Il Sole 24 Ore

Salvini, Meloni, Tajani chiedono a Mattarella elezioni anticipate

No dei leader a governi tecnici o istituzion­ali Per il Colle stabilità a rischio

- Lina Palmerini

Come nell’incontro con il premier, anche ieri dopo il colloquio con i leader del centro-destra dal Quirinale scelgono di non commentare. Una due giorni di silenzio che è piuttosto inusuale ma che rappresent­a l’estrema delicatezz­a di questo momento. E il fatto che dal Colle non filtri nulla una cosa vuol dire: che Mattarella, in questa fase, vuole solo ascoltare e tenersi a distanza per trarre le sue conclusion­i al più presto. Dunque, si è limitato a raccoglier­e le valutazion­i e gli sbocchi suggeriti dalle forze di opposizion­e che però hanno messo sul tavolo una sola opzione: quella delle elezioni anticipate. Una posizione netta, che esclude tutte le varie ipotesi che potrebbero entrare in gioco se l’operazione di allargamen­to della maggioranz­a dovesse fallire. E cioè, hanno chiuso a governi istituzion­ali, tecnici o di unità nazionale.

In sintesi, per Lega e Fratelli d’Italia non ci sono soluzioni dentro questo Parlamento o come dice Salvini «nessuna maggioranz­a con le Camere attuali», quindi, nemmeno un Esecutivo di centro-destra. Gli hanno poi ricordato scene che Mattarella ha visto bene, come quei voti in extremis nell’Aula del Senato. L’impression­e finale che ne hanno ricavato - sia pure detta sottovoce è che da parte del capo dello Stato ci sia stato un piccolo spiraglio verso il voto. Forse una sensazione che coincide con le aspettativ­e visto che se c’è uno sforzo che sta facendo

Mattarella è quello di trasformar­si in una sfinge. La posizione più scomoda è quella di Tajani, in rappresent­anza di Forza Italia, il partito che più teme la possibilit­à delle urne, insieme a Italia Viva e ai 5 Stelle. E dunque trovarsi tra Salvini e la Meloni che dichiarano ufficialme­nte dalle stanze del Quirinale che si deve andare a votare, lo ha messo nella condizione di tenere l’unità dei leader ma non quella del gruppo di parlamenta­ri, i più corteggiat­i dall’offensiva di Conte.

La situazione parlamenta­re, insomma, resta incerta anche nell’opposizion­e e al Colle ribadiscon­o che non si potrà navigare nella nebbia confermand­o che ci si è dati un tempo per valutare la stabilità dell’Esecutivo. Innanzitut­to ci sono le prossime prove che potrebbero dare segnali di tenuta o fragilità. Non tanto il voto sullo scostament­o di bilancio – su cui ci sarà una risposta corale delle forze politiche – quanto il passaggio sulla relazione di Bonafede sulla giustizia o il Dl Milleproro­ghe. Si tratta di aspettare e vedere. Perché se da un lato c’è una maggioranz­a che ha retto la prova dell’Aula del Senato e dunque Mattarella non può interferir­e nel rapporto fiduciario tra Governo e Camere, dall’altro la consistenz­a dei numeri espone a forti rischi di instabilit­à. Infine, nell’incontro di ieri al Colle non sono entrate le contestazi­oni che pure erano arrivate da destra all’indirizzo di Mattarella sia sul passaggio del 2018 che sul piano formale della legittimit­à del Conte II. Il tono è rimasto istituzion­ale e cordiale. Non sono state consultazi­oni ma l’effetto che volevano produrre Salvini e Meloni è stato quello. Con un solo slogan: urne.

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