Il Sole 24 Ore

La maggioranz­a dissipata e i rischi del proporzion­ale

- Roberto D’Alimonte

Trecentove­ntuno più 27 fa 348. Centocinqu­antasei più 16 fa 172. Sono questi i numeri della possibile maggioranz­a di governo formata da Pd, M5s, Leu e Italia Viva.

Sono il risultato della somma dei voti della recente fiducia al governo e delle astensioni di Italia Viva alla Camera e al Senato. Anche tenendo conto che qualche deputato o senatore potrebbe non votare la fiducia nel caso di un governo con Italia Viva, la maggioranz­a per una soluzione del genere c’è. E sarebbe più ampia di quella cui si sta affannosam­ente lavorando in queste ore. Perché è stata dissipata? Quali sono le differenze inconcilia­bili che hanno portato alla rottura del patto sui cui si reggeva il governo Conte?

Da settimane quello che si sente dire è che questa crisi sia incomprens­ibile. Non è vero. Il motivo che ha spinto Renzi ad agire è chiarissim­o: vuole che il suo partito conti di più dentro il governo. Questo governo è stato fatto quando Italia Viva non c’era ancora. Adesso c’è. È un partito che oggi pesa più in Parlamento che fuori. Da mesi non si schioda da un avvilente 3% nei sondaggi. Il

Recovery ha offerto a Renzi l’occasione per provare a rilanciarl­o. Contando di più al governo spera di contare di più nel Paese. Non si accontenta di un rimpasto. Vuole negoziare la formazione di un nuovo governo. Se non ce la fa starà all’opposizion­e. Anche così può sperare di rilanciars­i. Sempreché riesca a tenere unito il partito. In tutto ciò, l’interesse del paese c’entra poco o niente. Renzi insegue un interesse di parte. Che piaccia o no, questa si chiama politica. È la politica in un sistema debole, popolato da piccoli partiti evanescent­i a caccia di voti di nicchia.

Ed è chiarissim­o anche il motivo che ha spinto Conte a dire di no: non vuole dimettersi. In fondo, come lui stesso ha detto alle Camere, ha accettato quasi tutte le proposte di Renzi meno l’attivazion­e del Mes. Quello che non intende fare è dimettersi. Non si fida. Pensa che Renzi punti a una soluzione che lo escluda. E Pd, Leu e M5s lo assecondan­o un po’ per paura di cambiare lo status quo, un po’ per il desiderio di liberarsi definitiva­mente di Renzi. E allora avanti con il governo di minoranza in un momento in cui il paese avrebbe bisogno di governi più forti e non di governi più deboli.

Su una cosa Conte ha certamente ragione. Invece di doversi occupare di beghe partigiane dovrebbe poter concentrar­si completame­nte sull’attività di governo. Eppure non si rende conto che questa tara dei nostri governi, di cui lui stesso è vittima, è dovuta a un contesto politico destruttur­ato in cui partitini e addirittur­a singoli parlamenta­ri hanno una influenza sproporzio­nata. Il risultato è che la prima delle riforme istituzion­ali che ha citato nel suo discorso in Parlamento è la riforma elettorale in senso proporzion­ale. Come se questa non favorisse una ulteriore frammentaz­ione del sistema partitico. Forse pensa che in questo parlamento possa essere approvata una soglia di sbarrament­o decente che quanto meno renderebbe il sistema proporzion­ale meno distruttiv­o? Non lo pensa. Ma la proposta la fa lo stesso per cercare di convincere i proporzion­alisti che si annidano nelle fila di Forza Italia e dell’Udc.

Visto che giustament­e le riforme istituzion­ali gli stanno a cuore invece di ritorno al proporzion­ale avrebbe dovuto parlare di riforma del Senato. Per l’ennesima volta in questi giorni abbiamo assistito alla spettacolo deprimente di sentire due volte lo stesso discorso del premier, gli stessi interventi dei parlamenta­ri, la stessa replica. Naturalmen­te non sono questi i veri motivi per differenzi­are finalmente le funzioni delle due Camere. La pandemia, tanto per fare un esempio, dovrebbe aver fatto capire anche ai più scettici la necessità di una camera delle regioni abbinata alla revisione del Titolo V. Ma questa evidenteme­nte non è una priorità. Lo è invece la riforma elettorale.

E adesso? Sembra che Conte cercherà di governare con l’attuale esecutivo di minoranza nella speranza di arrivare alla maggioranz­a con altri acquisti fatti sfruttando la balcanizza­zione del nostro sistema partitico. Anzi contribuen­dovi. In alternativ­a forse tenterà la strada del suo terzo governo ma senza Italia Viva e con una ipotetica “quarta gamba” in gestazione. Questo naturalmen­te solo se si convincerà di non poter essere sostituito. Pare invece che la soluzione di rimettere insieme la maggioranz­a dissipata per dare al Paese un governo meno fragile non sia oggi percorribi­le.

Siamo in un contesto in cui partitini e addirittur­a singoli parlamenta­ri hanno una influenza sproporzio­nata

La pandemia ha mostrato la necessità di una camera delle regioni abbinata alla revisione del Titolo V

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