanzitutto ci sono le prossime prove che potrebbero dare segnali di tenuta o fragilità. Non tanto il voto sullo scostamento di bilancio – su cui ci sarà una risposta corale delle forze politiche – quanto il passaggio sulla relazione di Bonafede sulla giustizia o il Dl Milleproroghe. Si tratta di aspettare e vedere. Perché se da un lato c’è una maggioranza che ha retto la prova dell’Aula del Senato e dunque Mattarella non può interferire nel rapporto fiduciario tra Governo e Camere, dall’altro la consistenza dei numeri espone a forti rischi di instabilità. Infine, nell’incontro di ieri al Colle non sono entrate le contestazioni che pure erano arrivate da destra all’indirizzo di Mattarella sia sul passaggio del 2018 che sul piano formale della legittimità del Conte II. Il tono è rimasto istituzionale e cordiale. Non sono state consultazioni ma l’effetto che volevano produrre Salvini e Meloni è stato quello. Con un solo slogan: urne.